COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
1 – MILANO PERDE 100 MILIARDI. FRANCOFORTE FA PEGGIO
Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”
Negli ultimi dodici mesi in Piazza Affari sono evaporati 100 miliardi. A tanto equivale la perdita di valore delle società quotate sul listino italiano sceso a 543 miliardi (al 21 dicembre). Un bel salasso, pari al 16,5%, che contribuisce a ridimensionare ulteriormente il peso del mercato finanziario del Bel Paese: tutta la Borsa italiana vale largamente meno di uno dei Big della Silicon Valley: Microsoft, ad esempio, ha chiuso ieri ad un valore di 774 miliardi di dollari.
Conta di più però prender atto che l' intera Piazza Affari vale solo il 33,5% del pil italiano, contribuendo così a perpetuare uno dei vizi atavici della nostra economia: la scarsa presenza del capitale di rischio nelle imprese (in media solo il 15%), per il resto dipendenti da mezzi di terzi (vedi banche, soprattutto). Basti dire che il dato è largamente inferiore a quello della Germania, il 45% circa del pil così come della Spagna (attorno al 50%), della Francia (oltre il 70%). Un' ipoteca pesante sullo sviluppo che non è stata per rimossa dagli sforzi per attrarre nuovi titoli sui listini azionari.
DUE USCITE
Anzi, l' anno si chiude con l' annuncio di due uscite dal mercato, quella di Nice e di Damiani, piccole imprese che hanno deciso che i costi del listino sono superiori ai vantaggi della quotazione.
A parziale consolazione va detto che il 2018 si è rivelato un anno no per tutti i principali mercati mondiali. In Europa, peggio di Piazza Affari ha fatto la Borsa tedesca (-18,3%), azzoppata dalle difficoltà dell' auto, alle prese con le nuove regole sulle emissioni e i dazi di Trump, ma anche dal tracollo di ThyssenKrupp (-38%), Bayer (-40%) ma soprattutto di Deutsche Bank (-56%).
La Borsa peggiore è Atene -25%, ma anche la migliore, cioè Lisbona chiude in rosso dell' 8%. Fuori d' Europa fa scalpore il calo di Shanghai che, a conferma dei problemi finanziari delle società cinesi, perde un quarto del valore rispetto a fine 2017.
Anche Wall Street, in forte rialzo nella prima parte dell' anno sotto la spinta dei benefici fiscali delle riforme di Donald Trump, ha battuto in ritirata: -9% a dicembre, nonostante i recuperi nel finale. Occorre risalire al 2008, l' anno nero di Lehman Brothers quando le borse mondiali lasciarono sul terreno il 43%, per ritrovare un bilancio così negativo a cui hanno contribuito vari fattori, dallo scontro sui dazi tra Cina e Stati Uniti alle incertezze che hanno segnato il cammino dell' Eurozona. Più di tutto, probabilmente, ha pesato l' atteggiamento meno morbido della Federal Reserve nei confronti del Toro, che tanto ha fatto imbestialire Donald Trump.
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE
A Piazza Affari pochi titoli sono scampati al ribasso: sono sette le azioni che, almeno al 21 dicembre potevano vantare una quotazione migliore di gennaio. La classifica è capitanata da Campari seguita da Poste Italiane, ovvero i due soli titoli che hanno messo a segno un rialzo superiore al 10%. La terza posizione è appannaggio di Moncler, seguono Terna, A2A ed Enel, a conferma delle qualità difensive nel settore utility nei momenti più deboli della congiuntura. Completa la classifica FinecoBank, unico titolo del comparto finanziario.
INTESA LA PIÙ SCAMBIATA
Ma l' azione più scambiata tra i recinti virtuali della Borsa italiana è stata Intesa Sanpaolo sia per il controvalore (71 miliardi) che per i volumi (4 milioni di contratti). Gli scambi complessivi, sostanzialmente stabili, hanno raggiunto una media giornaliera di 2,5 miliardi di euro con 282.761 contratti (+2,3% rispetto al 2017). Complessivamente, sono stati scambiati oltre 70 milioni di contratti per un controvalore di oltre 622 miliardi di euro (624,6 nel 2017).
Tra tante note negative merita sottolineare due risvolti positivi. Dopo un anno di ribassi, i multipli delle blue chip quotate a Piazza Affari hanno raggiunto valutazioni fondamentali molto attraenti in termini relativi: il FtseMib registra un rapporto prezzo/utili medio pari a 10,4 volte, contro 11,8 del Dax, 14,5 di Parigi e 17,7x dell' S&P500.nAnche il ritorno atteso in termini di dividendo risulta tra i più attraenti: FtseMib 4,35% lordo, contro il 3,4% del Dax, 3,7% del Cac40, 2% dell' S&P1500.
