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PIÙ CHE UN’ACQUISIZIONE, UN MATRIMONIO TRA AMICI – DONATELLA VERSACE ESULTA SUI SOCIAL E POSTA UNA FOTO CON MIUCCIA DOPO CHE PRADA HA COMPRATO PER 1,25 MILIARDI IL “BRAND DELLA MEDUSA” CHE TORNA ITALIANO: “SONO ONORATA DI CONSEGNARE IL MARCHIO NELLE MANI DI UN’AZIENDA FAMILIARE ITALIANA COSÌ AFFIDABILE”. MA LA DOMANDA È: CHE C’AZZECCANO LE GONNE AL GINOCCHIO DI PRADA CON IL BAROCCO ESAGERATO DI VERSACE? UNA MAZZA. EPPURE QUESTA DIVERSITÀ POTREBBE RAPPRESENTARE LA CHIAVE DEL SUCCESSO E IL PRIMO PASSO PER LA COSTRUZIONE DI UN POLO DEL LUSSO ITALIANO (SAREBBE ORA)

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1. DA GIANNI AI FRATELLI , UNA STORIA ITALIANA

Estratto dell’articolo di Paola Pollo per il "Corriere della Sera"

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È Donatella Versace, ancora una volta, che racconta a suo modo, postando una foto di lei e Miuccia Prada sul profilo Instagram da 12,4 milioni di follower, una verità che è molto più semplice di tante dietrologie e numeri e strategie.

«Sono assolutamente felice che Versace entri a far parte della famiglia Prada — scrive la stilista —. Gianni e io abbiamo sempre avuto grande ammirazione per Miuccia, Patrizio e la loro famiglia». Eccolo un punto fondamentale, forse persino chiave in questa trattativa: l’unione di due brand «amici».

 

Donatella Versace aggiunge. «Sono onorata di consegnare il marchio nelle mani di un’azienda familiare italiana così affidabile e sono pronta a sostenere questa nuova era per il marchio in ogni modo possibile».

E sono già in tanti a scommettere che l’amicizia fra le due donne, più volte sorprese a chiacchierare in un angolo durante gli eventi ufficiali, porterà a qualcosa di unico: le sfide piacciono a entrambe. Stili diversi, è vero, ma molte cose in comune su tanti temi: creatività, certo, ma anche cambiamenti sociali e politici.

versace style

 

Il 13 marzo scorso quando è stato nominato come nuovo stilista di Versace Dario Vitale il «progetto» era quasi chiaro: non un perfetto sconosciuto, ma il braccio destro di Miuccia Prada in Miu Miu. Non poteva essere un caso, tanto è vero che le parole di Donatella Versace sono state subito di eccitazione: «Sostenere la prossima generazione di designer è sempre stato importante per me. Sono entusiasta che Dario Vitale si unisca a noi e non vedo l’ora di guardare Versace attraverso nuovi occhi». Sono già in molti a giurare, oggi, che «Blondie» non si limiterà solo ad essere «brand ambassador», ma sarà qualcosa di più.

prada style

 

Su quale sarà lo stile futuro del brand della Medusa è impossibile fare previsioni. La certezza è che il rispetto del Dna non sarà messo in discussione: «Versace è una forza per il nostro gruppo perché non c’è sovrapposizione in creatività e clientela. Non ci prenderemo clienti l’uno con l’altro. Ha un’estetica iconica diversa», sono state le parole di Lorenzo Bertelli, Head of Corporate Social Responsibility del Gruppo Prada, nella call con gli analisti.

 

miuccia prada

È vero però: chi avrebbe mai detto che a un gruppo come Prada potesse interessare un marchio come Versace? Il giorno e la notte. E invece, in mezzo, c’è, per entrambi, una storia di famiglia, appunto.

Quella di Prada, che parte da più lontano, nel 1913 quando i fratelli Mario e Martino aprirono il primo negozio di valigie a Milano e poi, saltando i decenni, l’intuizione nel 1977, della nipote dei fondatori, una giovane Miuccia, fresca di laurea (e manifestazioni) in scienze politiche che con il marito Patrizio Bertelli decisero di trasformare il marchio in un brand di moda […]

 

Dall’altra la narrazione di Gianni Versace che con il fratello Santo fondarono il marchio della Medusa esattamente l’anno dopo rispetto ai Prada-Bertelli, nel 1978. Uno stile audace, provocatorio, quello del designer venuto dalla Calabria con negli occhi la magnificenza di una terra che era stata Magna Grecia. Non a caso scelse una delle tre Gorgone come simbolo. Donatella, la più piccola dei tre fratelli, arrivò dopo qualche anno, dopo la laurea in lingue. Gianni le diede subito quel ruolo che è sempre stato suo, di ambasciatrice e musa e poi designer di Versus.

