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    IL CAIMANO ROSSO (MA, PER ORA, SENZA ‘GNOCCA’) – BUTTAFUOCO: ‘RENZI? SARÀ PEGGIO DEL CAV PERCHÉ ENTRA COL CAVALLO DI TROIA DELLA SINISTRA E NESSUNO POTRÀ MAI TOGLIERCELO DALLE SCATOLE’


     
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    1. LA REPUBBLICA DI MATTEO, SOSTENIBILE E DIVERTENTE
    Giuliano Ferrara per "Il Foglio"

    Matteo RenziMatteo Renzi

    Politics is fun, dicono gli americani, che sono ingenui ma non stupidi e hanno, loro sì, la Costituzione più bella e più antica del mondo. Le acrobazie e galanterie e bizzarrie della Repubblica di Silvio sono un unicum, ma la Repubblica di Matteo, va detto approfittando dello stato di grazia, appena prima delle tremende delusioni che probabilmente ci attendono, si annuncia sostenibile e divertente, nonostante la crisi della vita pubblica e il dramma sociale e privato indotto dalla stagnazione e regressione di economia, produttività, competitività, consumi, imprenditoria e lavoro.

    Un leader del maggior partito di sinistra, maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato, che dice polemico con la Cgil: per combattere la povertà bisogna creare la ricchezza; o che invece di cannoneggiare su Berlusconi alla solita stucchevole e maramalda maniera aggiunge: non ho tempo da perdere con Quagliariello, bè, uno così promette bene quel che in genere il potere non mantiene. Gaudeamus igitur.

    Credere non necesse, semplificare è invece necessario. Non ha neanche quarant'anni, atteggiamenti da bullo in vesti da politico professionale e carismatico, tra i pochi che si sono fatti da sé, lui strappando quel buco sofisticato e immortale di Firenze alle grinfie dei soliti noti, ha trionfato e minaccia di usare il potere che dal trionfo gli deriva per scardinare il sistema, il quale sistema è un concentrato ormai di immobilismo e noia, e non ha strumenti per proteggerci dalle tempeste d'acciaio dell'Europa germanizzata, che è la sua sola fonte di legittimazione alla faccia della sovranità popolare italiana: e vogliamo fare gli schizzinosi?

    Matteo RenziMatteo Renzi

    Nella Repubblica di Matteo, di là da venire, forse un paese immaginario di cui c'è poco succo a parlare, eppure anche imminente e concreta, realistica, c'è spazio per un giudizio equanime sui fallimenti e sulle grazie di noi sessantenni e settantenni e più, non è la casa della vendetta ma il luogo simbolico e politico della vera pacificazione, con il salto di generazione alla guida della carretta patria: e vogliamo fare gli schizzinosi?

    Il suo programma di necessità e urgenza è di muovere le cose di politica e società, non ha l'autorevolezza e l'appeal un po' spento della tecnocrazia e della politocrazia, ma ha l'autenticità spiccia e innocente, fiorentina in spirito, di un candidato Principe nuovo che si fa largo in una terra lacerata e immusonita da una lunga serie di fallimenti la cui responsabilità deve essere equamente ripartita tra classi, burocrazie, professioni (massime la mediatica) e politicantismo da quattro soldi.

    Si può aspirare a una eroica morte berlusconiana, come qui si aspira, con l'unico conforto di un erede che disprezza i ministeriali e i saggi, ci riprova a dare un elemento di libertà e responsabilità a un paese schiavo e irresponsabile, e affetta altrettanta noncuranza (per adesso) e voglia di strafare quale quella conosciuta nell'epoca d'oro del Cav.

    Matteo RenziMatteo Renzi

    Gli oppongono sofisticazioni: dovrebbe fare squadra, formulario che mal dissimula il consociativismo concertativo, ressembler, tenere unito il cucuzzaro, custodire valori del dna del Pd, baciare il red carpet di una storia lasciata marcire dai suoi protagonisti spesso vili e ribaldi, e alle sofisticazioni più grossolane aggiungono gli impossibilia a cui nemo tenetur, e la legge elettorale, e il semestre europeo, e l'asse Letta-Napolitano e altre balle del genere.

