1- LE VIE DEL SIGNORE SONO INFINITE, MA QUELLA DI TARCISIO BERTONE SEMBRA SEGNATA. DOPO IL PASTICCIACCIO BRUTTO DEL SAN RAFFAELE, SEMPRE PIU’ INSISTENTI LE VOCI DI UN PAPA RATZINGER, SEMPRE PIU’ A BAGNASCO MARIA, CHE VORREBBE CAMBIARE NEL 2012 L’INCAUTO BERTONE E SOSTITUIRLO CON UN ANGELO: COMASTRI O SCOLA 2- CON LA VENDITA DI OLTRE 23 MILIONI DI AZIONI DEL MONTE PASCHI DI SIENA È MOLTO PIÙ PROBABILE CHE LA PARABOLA DEL CALTARICCONE-BANCHIERE SIA ARRIVATA AL CAPOLINEA 3- PRESIDENZA RCS: IL NOME CHE PER ADESSO CIRCOLA NON È QUELLO DI PAOLINO MIELI CHE È STATO MESSO NEL RADAR DI MARIO MONTI PER LA RAI, MA DI SERGIO ROMANO 4- A GUIDARE FINMECCANICA ARRIVERÀ IN PRIMAVERA IL TANDEM DE GENNARO- GAMBERALE?

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1- LA PARABOLA DEL CALTARICCONE-BANCHIERE E' ARRIVATA AL CAPOLINEA
I contradaioli di Siena seduti nei bar della piazza del Palio sarebbero disposti a rinunciare alle bestemmie di cui sono maestri pur di offrire un caffè a Francesco Gaetano Caltagirone che anche loro chiamano Caltariccone.

Sanno benissimo che l'imprenditore romano lo prenderebbe senza zucchero come si usa nei paesi arabi da cui sembra che il suo cognome sia derivato dalla parola Qal'at Al Ghiran che significa "rocca dei vasi".

Di quest'uomo i contradaioli conoscono vita e miracoli; sanno che i componenti della sua dinastia, che risale agli ultimi decenni dell'800, erano definiti a Palermo "calceviva", mentre i fratelli lo chiamavano affettuosamente "il cattivo".

A Siena è diventato banchiere e ha messo i piedi dentro MontePaschi dove al 3 gennaio scorso risultava in possesso di poco meno del 5% del capitale. La notizia uscita ieri sulle agenzie secondo la quale si è liberato di oltre 23 milioni di azioni della banca mettendosi in tasca qualcosa come 25-30 milioni di euro ha preso in contropiede l'intera città e i vertici del più antico istituto italiano.

Adesso i contradaioli si chiedono per quali ragioni Caltariccone abbia preso questa decisione anche a costo di perdere quattrini rispetto al valore d'acquisto dei titoli. Secondo loro il costruttore-editore-assicuratore e banchiere romano dentro MontePaschi ha investito più o meno 300 milioni di euro e lo ha fatto con una serie di operazioni di cui la più vistosa è stata quella dell'ottobre 2010 quando ha comprato per 9,9 milioni un pacchetto di 11,7 milioni di titoli.

La tesi prevalente è che Caltariccone fa parte di quella ristretta cerchia di ricchi che non sono abituati a perdere, e che comunque sia rimasto sconcertato dalle ultime vicende che hanno messo MontePaschi nell'occhio del ciclone. È risaputo che la banca sta con un piede dentro la città e con l'altro dentro il precipizio che si è allargato dopo il categorico invito dell'Eba (l'Organismo di controllo delle banche europee) a rafforzare il proprio patrimonio.

In questa situazione il boccoluto presidente Peppiniello Mussari ha pensato bene di alzare i tacchi e ha annunciato la sua decisione irrevocabile di lasciare la carica passando il giocherello nelle mani del nuovo direttore generale, Fabrizio Viola, il 53enne bocconiano che arriva dalla Banca Popolare dell'Emilia Romagna. Sarà quest'uomo dall'aria paciosa e la testa calva a dover rimettere in sesto i conti di Mps, la banca per la quale ieri il "Financial Times" ha ipotizzato addirittura la nazionalizzazione.

È chiaro che di fronte a uno scenario così incerto Caltariccone, che ha fama di uomo pragmatico e poco generoso, preferisce alleggerire la sua partecipazione che finora gli ha procurato soltanto grosse perdite e la medaglietta da vicepresidente. E qualche pensiero preoccupato deve averlo fatto di fronte al crollo dell'impero Ligresti, un altro imprenditore siciliano che si sta passando il suo impero nelle mani di Unipol, la compagnia che tentò di scalare BNL con il risultato di una condanna in primo grado anche per Caltariccone.

