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BANKITALIA HA TENUTO NASCOSTO L'ISPETTORE ASSUNTO DA ZONIN
Francesco Bonazzi per la Verità
Una precisazione di breve respiro. Chiamata in causa dal procuratore capo di Vicenza, Antonio Cappelleri, e dal presidente della commissione parlamentare d' inchiesta, Pierferdinando Casini, la Banca d' Italia ha negato il fenomeno delle «porte girevoli» tra banche vigilate e vigilanti.
Ha risposto sui tre casi emersi nell' audizione di Cappelleri, negando che vi sia stato alcun conflitto d' interessi solo perché nessuno dei tre dirigenti in questione aveva svolto attività ispettiva alla Vicenza di Gianni Zonin, ma ha taciuto sul ben più imbarazzante caso di Lucio Menestrina, che La Verità è in grado di raccontare, documenti alla mano.
La scorsa settimana, Cappelleri aveva ricordato che gli ispettori di Via Nazionale avevano trovato alla Popolare di Vicenza ben tre ex colleghi. E ha fatto i nomi di Giannandrea Falchi, Mariano Sommella e Luigi D' Amore.
Domenica scorsa, in un' intervista a Repubblica, Casini ci ha messo il carico da 11: «Sta emergendo una rete di anomalie e complicità». E ha spiegato a chi si riferiva: «Sono stati evidenziati dei comportamenti scorretti. Ad esempio, il tentativo costantemente posto in essere dai vigilati di catturare i vigilanti».
Richiesto di entrare nello specifico, ha aggiunto: «Non è certamente un bel vedere il fatto che dirigenti della Banca d' Italia siano passati in corsa ai vertici delle banche oggetto delle indagini».
Forte della riconferma in arrivo per altri sei anni, il governatore Ignazio Visco lunedì ha diffuso un' ampia nota, finita sui maggiori giornali come una sorta di smentita della strana coppia Casini&Cappelleri.
Di Luigi Amore si scrive che ha lavorato per la filiale di Modena di Bankitalia per sei anni (1992-1998), per poi andare in un' altra banca e infine essere assunto solo nel 2006 a Vicenza come capo dell' audit interno. Mariano Sommella ha lavorato in Banca d' Italia tra il 1979 e il 2008 «senza mai diventare dirigente» e senza mai ispezionare la Vicenza, e si è trasferito alla corte di Zonin come segretario generale nel 2008. Giannandrea Falchi dal 1993 al 2007 è stato alla guida delle delegazioni di Bankitalia a Parigi e New York ed è rientrato in Italia per svolgere il ruolo di capo della segreteria particolare del direttorio. Insomma, era un uomo di fiducia di Mario Draghi. A settembre del 2013 ha iniziato un rapporto di consulenza con la Bpvi per i rapporti istituzionali e Visco tiene a farci sapere che la sua decisione è stata sottoposta anche all' esame del comitato etico interno. Insomma, niente «porte girevoli», sostiene Via Nazionale.
E invece ha ragione Casini.
A Vicenza ha lavorato anche un certo Lucio Menestrina, ex ispettore di Via Nazionale, poi assunto da Zonin addirittura come direttore finanziario della Popolare. E tra le banche ispezionate da lui figura anche la Bpvi. Menestrina è un avvocato fiorentino di 53 anni, assunto in Banca d' Italia il primo febbraio del 1991. Dal 2 novembre 1998, si legge nel suo curriculum vitae, ha prestato servizio come ispettore in banche anche di grandi dimensioni e spesso come responsabile del team ispettivo. E sfogliando i faldoni delle vecchie ispezioni a Vicenza, ecco che salta fuori anche lui. Menestrina è uno dei sei controllori che vanno alla Popolare tra il 27 febbraio 2001 e il 5 luglio dello stesso anno e concludono il loro lavoro esprimendo un giudizio complessivo «parzialmente favorevole».
E poi, ecco che lo ritroviamo alla Popolare di Vicenza come direttore finanziario dal primo luglio 2004 al novembre del 2005. Non esattamente una posizione di poco pregio.
protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia 7
Ma che cosa diceva il verbale di quell' ispezione del 2001? Gli ispettori di Bankitalia mettevano in luce alcuni aspetti negativi, come la gestione «verticistica» del sempiterno Zonin, denunciata con coraggio e lucidità dall' avvocato Gianfranco Rigon per quasi 20 anni. Esaminati i verbali dei cda, a pagina 34 gli ispettori scrivono: «Fatta eccezione per l' avvocato Rigon - vice presidente fino al 1999 e in seguito in totale contrapposizione al cavalier Zonin - che interviene con frequenza nel dibattito e che ha votato contro alcune scelte compiute negli ultimi anni, non emerge dalle verbalizzazioni l' esistenza di una reale dialettica all' interno del consesso, caratterizzato altresì da uno scarso ricambio».
Ma è già a pagina 3 del rapporto che si poteva leggere di cosa sarebbe «morta» la banca: «Le modalità di determinazione annuale da parte del Consiglio del prezzo di emissione e di rimborso delle azioni sociali, fissato per l' esercizio 2001 in L. 85.196 (euro 44), non sono ispirate a criteri di oggettività, ma esprimono il risultato di un compromesso di valutazioni dei singoli consiglieri».
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Del resto l' imprenditore Maurizio Dalla Grana, che nel 2014 ha il coraggio di chiedere in assemblea se per caso sono stati accordati prestiti per sottoscrivere gli aumenti di capitale della banca, nel 2003 aveva denunciato pubblicamente che i bilanci della Bpvi erano falsi. Andrebbe fatto ispettore onorario.
Insomma, come si vede anche da questa ispezione del 2001, pur tra tante acrobazie, emerge l' individuazione dei problemi che avrebbero poi portato la banca al collasso.
Ma con Banca d' Italia spesso non si capisce se è un modo di spronare i banchieri di turno a migliorare la gestione, oppure un semplice escamotage per mettersi la coscienza a posto in caso di guai. Di sicuro, l' interrogativo potrà essere posto a Carmelo Barbagallo, il responsabile della vigilanza di Bankitalia che sarà sentito domani in Commissione. Il quale magari ricorderà anche le porte girevoli dell' ex collega Menestrina.
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