DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Rosario Dimito per il Messaggero
Gli affari sono affari e 16 anni dopo l’incidente diplomatico sulla Ferrari quando l’Unicredit guidato da Alessandro Profumo si era assicurato il mandato per il collocamento in Borsa e l’allora ad di Piazzetta Cuccia, Vincenzo Maranghi, con un blitz, fece acquistare da Mediobanca il 35% della Rossa per 840 milioni, si riapre la disputa tra i due istituti su Italo.
Allora come adesso, Unicredit è il primo socio della banca d’affari con l’8,6%. Nel caso di Italo, Unicredit era bookrunner e sponsor della quotazione assieme a Banca Imi, Barclays, Credit Suisse e Goldman Sachs in cabina di regia quando è emerso il piano di Gip assistito da Mediobanca. Il fondo Usa ha offerto 1,9 miliardi per il 100% della principale società ferroviaria privata, due giorni dopo arrotondati a 1,98 miliardi per persuadere tutti i soci a vendere.
Italo ha perciò interrotto l’Ipo riducendo fortemente, quindi, le ricche commissioni predisposte per la quotazione. Unicredit avrebbe così rinunciato a circa cinque milioni, incassandone meno di uno. Di questi tempi magri per le banche che fanno utili anche con le commissioni da negoziazione, il mancato guadagno ha fatalmente lasciato l’amaro in bocca a Jean Pierre Mustier. Il ceo di Unicredit, in colloqui riservati, avrebbe manifestato il suo disappunto nei confronti dell’istituto guidato da Alberto Nagel, rilanciando una versione più soft del diverbio che contrappose Profumo e Cesare Geronzi nel cda di Mediobanca che, ex post venne informato sull’affaire di Maranello.
Allora volarono parole grosse, la collisione fece traboccare il vaso dei rapporti con l’erede di Cuccia fino al suo dimissionamento dell’aprile 2003. Adesso i tempi sono cambiati, le strategie di Unicredit e di Mediobanca sono diverse ed autonome. Entrambe sono sul mercato per fare affari, anche se sul destino di Italo ognuna ha tirato l’acqua al proprio mulino.
Va detto che Italo era un boccone ambito grazie al valore creato dalla gestione di Flavio Cattaneo: prima di Gip, si erano fatti avanti Morgan Stanley Infrastructure e Pai, ma le loro offerte erano meno allettanti.
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