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Insieme i Versace scrissero un capitolo incredibile: con loro si cominciò a parlare di «glamour» e di «top model». La morte dello stilista, la mattina del 15 luglio 1997, ucciso da uno squilibrato a Miami, lasciò il mondo della moda orfano di un genio creativo, certo, ma anche di un uomo molto amato. Non è stato facile per Donatella Versace raccogliere quella eredità, per il dolore immenso e per la responsabilità. Ma lo ha fatto con grande dignità e capacità, rispettando lo stile […]

 

2. LE VITE PARALLELE DELLE SIGNORE DELLA MODA

Estratto del’articolo di Brunella Giovara per "la Repubblica"

La signora Prada non era ancora nata, professionalmente parlando, che già l’altro lanciava sul mondo uno dei suoi simboli più potenti, e così parlava: “Quando le persone guarderanno a Versace, dovranno sentirsi atterrite, pietrificate, proprio come quando si guarda negli occhi la Medusa”. Poi, la Medusa l’ha vista davvero in faccia lui, la mattina del 15 luglio 1997, morendo sulla scalinata della villa di Miami, e lì è finita la prima parte della maison fondata da Gianni Versace.

 

donatella versace

Si può ben dire che era al top, e nel frattempo Miuccia avanzava serenamente sulle passerelle, proponendo cose che nessuna delle dame vestite Versace si sarebbe mai messa (Madonna, con il golfino e la gonna a piegoni, difficile da immaginare). E sarà certo un ragionamento grossiero, ma era ed è tuttora così, il confronto tra due stili di donne incompatibili e non intercambiabili, chi comprava Prada non comprava Versace e viceversa, si può vivere felici lo stesso.

[…] in tutto questo sovrastati dalla grandezza di Giorgio Armani, che ha sempre viaggiato per conto suo, sidereo. E in quel 1997 è arrivata Donatella, e siamo quindi al Versace atto secondo, e lei ha raccolto sì  […]

 

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Intanto. Miuccia aveva preso in mano l’azienda di famiglia con sede in Galleria, le austere vetrine (ancora oggi), di nero e oro (opaco, però), la Fratelli Prada fondata nel 1913 a Milano, fornitrice di borse da viaggio, bauli e guanti di ottimi cuoi, pelli e fattura, per l’aristocrazia industriale lombarda e anche per la Casa Savoia. Che farsene, però, se non trasformarla, e mettersi in gioco inventando un lusso mai visto, e però quasi invisibile, tanto che all’epoca si diceva che le ragazze che vestivano Prada erano troppo “monache, castigate e con quelle gonne al ginocchio, poi”. E così milanesi, tra l’altro. Le ragazze Versace erano invece sempre troppo aggressive, scollate, audaci (e Donatella, con quel biondo platino, l’abbronzatura, il trucco, lo spacco).

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[…] Pallida, e con il cerchietto a trattenere i capelli, lei incarnazione di un quieto stile borghese, e così tranquillizzante, che quando ci siamo accorti che in realtà era rivoluzionario, era già troppo tardi, e già sfoggiava lei stessa i calzini a metà polpaccio, pellicce fluo, a esaltare il contrasto […] Il bon ton, lo chic, la giacca che cade giusta, la gonna a pieghe, i colori scuri, il blu che va sempre bene, e anche la calza coprente. Tutte cose che abbiamo rivisto passare, ma così ultramoderne, adesso.

 

L’altra, era lo shock voluto, realizzando l’effetto Medusa teorizzato dal fratello. Il bondage, il fetish, cinghie e forse c’erano anche le manette, ma chi le aveva mai viste allora su una passerella? E i motivi barocchi esasperati, le greche, era certamente una donna eccessiva, sfrontata, impavida, quella delle collezioni Versace, forse è nata lì la leggenda del tacco 12, di sicuro la principessa del Galles — nata e cresciuta in uno stile inglese formale, non Westwood — quando cambiò vita, cominciò a indossare certi abiti dell’amico Gianni, disegnati apposta per lei, come quello viola del ‘96, forse più sexy del mitico Revenge dress.

 

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[…] Il minimalismo versus il barocco, e comunque sempre il modello unico di una donna assertiva. Entrambe lo sono state e lo sono, Miuccia e Donatella, egualmente silenziose, poche interviste, molto lavoro, inquadrate nelle loro vite parallele, e così le donne (e gli uomini) che hanno vestito negli anni, con i sandaletti da zia o le scollature impossibili (e quasi mai, il reggiseno), perché gli estremi talvolta si toccano.

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