
FLASH! - SIETE CURIOSI DI SAPERE CHI E' IL PREMIER CHE HA PUNTATO I PIEDINI A BRUXELLES PER…
1- "L'ITALIA NON PUÃ SALVARSI DA SOLA"? IL CASO Ã CORNUTO
C'e' un italiano a Washington che ieri per due ore ha fatto tremare l'Italia e i mercati europei. Non e' un uomo qualunque e non si chiama nemmeno Andrea Enria, l'esangue direttore dell'Autorita' europea di controllo sulle banche europee (EBA) che il presidente del' ABI, Peppiniello Mussari stritolerebbe volentieri con le sue mani.
Il nostro compatriota si chiama Carlo Cottarelli e dal 1988 lavora al Fondo Monetario Internazionale dove dirige il Dipartimento Affari Fiscali. Durante una conferenza stampa ha detto testualmente che l'Italia ha bisogno di riforme struttturali e ha aggiunto "...e questo va oltre cio' che l'Italia puo' fare da sola, e' la disponibilita' di firewwall piu' forti in Europa, un maggiore finanziamento perche' questo facilitera' il declino dei tassi di interesse".
Dopo queste parole nelle sale operative dove si parla inglese meglio della lingua di Dante, e' corso il panico e i poveri giornalisti che stentano in entrambe le lingue hanno fatto ricorso al Dizionario dei termini economici per capire il senso della parola "firewall", un termine derivato dall'informatica che significa "muro di fuoco".
A questo punto e' scattato l'allarme rosso: per il Fondo Monetario l'Italia non ce la puo' fare da sola e per evitare l'insolvenza serve il muro di fuoco del Fondo Monetario dove l'italiano Cottarelli lavora sotto la guida della nobildonna francese Christine Lagarde. Anche lei nell'ultimo week-end si era lasciata scappare un allarme sui rischi di solvibilita' che corrono l'Italia e la Spagna, ma lunedì sera ha fatto una veloce marcia indietro cercando di assicurare i mercati.
E' evidente che a Washington spingono in direzione di previsione pessimistiche e non sono convinti che il Professore di Palazzo Chigi riesca a tirarci fuori dalle secche. Le parole dell'alto funzionario Cottarelli, che ha lavorato in Banca d'Italia per sei anni e per un breve periodo all'Eni, alimentano questa ipotesi. E' pur vero che due ore dopo il povero Cottarelli ha provveduto a precisare le sue parole, ma i casi sono due: al Fondo sono dei dilettanti della comunicazione, oppure la nobildonna Lagarde e i suoi mastini hanno tra le mani un dossier sul nostro stato di salute che nemmeno la Banca d'Italia conosce.
Comunque sia al Fondo che dall' 88 a oggi e' intervenuto in Brasile, Turchia, Argentina e per ultimo in Grecia, e' arrivato il momento di smetterla con il terrorismo verbale..
2- SVENDERE UNICREDIT AGLI STRANIERI: LA MOSSA DI GHIZZONI E RAMPL PER RENDERE PIU' STABILE LA LORO POLTRONA
Chi li ha visti uscire ieri sera tardi da Piazza Cordusio dice che i top manager di Unicredit avevano l'aria felice.
Felici sembravano il piacentino Ghizzoni e il presidente Rampl che davanti ai fotografi spalanca una poderosa chiostra di denti, e felici apparivano anche gli alani Nicastro e Fiorentino (seguiti a ruota dal dirigente che in banca si fa chiamare "ministro").
La ragione va cercata nei tabulati dove ogni sera si registrano le operazioni di trading per l'aumento di capitale da 7,5 miliardi che si chiude dopodomani. Sembra infatti che dopo un esame laborioso risulti massiccia la presenza di investitori stranieri disposti a scommettere sul futuro della banca. Dai piani alti si cominciano a tirare le somme e il quadro che viene fuori e' un ridimensionamento netto delle Fondazioni che ridurranno la loro quota al 12%,un peso troppo piccolo per consentire al loro rappresentante più "grosso" Pallenzona di fare la voce grossa nell'organigramma che uscira' in primavera.
E anche la presenza di volenterosi patrioti italiani come De Agostini,Del Vecchio e Dieguito Della Valle, non sembra confermare che abbiano voluto salire sul pennone dove sventola la bandiera della raccapricciante pubblicita' di questi giorni.
