DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
1. DAGOREPORT - PAROLA D'ORDINE: NON PARLARE DI DRAGHI E DI MONTI TIRARE IN BALLO GIULIETTO CHE NON COLLABORA A NASCONDERE LA POLVERE
Eu-Genio Scalfari svirgola l'abituale predica domenicale puntando la silhouette di Giulietto Tremonti. L'ex ministro dell'Economia "è oggi uno dei protagonisti nella strumentalizzazione di questo scandalo. Il suo obiettivo è coinvolgere Draghi nella vicenda. Ma non spettava alla Banca d'Italia dare opinioni e tantomeno prescrizioni sul prezzo dell'Antonveneta".
Il Fondatore non si ricorda che le ispezioni della Bankitalia a MPS avevano già messo tutto nero su bianco e che chi sapeva e doveva intervenire era Mario Draghi con la sua vigilante Anna Maria Tarantola. Il Financial Times e la Reuters se ne accorgono ma in Italia nessuno ha il coraggio di scomodare il Pantheon dei santi salvatori della Patria.
Alla lotta si sono uniti anche Enrico Letta e Francesco Boccia che nella trasmissione â'l'Ultima Parola'' su Rai2 ha detto che "un contratto derivato fatto da Giulio Tremonti è costato allo stato italiano ⬠2,5 mld di Euro". Gianluigi Paragone al termine della trasmissione consegna a Boccia l'articolo di Dagospia nel quale dimostriamo che il derivato che è costato agli Italiani più della metà dell'IMU è stato chiuso il 10 gennaio 1994 durante il Governo Ciampi con Draghi saldamente alla guida del Ministero del Tesoro.
Nel disperato tentativo di coinvolgere Giulietto partecipa anche Luigi Berlinguer su Repubblica che dice: "Mussari presidente dell'Abi? Chiedete a Tremonti era Lui ministro del tesoro all'Epoca". E perché al Tesoro e non alla Banca d'Italia?
La presunta tangente da due miliardi sparata da Repubblica in prima pagina pone altri interrogativi su Bankitalia che non hanno niente a vedere con il Tesoro:
1) L'operazione alla base della transazione sospetta è l'acquisto di una controllata di Antonveneta, Interbanca, operazione autorizzata dalla Bankitalia di Draghi.
2) A rileggere i commenti di tutti gli analisti il prezzo pagato "a sportello" per Antonveneta era esorbitante. Ma a Via Nazionale leggono i giornali economici o solo la Gazzetta dello Sport ?
3) L'ex responsabile dell'area finanza di MPS Baldassari è indagato (secondo Plus24 di sabato 26) dalla Procura di Milano sin dal 2008 per operazioni sospette con brokers esteri. Possibile che senza mai perquisire MPS se ne siano accorti i PM di Milano e non Bankitalia?
4) Fino a quando il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco continuerà ad avvalersi della ex (?) addetta stampa di Draghi che continua a telefonare ai direttori dei giornali in nome e per conto del precedente Governatore ?
5) Chi ha convinto Draghi a dare il via libera all'operazione Antonveneta? Magari, forse, magari il banchiere Ruggero Magnoni di Nomura?
6) Come mai il vicepresidente del Monte Francesco Gaetano Caltagirone, sempre così attentissimo ai suoi affari, accettò di dare il via libera all'operazione da 10, 6 miliardi di euro di Antonveneta? E' vero che Caltagirone incassò poi i voti di Mussari per la sua nomina a vicepresidente di Generali?
7) Come mai il collegio sindacale di Mps presieduto dall'editorialista del "Messaggero" Tommaso Di Tanno, vicino a Vincenzo Visco e a Massimo D'Alema (altro editorialista del "Messaggero") non chiese approfondimenti sul prezzo folle di Antonveneta e votò a favore?
8) Perché l'eminente studioso delle scienze tributarie Di Tanno ricorda solo ora che la âdue diligence' preventiva sulla banca veneta non fu fatta?
9) Perché le violente proteste del consigliere di Mps Lorenzo Gorgoni, l'unico contrario all'acquisizione di Antonveneta, non furono ascoltate?
10) Chi utilizzò il proprietario del Santander e Antonveneta l'opus-dei Botin per far pressione su Mussari e Caltagirone? Per caso l'opus-dei Gotti Tedeschi?
2. LA PANNA MONTATA E LO SCANDALO DI SIENA
di Eugenio Scalfari per Repubblica
La campagna elettorale cui stiamo assistendo, in attesa di esercitare il nostro diritto al voto come cittadini attivi, è una delle più terremotate della storia repubblicana: populismi di varia natura che hanno come unico obiettivo l'abbattimento totale delle istituzioni; agende futuribili che si prefiggono traguardi di crescita ambiziosi, ma sorvolano sui mezzi con cui recuperare le necessarie risorse; resurrezioni di personaggi che sembravano ormai politicamente spenti e che si ripropongono alla ribalta confidando nella corta memoria degli italiani; una legge elettorale che "porcata" fu chiamata dal suo autore e "porcata" rimane.
