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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
1- DOPO IL GIGLIO, SCHETTINO SPERONA ANCHE COSTA CROCIERE
Grazia Longo per La Stampa
Perché Schettino non diede subito l'allarme generale? Perché l'emergenza scattò così tardi? Il comandante scarica la responsabilità al direttore dell'unità di crisi della Costa. "Ferrarini mi invitò a ritardare la chiamata ai rimorchiatori perché se no veniva a costare troppo".
La pesante accusa è scritta a pagina 6 del verbale redatto il 12 luglio scorso durante l'incontro tra la Costa e Schettino per definire il suo licenziamento. Fu lo stesso Schettino a pretendere la trascrizione del suo "accordo" con Ferrarini. Ma Schettino ha detto la verità ? La compagnia di crociere smentisce qualsiasi patto.
E, a onor del vero, va ricordato che la scatola nera non ha registrato alcuna frase di Schettino in tal senso. E comunque, a parte il fatto che i rimorchiatori sarebbero stati inutili in un disastro di quelle dimensioni, ad avvertire per primo la capitaneria di porto fu Ferrarini e non Schettino. La Procura di Grosseto chiederà di acquisire agli atti il verbale.
C'è un ulteriore giallo sulle comunicazioni tre il comandante Francesco Schettino e la compagnia Costa crociere la sera del naufragio. Durante l'udienza di stamattina è emerso infatti che i periti del gip non hanno controllato le email tra il comandante e la società . La Costa sapeva dell'inchino? Il collegio peritale ha verificato solo il traffico telefonico e non quello telematico. La questione è stata sollevata dall'avvocato Giuliano Leuzzi del Codacons. à però probabile che le email siano state verificate dalla procura.
Forse anche Schettino sapeva che la nave rischiava di affondare in un minuto. «Quando ho capito che la nave si stava inclinando ho preso e sono sceso» ha detto dal canto suo nei mesi scorsi in un passaggio rilevato dai Ris durante le intercettazioni ambientali e telefoniche l'ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino a un amico di nome Albert. L'intercettazione è stata diffusa stamane, terzo giorno di udienza per l'incidente probatorio sulla scatola nera della Costa Concordia, in corso al Teatro Moderno di Grosseto.
Il comandante Francesco Schettino partecipa anche al terzo giorno di udienza. Schettino è entrato in aula stamani passando, come nei giorni scorsi, da un ingresso secondario, e dopo essersi soffermato in strada salutando fotografi, giornalisti e operatori delle tv assiepati in alcuni giardini privati. «Buongiorno, buon lavoro a tutti» ha detto brevemente Schettino prima di recarsi in aula con i suoi avvocati e consulenti. Schettino indossava un abito scuro e si è mostrato cordiale. «Vabbuò! Sto bene, non ti preoccupare», ha aggiunto a un fotografo .
Il procuratore stamane ha dunque sbugiardato Francesco Schettino su un suo vanto: aver salvato migliaia di persone, come sostiene da mesi, avvicinando la nave in grave avaria al porto del Giglio con una manovra di emergenza eccezionale. Ma davvero dopo aver urtato gli scogli, Schettino fu in grado di manovrare la Concordia - come lui ha sempre sostenuto - o fu solo una rotta seguita dal relitto per inerzia, grazie a correnti e vento dopo il `rimbalzo´ sulle rocce a ben 16 nodi marini di velocità ? Per l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e il collegio di periti, no: non solo l'urto era evitabile (Schettino, dicono i periti, aveva `mare e tempo per cambiare rotta´), ma la manovra di emergenza fu fortuita, frutto del caso e della fortuna, del vento e delle correnti, quindi non ci fu merito di Schettino.
Le sale macchine erano in avaria e i timoni si bloccarono, Schettino non poteva fare nulla: Cavo Dragone l'ha ribadito ieri rafforzando l'analisi già presente nella perizia, in risposta al gip Valeria Montesarchio. Addirittura i periti sostengono che «mettere la barra tutta a dritta» dopo l'urto, come fece Schettino, «lascia pensare che il comandante volesse allontanarsi dall'isola e non, come da lui dichiarato, rimanere sottocosta, sfruttando l'azione del vento per far andare la nave verso il punto d'incaglio». Schettino, rilevano ancora i periti, «non può affermare di aver manovrato prevedendo gli effetti del vento» e «aver messo tutta la barra a dritta avrebbe potuto anche comportare che la nave dirigesse al largo» dove ci sono fondali alti.
Ma i difensori non ci stanno. «Più volte Schettino ha dichiarato che voleva portare la nave là , al Giglio, e la nave si trova là dove diceva - ha detto l'avvocato Bruno Leporatti - Non funzionavano né la propulsione né i motori ma c'era un'azione del vento (maestrale, ndr)» e «il comandante ha fatto la manovra che diceva». Una manovra, per Leporatti, con cui Schettino «indirizzò la nave verso il Giglio consentendo a 4.200 persone di essere evacuate, in gran parte con mezzi propri della Concordia».
Durante l'udienza un altro difensore di Schettino, l'avvocato Francesco Pepe, è uscito dall'aula-teatro e ha detto: «Sicuramente la manovra del comandante Schettino non è stata casuale. Lui, finché poté ancora usare i timoni, impostò la manovra tenendo conto delle correnti e del vento: i timoni si sono bloccati solo dopo l'ultimo ordine dato da Schettino, il `tutto a dritta´».
2- SCHETTINO DISSE DURANTE IL NAUFRAGIO «CI PENSI DIO»...
Marco Gasperetti per il "Corriere della Sera"
Ieri durante la seconda udienza dell'incidente probatorio sulla scatola nera della Costa Concordia, naufragata al Giglio nel gennaio scorso, la posizione di Schettino si è ulteriormente aggravata. Un perito, su domanda del pubblico ministero, ha confermato che la manovra dell'ex comandante per salvare la Concordia fu «assolutamente fortuita perché la nave era fuori controllo».
Sconcertante una registrazione (contenuta in una perizia del giudice dell'udienza preliminare) tra il comandante e la Capitaneria di Livorno 47 minuti dopo la collisione. «Stiamo imbarcando acqua, tanto è calma piatta», dice Schettino. Aggiungendo poi uno scaramantico «E poi Dio ci pensi, non abbiamo problemi, dobbiamo solo mettere i passeggeri a mare, se ci mandate dei mezzi per cortesia».
Il procuratore capo Francesco Verusio ha detto che l'avvicinamento al porto del Giglio fu dovuto alle correnti e al vento e non certo all'abilità di Schettino. L'udienza - durante la quale Schettino, in abito grigio, ha preso continuamente appunti - è partita da un esame accurato dei periti del gip sulla falla causata dall'impatto contro gli scogli: uno squarcio di decine di metri sul lato sinistro della nave che imbarcò acqua causando un'avaria irrecuperabile, ricostruito in modo tridimensionale.
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