A mettere i piedi giunti dentro Piazza Cordusio sono gli stranieri: libici, arabi di Abu Dabi, i tedeschi amici di Rampl, e a sorpresa gli americani di Blackrock e di Capital Research. Di questi ultimi che hanno acquistato il 6,5% del capitale, i giornali si preoccupano soltanto di scrivere il nome: Capital Research and Management Company, ma nessuno spende parole sulla loro identita'. Il mondo della finanza pero' conosce bene questo Fondo californiano ,fondato nel 1931 da un certo Jonathan Lovelace, che oggi opera in 23 paesi con oltre 7000 dipendenti e dispone di un mare di soldi investiti in societa' come Bayer, Continental, Siemens e Wolkswagen.
Adesso da Los Angeles e' partito l'ordine di comprare a mani basse Unicredit approfittando dello sconto voluto dagli advisor di Ghizzoni che rende appetibile l'ingresso in Italia. Per il vertice di Piazza Cordusio e' inutile gridare alla svendita, anzi le presenze straniere sono un atto di fede nei confronti della banca con il vessillo italiano e europeo.
Cio' che piu' conta agli occhi di Ghizzoni e di Rampl e' il fatto che questa cordata esterofila nella quale si ritrovano tanti colori potrebbe rendere piu' stabile la loro poltrona. Forse si illudono perché si è già visto in altri casi che la passività dei fondi stranieri è messa in disparte quando si chiede ai manager di portare a casa risultati concreti. Ma i vertici di Unicredit, che adesso ride, dovrà presto rimboccarsi le maniche e per il momento ci crede.
Alla faccia di Pallenzona, delle Fondazioni senza soldi, e dei piccoli capitani coraggiosi del made in Italy.
3- IL DECLINO DI RCS E' COMINCIATO CON L'ACQUISIZIONE DI RECOLETOS
Nel Gruppo editoriale RCS continuano le polemiche sulla gestione del tandem Marchetti-Perricone.
Dopo il duro comunicato sindacale si e' aperta la caccia alle responsabilita' di chi ha negli ultimi otto anni ha portato la corazzata di via Rizzoli sul'orlo dell'abisso. Da parte loro i giornalisti hanno voluto sottolineare il fallimento di "City", il free press che il Gruppo ha deciso di chiudere, ma un esame attento e professionale di questa esperienza durata 7 anni avrebbe dovuto mettere l'accento su un prodotto che gridava vendetta per la totale di assenza di appeal e di idee.
Sotto tiro sono comunque sopratutto i manager e questa scelta e' giusta, ma bisogna scavare indietro per capire chi li ha incoraggiati a intraprendere avventure pericolose e dissennate come quella spagnola che ha portato all'acquisto di "Recoletos".
Questo esame dovrebbero farlo a mente serena i 14 magnifici azionisti che devono mandare a casa Perricone e Marchetti, ma la loro impresa si scontra con la memoria del passato. Il comunicato sindacale non ne parla, ma forse e' bene ricordare che gli artefici di quell'operazione furono il notaio dalla cravatta rossa Marchetti, Colao Meravigliao (allora amministratore delegato) e Mediobanca che aveva appena lanciato la sua filiale di Madrid. All'elenco bisogna aggiungere Corradino Passera che dalla plancia di comando di Intesa si comportava da sponsor e da tutor di Colao, suo ex collega in Mc Kinsey.
Il declino di RCS e' cominciato con questi protagonisti e con le loro squadre di manager incapaci di tirar fuori prodotti originali.
4- QUESTA MATTINA MEDIOBANCA HA DATO UN GROSSO DISPIACERE A FRANCHINO BERNABÃ
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i Signori naviganti che questa mattina Mediobanca ha dato un grosso dispiacere a Franchino Bernabè.
Con una decisione inattesa Piazzetta Cuccia ha abbassato la raccomandazione sul titolo Telecom con l'indicazione di un target price a 1,05 euro. La notizia arriva dopo le rivelazioni di ieri del giornalista Dimito del Messaggero sul taglio dei dividendi e sul maxi-bond che i soci di Telco dovranno sottoscrivere per alleggerire i debiti dell'azienda.
Stiamo parlando della stessa Mediobanca che detiene oltre il 10% di Telco e che Franchino sta utilizzando come advisor per vendere "La 7".
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