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VAFFANBANKA! - STRESS TEST INUTILI: SE AL PRIMO TERREMOTINO IL CREDITO TREMA, VUOL DIRE CHE TUTTE LE VERIFICHE FATTE DALLA BCE SUI COSIDDETTI SCENARI AVVERSI NON SERVONO A NULLA - IL GOVERNO PREPARA I SOLDI DEI CONTRIBUENTI PER LE BANCHE MARCE, MA PATUELLI (ABI) DICE NO A RENZI E PROPONE UNA RIFORMA DEI CONFLITTI DI INTERESSE TRA ISTITUTI E IMPRESE CHE HANNO AFFONDATO LE VARIE ETRURIA, POP.VICENZA E VENETO

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

 

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C' è una questione, fra le tante di cui si discute attorno alla Brexit, che proprio non torna. Il governo italiano sta per varare una serie di misure per mettere in sicurezza le banche. Garanzie statali di varia natura, soldi della Cassa depositi e prestiti, ingresso diretto nel capitale degli istituti più in difficoltà e poi la creazione di un nuovo fondo pubblico-privato sulla falsa riga di Atlante, ormai proiettato a gestire la faccenda del Nord Est col salvataggio di Veneto Banca e Nord Est.

 

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Insomma, a palazzo Chigi stanno studiando un vero e proprio piano d' emergenza che si renderebbe necessario per mitigare gli effetti del voto della Gran Bretagna, «costretta» dal popolo a uscire dall' Unione europea dopo il referendum del 23 giugno: un evento senza dubbio straordinario. Tuttavia, le banche (non solo quelle italiane, tutte quelle europee) dovrebbero essere ormai attrezzate per reggere anche gli urti più forti. O almeno questo è quanto emerso negli ultimi anni dopo gli stress test a cui sono stati sottoposti tutti i grandi gruppi finanziari del Vecchio continente.

 

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Lo stress test è uno strumento col quale i conti di una banca vengono valutati sulla base di uno scenario avverso, particolarmente critico. Per l' esattezza, le «prove» di tenuta del patrimonio sono realizzate a gradini, da stress di piccolo calibro a terremoti economico-finanziari.

 

Ecco: l' uscita della Gran Bretagna dall' Ue (salvo imprevedibili e complessi dietrofront di Downing Street) dovrebbe corrispondere, in linea teorica, proprio a uno di questi eventi più o meno catastrofici. E, stando ai voti assegnati dall' autorità bancaria europea (che, per curiosità, ha sede a Londra e probabilmente traslocherà, a cagione della Brexit, in un' altra città Ue), le banche italiane dovrebbero essere pronte a tutto. Perché, invece, il governo Renzi prepara un super scudo? O i test sono una barzelletta o i mercati finanziari sono stati presi in giro.

 

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In ogni caso, l' idea di far rientrare lo Stato in banca non piace agli esponenti del settore o almeno a una parte dei big del settore. A cominciare dal presidente dell' Abi, Antonio Patuelli. Il quale, ieri, nel corso del consiglio nazionale della Fabi, ha spiegato che le «banche sono imprese» e perciò spera che «l' orologio della storia non torni indietro». Un altolà duro al quale ha fatto seguito una proposta altrettanto forte. Ovvero una modifica al testo unico bancario per vietare tout court i prestiti agli alti dirigenti (presidenti, vice, amministratori delegati, direttori generali), oggi possibili col voto unanime dei consigli di amministrazione.

 

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L' idea del leader dei banchieri, accolta con l' applauso della sala e appoggiata dal segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, potrebbe contribuire a spezzare quel pernicioso sistema relazionale che ha contribuito a far crescere la montagna di sofferenze (200 miliardi di euro), principale freno all' erogazione di nuovi prestiti. Roba antica: già negli anni '60 Raffaele Mattioli aveva preso di mira i «patologici» rapporti di commistione tra industria e sistema creditizio, creando addirittura un neologismo (catoplebismo). Ma siamo sicuri che Patuelli verrà supportato dalla maggioranza dei suoi colleghi?