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Roberta Amoruso per il Messaggero
Le finanze di San Marino sono sempre più nella tempesta. Ieri il dg della Banca centrale del Titano, Raffaele Capuano, nominato da appena un mese, ha rassegnato le dimissioni per «la posizione personale afflitta da mancanza di certezze giuridiche» dopo «la perquisizione domiciliare dell'abitazione messa a mia disposizione dalla banca avvenuta in mia assenza e senza la mia autorizzazione».
Una dichiarazione pesante, che denuncia il clima intimidatorio che si respira a San Marino. La locale Banca centrale resta così acefala dopo l'uscita a settembre del governatore Wafik Grais. Nella nota diffusa ieri in serata, il Congresso di Stato si dichiara preoccupato che l'attività tesa alla riorganizzazione della Banca centrale, «oggi più che mai è diventata una questione prioritaria». Secondo l'esecutivo della piccola repubblica, «le continue polemiche su Banca centrale, spesso coinvolta in spinose questioni giudiziarie, impongono infatti una definitiva chiarezza in tutte le sue articolazioni».
Che cosa sta accadendo a San Marino dopo la breve primavera della trasparenza e della legalità? Grais, egiziano di nascita ed ex membro della Banca Mondiale, era stato messo a dura prova dagli intrecci di potere locali che, qualche mese fa, lo aveva privato del suo dg, Lorenzo Savorelli, che a sua volta aveva aperto il vaso di Pandora dei disastri nel credito sammarinese. L'improvviso addio di Capuano, ex dg della Covip e già dirigente del ministero delle Finanze, ci dice che la situazione è peggiore di quel che si pensava, e che le consorterie locali e l'intreccio familistico che per decenni ha scandito la politica del Titano, sono lungi dal voler cedere il passo. Ciò, nonostante sia sceso in campo persino il Fmi.
LE CIFRE NON UFFICIALI
I fatti. A poco più di un anno dall'avvio del tentativo di risanamento, solo ora si conoscono le vere cifre del dissesto sanmarinese. Eccole, ancorché non ufficiali: a fine 2016 le perdite del sistema bancario erano pari a circa 900 milioni di euro (ora sfiorerebbero il miliardo), a fronte di un Pil locale che non arriva al miliardo e mezzo. Con una conseguenza inquietante: se risparmiatori e pensionati decidessero di chiudere i conti, le banche andrebbero rapidamente in debito di liquidità, con gli effetti a catena che si possono immaginare sul trend del Paese.
Ma come si arriva al buco da 900 milioni di fine 2016? Si parte con la Cassa di Risparmio di San Marino, costretta a fare rettifiche sugli attivi per oltre 500 milioni: 400 milioni sono crediti del gruppo Delta (la società di credito al consumo legata alla Cassa) riclassificati a zero.
Poi c'è Asset Banca, che Savorelli aveva provato invano a ripulire, con un deficit di capitale superiore a 60 milioni e perdite totali passate e previste per più di 160 milioni. C'è inoltre bisogno di liquidità per far fronte alle richieste dei depositanti, che però il Fondo di Garanzia non è in grado di coprire e che si aggira intorno a 72 milioni. Infine c'è Banca CIS, in cerca di 50 milioni per coprire le sofferenze. Il resto, per arrivare a 900 milioni, va ascritto alle piccole banche.
In tale deprimente scenario viene da chiedersi che cosa rischiano o quanto hanno già perso i fondi pensione di San Marino. Presto detto: Iss, che equivale all'italiana Inps, ha depositi nelle banche locali per circa 500 milioni. Presso Asset Banca ha 22 milioni, già bloccati visto il congelamento delle attività della banca. Quindi, ne ha circa 235 presso la Cassa che, come abbiamo visto, è in difetto di 500 milioni e pressoché illiquida. Perciò, se ISS volesse estinguere i propri depositi dovrebbe rinviare a tempi migliori.
Come provvederà il governo del Titano? Il piano è disarmante: ripianare i debiti di Asset e Cassa in trent'anni e nel frattempo ai depositanti offrire bond di Stato non negoziabili e quindi di valore incerto. Quasi a dire: cari concittadini, scordatevi di rivedere a breve i vostri risparmi
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