DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
1 - LA DETERMINAZIONE DI UNICREDIT «PER NOI NON CAMBIA NULLA SU BANCO BPM SI VA AVANTI»
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini
Con una mossa preventiva, Crédit Agricole ha comunicato al governo in anticipo le proprie intenzioni di salire nel capitale di Banco Bpm. […] Il governo avrebbe segnalato alla Banque Verte il proprio assenso all’operazione. Visto da Roma, questo «via libera» però non equivale al permesso ai manager francesi di lanciare una controfferta per il controllo dell’istituto italiano oggi soggetto a un’offerta pubblica di scambio, azioni contro azioni, da parte di Unicredit.
Non è neppure escluso che nel governo si torni a parlare di golden power […] qualora la banca francese dovesse realmente ambire a scalare il Banco Bpm fino a prenderne il controllo di diritto o di fatto. Certo nei palazzi del potere politico l’iniziativa del Crédit Agricole probabilmente non dispiace: non nella misura in cui potrebbe complicare i piani di acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit.
Giuseppe Castagna - PRIMA DELLA SCALA 2024
Nel governo si spiega che a creare irritazione nei palazzi della politica sarebbe stata la riluttanza di Andrea Orcel, amministratore delegato della stessa Unicredit, a informare i ministri prima di annunciare l’offerta su Banco Bpm. Naturalmente è possibile che anche la sostanza non piaccia all’esecutivo, il quale lavorava a un terzo polo bancario imperniato sull’aggregazione di Banco Bpm con Monte dei Paschi.
Le percezioni nelle torri di Unicredit a Milano sono diverse. In primo luogo, si ritiene che l’operazione dell’Agricole su Banco Bpm sia partita ben prima di lunedì scorso. Sarebbe nata come reazione di disappunto per l’attivismo del Banco stesso, che aveva lanciato una scalata sul gestore di risparmio Anima ed era entrato in Monte dei Paschi a un iniziale 5%, d’intesa con il governo.
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Proprio quell’intesa fra il Banco e l’esecutivo su Mps avrebbe generato contendibilità e instabilità negli assetti in Italia, invece del contrario. Visto da Unicredit, non sembra credibile che la Banque Verte abbia costruito una nuova posizione da 600 milioni di euro in Banco Bpm solo da lunedì scorso, vista l’esiguità delle azioni disponibili sul mercato. Questa circostanza confermerebbe dunque che Orcel avrebbe avuto ragione di muoversi rapidamente con la sua offerta, per anticipare i francesi. In ogni caso il top manager di Unicredit ritiene che la mossa di venerdì sera dell’Agricole non cambi niente. […]
2 - VIA LIBERA DI GOVERNO E BANCO BPM ALLA SCALATA DI CRÉDIT AGRICOLE
Estratto dell’articolo di Giovanni Pons per “la Repubblica”
La mossa del Crédit Agricole di salire al 15,1% di Banco Bpm sembra abbia avuto un preventivo cenno di via libera da parte del governo Meloni. Lo scrive l’agenzia Reuters senza citare fonti ma la circostanza non è stata smentita. Sarebbe una nuova importante svolta nella partita che oppone l’Unicredit guidato da Andrea Orcel al Banco Bpm, oggetto di un’offerta pubblica non concordata lanciata dal primo lunedì 25 novembre. Operazione sulla quale, fin da subito, il governo ha dichiarato la sua contrarietà, prima invocando il golden power con il ministro Giorgetti e poi evocando scenari da tregenda con Matteo Salvini.
[…] Da parte sua Unicredit ha fatto sapere, attraverso un post su Linkedin del suo portavoce, che «nulla cambia per Unicredit ma che la mossa dei francesi può distruggere valore per gli azionisti Banco Bpm». Fin dall’inizio Orcel sapeva che avrebbe dovuto trattare con Agricole per avere il via libera alla sua offerta, qualunque fosse stata la loro quota. Unicredit si è mosso in anticipo e ha fatto spendere di più ai francesi ma il rischio ora è che «gli azionisti di Bpm potrebbero trovarsi a dover scegliere tra una fusione Crédit Agricole Italia-Bpm (con termini vantaggiosi per i francesi) o una complicata combinazione con Mps».
In realtà, agli occhi più attenti, la partita per Unicredit si sta complicando non poco visto che i francesi si sono abilmente ritagliati il ruolo di ago della bilancia. Orcel per convincere Crédit Agricole a consegnare le azioni all’Ops deve non solo rilanciare sul prezzo in modo da soddisfare il mercato e i francesi (la plusvalenza sul 10% di Bpm, in carico a circa 350 milioni, sarebbe molto alta) ma offrire anche un allungamento del contratto di Amundi sulla rete Unicredit che scade nel 2027. Questo contratto vale molto per Parigi ed è una leva importante da manovrare per gli italiani.
In estrema necessità Orcel potrebbe mettere sul piatto anche Anima, la società di gestione del risparmio il cui controllo non è sicuro visto il prezzo di Borsa in continua ascesa e la pletora di azionisti che la stanno comprando. Il negoziato tra Orcel e Philippe Brassac, ceo di CA in scadenza in primavera, si annuncia dunque molto difficile. L’arma in mano a Bressac è infatti letale, potendo far saltare l’Ops semplicemente non consegnando l’eventuale 20%, in linea con il governo che presumibilmente può indirizzare i voti delle fondazioni ex bancarie (6%) e di Enasarco (3%).
Un blocco a cui si possono aggiungere azionisti privati come Caltagirone, indicato con in mano un 2%. Se oltre il 30% del capitale del Banco non aderisse all’Ops qualunque sia il prezzo offerto di fatto impedirebbe a Unicredit, anche con il 51%, di procedere con la fusione tra le due banche, cioé l’operazione da cui trarre i maggiori benefici. Orcel nella sua esposizione al mercato ha detto che con 2 miliardi di costi di ristrutturazione riuscirebbe a ottenere un miliardo di sinergie per sempre. Numeri forti che dimostrano le grandi potenzialità di una rete integrata Unicredit-Banco Bpm.
Balza tuttavia all’occhio che un eventuale abbraccio tra governo e Crédit Agricole in chiave anti Unicredit è pericoloso in primo luogo per l’attuale maggioranza politica di destra che ha sempre denunciato la prepotenza francese in terra italiana. Senza Unicredit al tavolo, infatti, il Banco Bpm parlerebbe francese, con il CA socio al 20% in grado di comandare grazie alla Legge Capitali che tra poco entrerà in vigore e con la possibilità di promuovere l’integrazione con le altre attività bancarie già possedute in Italia, il polo Cariparma.
giancarlo giorgetti e matteo salvini
E anche in caso di una fusione a tre promossa dal governo, che comprenda il Monte dei Paschi e vada a formare l’agognato terzo polo bancario, la quota dei francesi rimarrebbe alta e preponderante. In pratica si venderebbero ai francesi le aree del credito a maggior reddito e produttive del paese, Lombardia, Veneto e Piemonte, la locomotiva d’Italia. Insomma, si rischia l’esito di vent’anni fa, quando la guerra tra opposte fazioni di cordate italiane alla fine favorì il rafforzamento di Bnp Paribas, che comprò Bnl ambita da Unipol, e l’Abn Amro che strappò l’Antonveneta dalle mire della Popolare di Lodi.
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