LA VENDETTA DA PARTE DELL’ALGERIA SUI COLONIZZATORI FRANCESI ARRIVA DOPO MEZZO SECOLO - COME FECE LA LIBIA DI GHEDDAFI CON LA FIAT, IL FONDO SOVRANO DI ALGERI RILEVERÀ UNA PARTE DELLA DISASTRATA CASA AUTOMOBILISTICA PEUGEOT-CITROEN, CHE SOLO QUEST’ANNO HA CHIUSO UN IMPORTANTE STABILIMENTO E HA LICENZIATO 8 MILA PERSONE - PER RISOLLEVARSI, L’AZIENDA HA TENTATO LA FUSIONE CON OPEL, MA NON È SERVITA…

Nino Sunseri per "Libero"

La crisi si vendica della storia. Dall'Algeria arriveranno capitali freschi per salvare il gruppo Peugeot. L'antica perla dell'impero che corre in soccorso di una delle più importanti aziende della madrepatria. Il trionfo del canone inverso.

A quasi sessant'anni dalla Battaglia d'Algeri e a più di mezzo secolo dall'offensiva dei "pieds noir" (i francesi della colonia contrari alla separazione) sono la finanza e l'economia a ricucire antiche ferite. D'altronde non era Montesquieu, uno dei padri della Rivoluzione, nelle "Lettere Persiane" a ricordare che la comunità d'affari supera qualunque differenza religiosa, culturale ed etnica?

Due secoli dopo Jean Pierre Raffarin, plenipotenziario di Hollande è tornato a Parigi annunciando che il fondo sovrano di Algeri è pronto ad entrare nella disastrata Peugeot- Citroen. In questo modo il governo francese spera di evitare la chiusura dello stabilimento di Aulnay che comporterà la perdita di ottomila posti di lavoro. Un salasso cui si aggiungono altri 1.500 esodi previsti per il 2014. La Borsa di Parigi ha festeggiato mandando alle stelle il titolo della casa automobilistica (+10%). Per carità non è la prima volta che i capitali di una ex colonia salvano l'industria dell'auto.

Quarant'anni fa Enrico Cuccia tirò fuori dal cilindro un giovane colonnello Gheddafi desideroso di un ruolo internazionale facendolo diventare socio degli Agnelli in Fiat. I libici fecero un grandissimo affare ma, al momento della chiamata erano l'ultima spiaggia. La situazione di Peugeot non è molto diversa.

Ha provato l'alleanza con Opel attraverso uno scambio azionario: i tedeschi hanno il 7% del gruppo ancora controllato dagli eredi del fondatore. Doveva essere la mossa del cavallo per mettere i due partner in condizione di scavalcare la crisi.

Un vizio eterno quello della finanza (e dell'industria): la convinzione che mettendo insieme due zoppi nasce Usain Bolt. In genere creano Frankestein. L'alleanza non sembra funzionare per due aziende come Opel e Peugeot, che hanno gli stessi prodotti (vetture di fascia medio-bassa), insistono sui medesimi clienti e sull'identico mercato (quello europeo, il più disastrato del mondo).

Non a caso i francesi chiuderanno Aulnay, storico stabilimento della Citroen e altrettanto faranno i tedeschi a Bochum mandando a casa tremila persone. Hollande è corso in aiuto offrendo la garanzia di Stato a Banque Psa, la finanziaria del gruppo che serve i clienti. In questo modo l'istituto potrà indebitarsi sull'interbancario a tassi più convenienti abbassando i costi per la casa-madre. Poco più che un'aspirina, però, per un gruppo che nei primi sei mesi dell'anno ha perso più di ottocento milioni.

Ora arriveranno i capitali algerini. C'è da capire quanto i nuovi arrivati saranno graditi a Opel e soprattutto quali sono le richieste degli algerini. Si limiteranno a fare i soci dormienti come i libici in Fiat? Oppure chiederanno la delocalizzazione degli impianti: tanto più che quest'anno le vendite Peugeot nella ex colonia sono raddoppiate. Un bel risultato se non fosse che le immatricolazioni sono poco più di 54 mila: più o meno il fatturato della casa sul mercato domestico. In ogni caso un successo che non potrà essere festeggiato con la champagne. L'alcol è vietato nei Paesi islamici.

 

PEUGEOT PEUGEOT PSA PEUGEOT CITROEN jpegARNAUD MONTEBOURG FRANCOIS HOLLANDE