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Fabio Martini per la Stampa
L' uomo è fatto così. Ogni volta che Matteo Renzi vede consolidarsi su una qualsiasi questione un nucleo consistente di dissenso nell' opinione pubblica, a quel punto scarta. E cerca a tutti costi una soluzione che unisca, per quel che è possibile, consenso e fattibilità, quantomeno a breve termine. Anche con il dossier Alitalia Renzi sta seguendo questa pista. Istintivamente - e in parte anche empiricamente - l' ex presidente del Consiglio sta mettendo a punto una proposta che non è ancora "il" piano Renzi, ma è una ipotesi di lavoro, che si intreccia con quelle in atto nel governo.
Una proposta che parte da tre presupposti, considerati irrinunciabili e che lui stesso scandisce chiaramente: «La centralità delle famiglie e dei posti di lavoro; non sprecare altri soldi pubblici; non dar per morte e decrepite aziende che potenzialmente possono rimettersi in piedi». Tre presupposti che preludono ad un' idea: riconvertire il piano bocciato dai lavoratori e sottoporlo ad un nuovo referendum, con l' idea di ribaltare il risultato. E far vincere il sì.
Il tutto è accompagnato da giudizi, espressi in privato, poco lusinghieri su come il governo sta gestendo la vicenda e in particolare sui due ministri-chiave: Carlo Calenda e Pier Carlo Padoan: «Mi sembra che questa vicenda in generale sia stata gestita con i nervi a fior di pelle. Serve sangue freddo e un po' di tempo per trovare la soluzione giusta. Ma si può trovare, attingendo a risorse italiane. Evitando lo spezzatino. Lufthansa? Ma siamo sicuri che questa ipotesi esista veramente?».
E proprio nei confronti di Padoan, Renzi ha usato parole abrasive durante "Porta a Porta": «Ho sempre nutrito una stima profonda per lui. Ma i manuali di economia ignorano quello che è l' Italia di oggi. L' Iva se si aumenta la pagano tutti, dal disoccupato al manager, poi non ce lo possiamo permettere». Un ritratto più che irriverente per il ministro dell' Economia, dipinto come un accademico privo di senso pratico.
E d' altra parte nel "piano" per Alitalia, c' è tutto Renzi, tutto il suo volontarismo, tutto il suo "ardore" a non lasciare nulla di intentato. Ma forse anche la sua vocazione ad architettare progetti "spendibili" sul breve periodo, ma imponderabili e insidiosi a lungo termine? Presto per dirlo, perchè l' ex presidente del Consiglio ha promesso che, se sarà eletto segretario, presenterà il suo progetto entro il 15 maggio, dunque nel giro di una ventina di giorni.
E d' altra parte Alitalia è un' azienda che, attingendo all' immaginario collettivo degli italiani, ha sempre indotto al cimento presidenti del Consiglio di tutte le fedi politiche. Nel 2008 Romano Prodi arrivò ad un passo dalla dismissione di Alitalia ad Air-France ma, essendo dimissionario, lasciò il passo a Silvio Berlusconi che, in nome dell' italianità, escogitò la soluzione dei "capitani coraggiosi". Ora tocca a Renzi cimentarsi con la "patata bollente".
L' ex premier immagina di arrivare ad un piano che preveda una quota di esuberi più bassa del piano bocciato dai lavoratori, uno o più azionisti tra le banche (Intesa sembra interessata) e a quel punto sottoporre il tutto al giudizio dei lavoratori. Un modello Renzi lo ha indicato ieri sera a Porta a Porta: «Non bisogna buttare via soldi pubblici, ma c' è la possibilità di chiudere un accordo in modo differente, ne sono convinto: l' operazione Meridiana, che abbiamo seguito noi, sembrava impossibile, non è stato facile, ma ora Qatar ha risolto la questione e la compagnia ha una prospettiva». Un' allusione, forse, a un possibile intervento dei qatarini anche in Alitalia?
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