La storia di Ligresti e dei suoi figli, che in maniera ossessiva appaiono fotografati sui giornali, è ben diversa da quella di Caltariccone che dopo essersi arricchito nelle costruzioni ha cercato di diversificare gli investimenti nell'editoria, nelle assicurazioni e nelle banche. Probabilmente ha avuto un attimo di sbandamento quando il "Sole 24 Ore" nei giorni scorsi ha riprodotto in piena pagina l'urlo di Totuccio Ligresti "lasciatemi i terreni". Di fronte a queste parole angosciate il pensiero di Caltariccone deve essere tornato alle origini e al focus della sua ricchezza che si è alimentata a dismisura nel cemento e negli immobili.

Una piccola minoranza dei contradaioli non accetta la tesi della disaffezione nei confronti di MontePaschi e sostiene che il pacchetto venduto ieri sia una delle tante operazioni di trading con cui l'imprenditore romano cerca di portare acqua al suo mulino. Questa non sembra una tesi valida perché è molto più probabile che la parabola del Caltariccone-banchiere sia arrivata al capolinea.

Per lui è di gran lunga più conveniente un ritorno alle origini e un'attenzione all'editoria, alle costruzioni dove è presente con le perle Vianini e Cementir, e a quelle Generali che al di là dell'incerta gestione del "polizzaro" Perissirotto, hanno in pancia un patrimonio di 28 miliardi di immobili.

Poi c'è da tener d'occhio anche la quota in Acea, la multiutility dell'acqua e dell'energia dove forse è arrivato il momento di dare una sveglia al vertice Staderini-Cremonesi.

Anche qui i conti della municipalizzata romana non sono brillanti, il titolo ha perso quasi il suo valore rispetto a un anno fa, ma le decisioni del Governo potrebbero aprire spazi per una privatizzazione accelerata. La condizione è che Staderini e Cremonesi si diano una mossa senza perdere tempo dietro l'azionista di maggioranza Comune di Roma dove il sindaco dalle scarpe ortopediche Alemanno sta premendo per piazzare in Acea il suo capo ufficio stampa Simone Turbolente.

Una piccola battaglia che il sindaco ha già perso e che agli occhi dell'imprenditore romano merita scarsa attenzione.


2- LE VIE DEL SIGNORE SONO INFINITE, MA QUELLA DI BERTONE SEMBRA SEGNATA.
In Vaticano hanno registrato senza particolari reazioni la nomina del giurista Giovanni Maria Flick alla presidenza del San Raffaele di Milano, il chiacchierato complesso ospedaliero di Don Verzè.

Di sicuro il più contento per questa decisione presa l'altro ieri dal consiglio di amministrazione è il 72enne piemontese Flick che dopo aver fatto il ministro della Giustizia nel primo governo Prodi ha ricoperto per pochi mesi la carica di presidente della Corte Costituzionale. A Roma è noto per il suo presenzialismo negli eventi mondani e soprattutto per la voglia di non andare in pensione.

Tutto questo interessa ben poco i palazzi d'Oltretevere dove le porpore e le guardie svizzere si scambiano battute salaci sulla sconfitta che il tandem costituito dal Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e dal presidente dello Ior, Gotti Tedeschi, ha dovuto subire nella partita del San Raffaele dove il vincitore finale è stato l'imprenditore Rotelli. La nomina di Flick è del tutto secondaria rispetto alle previsioni che si fanno sul futuro di Bertone, il cardinale piemontese che nel 2006 è stato nominato alla Segreteria di Stato e durante la sua gestione ha collezionato una serie di incidenti.

Adesso si dice con insistenza che il suo mandato stia per scadere per due ragioni: l'età avanzata e una manifesta incapacità diplomatica.

In realtà potrebbe valere anche per Bertone la stessa logica che portò al rinnovo della carica per il predecessore Angelo Sodano, ma dietro gli arazzi delle gallerie vaticane si vedono i movimenti di almeno un altro paio di candidati. Il primo è Angelo Scola, il porporato che Papa Ratzinger ha nominato arcivescovo di Milano. Il suo profilo si attaglia però a quello di un uomo estremamente colto che ha scritto più di 120 opere, ma forse incapace di tenere la mano ferma sulle redini della politica estera vaticana.