Ma come se tutto ciò non bastasse, a turbare ulteriormente il clima elettorale scoppia lo scandalo Monte dei Paschi e diventa inevitabilmente dominante in una scena già così movimentata. Non starò a ripercorrerne la storia, da una settimana è al centro dell'attenzione ed è stata raccontata e variamente commentata per quanto finora era possibile; ma non tutti i fatti sono noti e la Procura di Siena sta indagando e salvaguarda scrupolosamente il segreto istruttorio su una materia così incandescente.
Le linee essenziali della vicenda sono tuttavia evidenti: un gruppo di mascalzoni si impadronì della fondazione e della banca, si dedicò ad operazioni arrischiate di finanza speculativa, falsificò i bilanci, occultò le perdite e probabilmente lucrò tangenti e altrettante ne distribuì.
I poteri di vigilanza fecero quanto era in loro potere scontrandosi con i suddetti mascalzoni i quali avevano nascosto i documenti compromettenti per rendere più difficile l'accertamento della verità .
Ora finalmente la situazione è più chiara, la banca è stata affidata a mani sicure, i mascalzoni hanno un nome, la magistratura è all'opera; 150 dirigenti dei settori più compromessi sono stati licenziati, l'assemblea degli azionisti si è riunita, ha votato all'unanimità un aumento di capitale ed ha chiesto alla Banca d'Italia di erogare il prestito denominato Monti-Bond che sarà utilizzato per l'aumento di capitale insieme alla sottoscrizione degli azionisti. Il titolo quotato in Borsa, che nei primi tre giorni dello scandalo aveva complessivamente perso il 21 per cento, è risalito venerdì dell'11 per cento.
La banca non è a rischio di fallimento e i depositi del pubblico sono al sicuro. Restano da individuare con esattezza gli errori, gli eventuali reati e le responsabilità , ma resta soprattutto da rivedere il problema delle fondazioni bancarie in genere e di quella di Siena in particolare.
Nel frattempo il tema Monte dei Paschi ha deflagrato come una bomba nella campagna elettorale; la destra con i suoi giornali e le sue televisioni lo usa come una clava contro i "comunisti" del Pd e anche Monti lo utilizza con molta spregiudicatezza; il Pd lo ritorce con altrettanta energia; i populisti se ne avvalgono come uno strumento contundente.
Tutto ciò è sotto gli occhi della pubblica opinione e c'è poco da aggiungere salvo che dietro questo assordante clamore alcuni punti non sono stati ancora chiariti. Si tratta di punti essenziali ed è su di essi che vogliamo oggi concentrare l'attenzione.
La prima questione riguarda gli effetti che lo scandalo Monte dei Paschi determina nell'opinione pubblica internazionale. C'è molta perplessità tra gli osservatori qualificati, banchieri, operatori, giornali qualificati. Si riteneva che il sistema bancario italiano fosse il più solido e quello che meglio aveva tenuto nelle agitate acque della crisi iniziata quattro anni fa col fallimento della Lehman Brothers, ma la vicenda Monte dei Paschi - gonfiata oltre la realtà dalle zuffe elettorali - ha intaccato la fiducia che ci era stata accordata.
Speriamo che le dichiarazioni della Banca d'Italia e la pulizia in corso da parte dei nuovi dirigenti di Monte dei Paschi dissipino le perplessità degli investitori esteri e dei mercati. Lo vedremo domani. Certo non ha ben disposto il fatto che proprio quel Mussari che è all'origine dello scandalo senese sia stato eletto un anno fa alla guida dell'Associazione delle Banche italiane (Abi) dopo esser stato estromesso dalla presidenza di Monte dei Paschi. I banchieri che lo hanno eletto non sapevano nulla di quanto era accaduto a Siena? Erano ciechi e sordi oppure non davano gran peso a così gravi errori e agli eventuali reati che ne sarebbero conseguiti?
La seconda questione che va chiarita riguarda la fondazione che controlla il Monte dei Paschi. Unica tra tutte le fondazioni italiane essa nomina la quasi totalità del consiglio d'amministrazione della banca. E qui bisogna fare un passo indietro. Sulle fondazioni bancarie ci sono state due leggi, una fatta da Giuliano Amato nel 1990 e l'altra da Ciampi quando era ministro dell'Economia nel governo Prodi. Poi, nel 2003, una sentenza della Corte Costituzionale.
Il tema principale delle leggi e della sentenza riguardava i compiti e i poteri delle fondazioni e l'assetto definitivo della proprietà delle banche. Ciampi mirava alla privatizzazione; nella sua visione le fondazioni rappresentavano un ponte in attesa che il mercato registrasse un interesse ad intervenire. Nel frattempo le fondazioni avrebbero dovuto rappresentare la presenza territoriale e professionale nella dirigenza delle banche, lasciando adeguato spazio ad altri azionisti privati.