2– IL GOVERNO È COSTATO ALLA BORSA 100 MILIARDI DI EURO IN 6 MESI
Rodolfo Parietti per “il Giornale”
A ciascuno il suo. Per piegare la Borsa di Francoforte nel 2018 (-18,3%) ci sono voluti gli scandali che hanno colpito Bayer e Volkswagen, la guerra a colpi di dazi tra Usa e Cina nefasta per le major dell' auto e lo stato comatoso di Deutsche Bank. Per mettere in ginocchio Piazza Affari, scesa del 15,8%, è stato sufficiente il governo targato Lega-M5s. Ovvero, quello del cambiamento.
Di sicuro, un cambiamento c' è stato, netto e radicale: l' umore della Borsa, essendo prevalente il peso specifico delle scelte dell' esecutivo (soprattutto in materia di legge di bilancio) sulle varie criticità sparse per il mondo (duello Trump-Fed sui tassi, Brexit, il tirare i remi in barca della Bce, la trade war e le difficoltà dei Paesi emergenti) e perfino sugli eventi negativi che hanno colpito la galassia Agnelli (morte di Sergio Marchionne) e il gruppo Atlantia (crollo del ponte di Genova).
Soffiare sul fuoco dell' incertezza, come magistralmente fatto dalla compagine giallo-verde nell' infinito braccio di ferro con Bruxelles sulla manovra, non giova mai alla salute dei mercati. Anzi, c' è sempre un conto da pagare. In genere salato. Perdere oltre 100 miliardi di capitalizzazione, inchiodata ora a 543 miliardi (-15,7% la perdita sul 2017) suona infatti già male. Fa tanto Piazzetta Affari. Ma il punto è un altro, e sta nel valore complessivo della Borsa tricolore sceso al 33,5% del Pil (dal 37,8%). Il che si traduce in un impoverimento non solo degli azionisti (perdita di ricchezza indotta dal calo dei titoli e dai minori - o nulli - dividendi), ma dell' intero Paese.
Ma nel consueto tirare le somme, a fine anno, di Borsa Italiana ciò che colpisce è la netta bipolarità del nostro mercato azionario: spumeggiante fino al 7 maggio, quando l' indice Ftse Mib tocca i massimi e riacciuffa i 24.500 punti dopo quasi 10 anni di faticosa risalita a causa della crisi, e da lì in poi in inarrestabile discesa. Il tesoretto accumulato in appena quattro mesi viene dilapidato dalle vendite innescate subito dalla laboriosa gestazione dell' esecutivo con il pasticcio sulla nomina di Paolo Savona all' Economia, poi dalla prima bozza del contratto di governo, mentre lo spread comincia a surriscaldarsi e le quotazioni delle banche vacillano.
luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria
È un effetto domino che si estende all' intero listino e che ne accentua le debolezze. Su tutte, una: la crescente tendenza al nanismo. Sempre meno i grandi gruppi quotati (un fenomeno legato al passaggio in mani straniere di buona parte della nostra industria manifatturiera), sempre di più le new entry di realtà minori. Qualcuna addirittura lillipuziana, tipo Circle (portuale e logistica), approdata alle quotazioni con un capitale sociale di 7,68 milioni.
Ma, al di là delle dimensioni, il problema è anche che i debutti restano pochi: appena 38, di cui appena quattro sul mercato principale. Non solo. Se lo scorso anno le matricole avevano raccolto quattro miliardi, quest' anno l' incasso non ha superato i due miliardi. Un dimezzamento causato proprio dalle incerte condizioni del mercato che hanno costretto le imprese a quotarsi a condizioni meno favorevoli. Oppure, come ha fatto Manifatture Sigaro Toscano, a rinunciare alla quotazione.
Così, a fine dicembre Piazza Affari può contare su 357 società quotate contro le 339 di un anno fa, di cui 242 sull' Mta, il mercato principale.
Di queste, ben poche possono sorridere. Per buona parte del listino è stato un annus horribilis, con perdite per il settore bancario del 31,34%. Il 2019 si apre sotto il segno delle incognite legate ai primi spifferi di recessione che soffiano a livello globale.
Non sarà la manovra giallo-verde a preservare l' Italia da una possibile contrazione del Pil. Che a Piazza Affari risulterebbe ancora più indigesta di questo già pesante 2018.
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