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    BUTTAFUOCO: “LA VERA ITALIA È RAIUNO: CHI LA CONTROLLA STRINGE IN PUGNO LE TRIPPE DEGLI ITALIANI. IL “MACELLAIO” SI CHIAMA LUCIO PRESTA”


     
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    Pietrangelo Buttafuoco per "Il Foglio"

    Due sono le scrivanie fondamentali nella Roma che conta: quella di Palmiro Togliatti che se l'aggiudica chi vuole fare bene il ministro della Giustizia e quella di Agostino Saccà che, a Viale Mazzini, se la prende chi vuole fare la televisione al meglio.

    Pietrangelo ButtafuocoPietrangelo Buttafuoco

    E Tinni Andreatta, manager messa a capo della fiction di Rai1, ha fatto sgomberare tutta la mobilia dal suo ufficio e ha preso per sé quel tavolo grazie al quale, ai tempi - neppure troppo tempo fa, Saccà regnante - la prima rete della televisione di stato tornò all'onor del mondo facendo del racconto popolare il segno profondo, il flusso, nonché l'industria vera e propria della messa in scena.

    Come la "Bibbia", realizzata dalla Rai, venduta in tutto il mondo. Ed è tutto di guadagnato ancora oggi se ancora ieri, ovunque, altra fabula non c'era che "La Grande Famiglia", un marchingegno di racconto inesorabile quanto un'ipnosi. E' un messaggio che parte da punto e va a massa quello di Rai1. Non è un caso che in quelle stanze siano state create cose che oggi sono classici ma - purtroppo - è tutta acqua andata via quella del canale il cui tasto nel telecomando è uno. Il suo giornale, il Tg1, è ormai un cartiglio maculato di camomilla.

    Non si scosta dallo schema antico, certo: prima viene il Quirinale, poi palazzo Chigi, quindi il Papa e tutto quel che resta di sport e di cronaca se c'è spazio arriva perché - infine - pur nella pax montiana dell'attuale assetto la lottizzazione preme vieppiù e senza mai più la croccante speditezza di un Marcello Sorgi, senza più i grandi numeri di un Carlo Rossella (trentotto per cento di ascolti) e manco più le ruvidezze di Gad Lerner, niente: cosa da rimpiangere perfino Gianni Riotta. La questione è tutta nella massa e nel punto.

    La vera "Radio Belva", per dire, è l'"Arena". Non c'era bisogno di farla su Rete4 perché Massimo Giletti è già Giuseppe Cruciani e Klaus Davi è un più che perfetto David Parenzo. Dormiva per terra sotto casa di Giulio Andreotti, Giletti, faceva degli scoop epocali e adesso, su Rai1, ogni domenica ammaestra tutto il parco zoo postprandiale della rete ammiraglia, vera e solida casa degli italiani dove - appunto - si urla, si sragiona, ci si gratta e ci si addormenta. Come durante un pediluvio.

    PIETRANGELO BUTTAFUOCOPIETRANGELO BUTTAFUOCO PIETRALGELO BUTTAFUOCOPIETRALGELO BUTTAFUOCO

    La massa non trova il punto e non c'è confronto col passato: e non tanto con le calze cucite su misura delle gemelle Kessler, quanto coi grandi romanzi tipo "C'era un ragazzo", lo spettacolo di Michele Serra attraverso cui Gianni Morandi, raccontando se stesso, raccontava l'Italia; oppure Stasera pago io, lo show di Rosario Fiorello, fatto da scrittori e non da scalettatori (e, sia detto senza esagerazione, nel versante del comico, quello di Fiorello resterà nelle teche Rai al pari di quel perfetto "Fratelli Karamazov", lo sceneggiato degli sceneggiati, con quel Salvo Randone - nel versante del tragico - capace d'incollare davanti allo schermo l'italiano medio, mediamente acculturato, mediamente motivato e però capace di bere come fosse vermouth un monologo di diciannove minuti sull'esistenza di Dio).

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    La vera Italia è Rai1. E' come la seconda pelle della nazione. Chi controlla Rai1 stringe in pugno le trippe degli italiani, un marziano che voglia studiare l'Italia deve riguardarsi Pippo Baudo ma oggi, la lingua della televisione è costretta nel sottolingua: sono i produttori esterni a farla, non più i funzionari dell'immaginario Rai e così come La7 - grosso modo - è il risultato della weltanschauung di Beppe Caschetto, Rai1 che per un poco è di Endemol, nell'essenza estetica è tutta di Lucio Presta che a colpi di Roberto Benigni, Mara Venier e la moglie, la signora Paola Perego, dispone di spazi di manovra impensabili per lo stesso direttore, Giancarlo Leone, che - malgrado gli urti in corso con il dg Luigi Gubitosi - non può sperimentare alcunché neppure nella seconda fascia di serata dove Bruno Vespa, al pari di quei soprastanti di feudi remoti ma remunerativi, spara a vista contro chiunque osi avvicinarsi ai suoi spazi, sempre grato com'è - come sempre sarà - all'operazione dei "dalemoni", quando Claudio Velardi, per tramite di giusto consiglio, assicurò quattro inamovibili serate al talkshow. Manco fosse la scrivania di Togliatti. O, meglio, quella di Agostino Saccà.

    Giancarlo Leone e la moglie DiamaraGiancarlo Leone e la moglie Diamara

     

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