Nel 2001 tuttavia questo criterio fu modificato da Tremonti, appena arrivato alla guida del Tesoro. Nella legge finanziaria di quell'anno fu stabilito che gli Enti locali avevano diritto di nominare tutti i dirigenti delle fondazioni. Si trattava di fatto di una pubblicizzazione delle fondazioni e quindi delle banche da esse controllate, del tutto opposto ai criteri di privatizzazione della legge Ciampi. La reazione degli interessati fu il ricorso alla Consulta la quale bocciò le disposizioni di Tremonti ripristinando i criteri della legge Ciampi. Ma perché Tremonti aveva scelto un criterio che dava tutto il potere agli Enti locali?
Probabilmente glielo aveva chiesto la Lega ma su questo tema il "superministro" è sempre stato coerente: il potere pubblico deve essere determinante nella politica bancaria e quindi nella proprietà degli istituti e nelle fondazioni. Per questo rifiutò sempre le richieste della Banca d'Italia (allora presieduta da Mario Draghi) di poter revocare gli amministratori delle banche quando si dimostrassero responsabili di illegalità particolarmente gravi.
Si oppose altresì ad aumentare i poteri di vigilanza dell'Istituto centrale. Infine creò i Tremonti-bond, cioè prestiti alle banche che avessero bisogno di liquidità , convertibili in azioni e quindi all'ingresso diretto dello Stato.Tremonti, non a caso, è oggi uno dei protagonisti nella strumentalizzazione di questo scandalo. Il suo obiettivo è evidente e risulta dalle sue più recenti dichiarazioni: vuole coinvolgere Draghi nelle vicende Monte dei Paschi. In che modo?
La vicenda ebbe inizio con l'acquisto dell'Antonveneta da parte di Mussari (Monte dei Paschi). L'operazione doveva essere autorizzata dalla Banca d'Italia non tanto nel merito quanto nella capacità patrimoniale dell'istituto richiedente. Era l'autunno del 2007, non era ancora scoppiata la bolla immobiliare americana, i mercati erano tranquilli, Monte dei Paschi era la terza banca italiana ed aveva tutti i requisiti per estendere la sua influenza, ma Draghi per maggior prudenza condizionò l'autorizzazione ad un aumento di capitale, Mussari accettò, Monte dei Paschi fece l'aumento di capitale sottoscritto in massima parte dalla fondazione e l'operazione fu fatta. Il prezzo era alto?
Certo, ma Mussari si aspettava che Antonveneta fruttasse un profitto annuo di 700 milioni con il quale in breve tempo Monte Paschi sarebbe rientrata da un investimento di quelle dimensioni. Comunque non spettava alla Banca d'Italia dare opinioni e tantomeno prescrizioni sul prezzo. Avanzo a questo punto una mia personale opinione: Tremonti ha un conto in sospeso con Draghi; il suo obiettivo oggi è di coinvolgerlo nella vicenda Monte dei Paschi. Farà il possibile per realizzare quell'obiettivo che è non solo infondato ma recherebbe gravissimo danno all'Europa e all'Italia. Spero di sbagliarmi e sarò lieto di poterlo constatare.
Si pone tuttavia una terza e nient'affatto marginale questione che riguarda Mario Monti. Nelle campagne elettorali bisognerebbe evitare, come nella boxe, i colpi sotto la cintura, tanto più tra forze politiche destinate ad allearsi in un prossimo futuro. Ma Monti di colpi sotto la cintura ha cominciato a darne: giovedì scorso ha detto che la vicenda Monte dei Paschi riguarda direttamente il Pd. Contemporaneamente ha detto che il suo "movimento" farebbe volentieri alleanza post-elettorale con il Pdl purché epurato dalla presenza di Berlusconi.
à evidente l'obiettivo: scomporre e ricomporre la vecchia "strana maggioranza" da lui presieduta dal novembre del 2011 fino al febbraio 2013. Bersani sì ma senza Vendola; Alfano sì ma senza Berlusconi e Monti federatore di moderati e riformisti. La vicenda Monte dei Paschi, purché fatta montare come la panna, aiuta; quanto a Berlusconi, lui è disposto a tutto purché gli si dia un salvacondotto giudiziario ed economico. E chi glielo negherà ? Monti no di certo, Casini meno ancora perché vuole la presidenza del Senato e poi, chissà ...
MARIO DRAGHI E TREMONTI tremonti-mussari-draghi rio55_bigMASSIMO D'ALEMA ENRICO LETTA - copyright PizziLOGO ANTONVENETARuggero Magnoniberlinguer luigi 001DRAGHI E TREMONTImonti mussari visco interna nuova IGNAZIO VISCO- CECCHERINITommaso Di TannoFurio Colombo e Eugenio Scalfari BANCA ITALIATOMMASO DI TANNOCAROSIO VISCO LA VIA TARANTOLA SACCOMANNI ALL ASSEMBLEA DI BANKITALIA MPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA bassanini - amato Prodi e CiampiALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA AMATO BASSANINITREMONTI E MONTITREMONTI E MONTIMARIO MONTI E GIUSEPPE MUSSARI jpegBERLUSCONI MONTI BERSANI E MUSSARI
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