Per i corazzieri che perlustrano in lungo e in largo le Gallerie del palazzo papale c'è un altro porporato che sta salendo nelle quotazioni. È Angelo Comastri, il cardinale nato a Grosseto nel '43, arciprete della basilica e presidente della Fabbrica di San Pietro. È stato presidente del Comitato italiano del Giubileo del 2000 e ha un profilo meno intellettuale di Scola.

Le vie del Signore sono infinite, ma quella di Bertone sembra segnata.


3- PRESIDENZA RCS: DOPO MARCHETTI, SERGIO ROMANO?
Non sembra affatto tranquilla l'aria che si respira dentro il gruppo editoriale Rcs, editore del "Corriere della Sera", governato da un patto di sindacato dove sono presenti 11 rappresentanti dei cosiddetti poteri forti.

Ieri si è tenuto il Comitato esecutivo del quale oltre al presidente-notaio Piergaetano Marchetti e all'amministratore delegato Antonello Perricone, fanno parte lo scarparo marchigiano Della Valle, John Elkann, Pesenti, Rotelli, Salza e Pagliaro che siede a quel tavolo non tanto per virtù propria quanto per la quota del 14% che Piazzetta Cuccia detiene nella casa editrice.

Della riunione si è saputo ben poco, ma è probabile che siano stati passati in rassegna i problemi che in questo momento pesano sul futuro di Rcs. Tanto per cominciare non deve essere affatto piaciuta la notizia, uscita proprio ieri, dell'accordo tra il Gruppo Espresso e Huffington Post per consentire al sito americano (ricco di opinioni, ma privo di notizie) di sbarcare in Italia.

A quanto si dice Carletto De Benedetti avrebbe strappato l'accordo mettendo sul piatto 10 milioni di euro. E un certo disappunto deve averlo provato Dieguito Della Valle (azionista bloccato al 5,4%) quando ha scoperto che quel sito disgraziato di Dagospia è riuscito letteralmente a bruciare la notizia sul nuovo libro di Giulietto Tremonti "Uscita di sicurezza".

Oggi il "Corriere" corre ai ripari pubblicando su un'intera pagina un capitolo del saggio che sarà in edicola il 25 gennaio, e mette in rilievo l'interpretazione della crisi della finanza mondiale tralasciando il cuore politico del libro sul quale Tremonti gioca la sua personale uscita di sicurezza.

Bisogna però aspettare la riunione del 20 febbraio per sapere qualcosa di più sui conti della casa editrice che sta bruciando risorse in Spagna e cerca di liberarsi di Flammarion, l'asset francese sul quale erano state poste grandi speranze.

Tra un mese esatto si conoscerà la sorte di Antonello Perricone, il manager palermitano che dal settembre 2006 comanda la nave della flotta Rcs. A Milano sono in molti a scommettere che di fronte agli scogli del bilancio quest'uomo che Luchino di Montezemolo ha sponsorizzato fin dal 1986 quando sbarcò a Ginevra come direttore della Cinzano, dovrà prendere un taxi per lasciare l'isola un tempo prosperosa della casa editrice.

Nuvole nere si addensano anche sulla testa del notaio dalla cravatta rossa Piergaetano Marchetti, il giurista che presiede il Patto di sindacato. Anche per lui la crociera sembra finita, e il nome che per adesso circola non è quello di Paolino Mieli che è stato messo nel radar di Mario Monti per la Rai, ma di Sergio Romano, l'ex-ambasciatore di non tenera età, che fin dagli anni '70 ha coniugato la diplomazia con la passione per il giornalismo.


4- A GUIDARE FINMECCANICA ARRIVERÀ IN PRIMAVERA IL TANDEM GIANNI DE GENNARO-DON VITO GAMBERALE?
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che ieri sera ai piani alti del quartier generale di Finmeccanica le luci sono rimaste accese fin dopo le 21.

L'ultimo ad uscire dal palazzo di piazza Monte Grappa è stato il presidente e amministratore delegato, Giuseppe Orsi, al quale Dagospia ha rovinato la giornata buttandogli tra i piedi le notizie sulla riluttanza di Corradino Passera e del pallido Vittorio Grilli a sostenerlo nella sua fatica.

È probabile che anche questa sera le luci resteranno accese ancora più tardi perché ha preso a circolare con insistenza la voce che a guidare il Gruppo arriverà in primavera il tandem che prevede la presidenza a Gianni De Gennaro e la carica di amministratore delegato a don Vito Gamberale".

 

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