    Matteo deve fare invece la sua Repubblica con materiali integralmente nuovi, piuttosto che dal marmo "male abbozatum et sculptum", e "non lasciare cosa niuna intatta". E' il segreto più segreto del segretario Fiorentino, raccontato da Sofri nel più saporito e ambizioso e divertente Baedeker machiavelliano da molto tempo in qua (Sellerio).


    2. PIACE A TUTTI, PER QUESTO A ME NO
    Pietrangelo Buttafuoco per "Il Foglio"

    Piace a tutti e non mi piace. La pensa come la pensano gli altri. Ha l'acqua che gli va per l'orto e raschia nel fondo del barile tutto il basso della medietà pop e lo porta in alto fino a farne materia gassosa e piritolla. E' l'eroe del tempo e la sua estetica è a livello dei Babbo Natale rampicanti, quelli che stanno appesi sui balconi con l'idea di essere più lirici dei Nani da giardino.

    PIETRANGELO BUTTAFUOCO GIULIANO FERRARAPIETRANGELO BUTTAFUOCO GIULIANO FERRARA

    E' lesto di lingua, non sa niente, non fa e non sbaglia ma ha già vinto. Fischia come il vento dalle finestre ormai, tutto parla di lui e non ho scampo perché uno come me - già di mio cittadino coatto di codesta Repubblica - come dovrà sbrogliarsela nell'Italia a immagine e somiglianza di Matteo Renzi? Non mi piace, anche se piace tutti, non per tigna ma perché lo sa che sarà peggio di Silvio Berlusconi il quale, al netto della mobilia, quantomeno una sua cecità situazionista ce l'aveva... per non dire della sorcheria, tutta sana, dell'italiano innamorato delle donne (dotate di corpo, ebbene sì).

    PIETRANGELO BUTTAFUOCO GIULIANO FERRARA MARIO SECHIPIETRANGELO BUTTAFUOCO GIULIANO FERRARA MARIO SECHI

    Non ho necessità di sperimentarlo Renzi per dire che risulterà, al più, come un Ignazio Marino a Roma o come il Pappagone Crocetta in Sicilia. E' il vuoto, lo è stato anche Berlusconi, certo, ma Renzi è ancora più vuoto e più pericoloso perché entra col cavallo di Troia della sinistra e nessuno perciò potrà mai togliercelo dalle scatole. Neppure la magistratura e figurarsi se mai gli faranno guerra i giornali dove, da ieri, è già tutta una gara a farsi accreditare appo lui, iddu, isso che è un malamente di furbizia et ignorantia.

    Piace a tutti, Renzi, perché è in sintonia con la gente e, soprattutto, con i conformisti bisognosi sempre di atteggiarsi a scienziati della vittoria prêt-à-porter. Piace a tutti, il sindaco d'Italia, perché è la replica di una destra orrenda. Quella dei tinelli. Dove stanno accomodati i patete, 'e matete, 'e fratete, 'e sorete e nessuno più, da nessun salotto de sinistra, potrà urlare loro jatevvenne, jatevenne tutte 'e quanti! Per questo non mi piace.


    3. LA VITTORIA DI RENZI COME NEMESI CERCATA (E LIBERAZIONE) PER LO SCHIZZINOSO
    Marianna Rizzini per "Il Foglio"

    MICHELE SERRAMICHELE SERRA

    Ieri era il giorno della vittoria per Matteo Renzi, ma anche quello della Nemesi (cercata) per lo schizzinoso, colui che diceva "no, Renzi no, non ce la posso fare" soltanto un anno fa, e che ora, dopo aver votato Renzi come spinto dal lato oscuro della forza e dalla necessità, si aggira per strada un po' estraneo a se stesso, vagamente frastornato ma vagamente alleggerito, e comunque, con sua sorpresa, per nulla in preda all'horror vacui: prima sapeva che cosa non sarebbe mai successo, ora non sa che cosa potrebbe succedere (per giunta sul palco c'è uno che dice "sono il vostro capitano", frase prima degna delle migliori risate nei salotti radical-chic).

    Ma gli va bene così, anzi gli va meglio questo di qualsiasi altra cosa. E' la rivoluzione psicologica dello schizzinoso, uno che nei momenti di disamore per gli ex Pci-Pds-Ds (poi Pd) magari aveva votato altro, anche se non i Cinque stelle (Sel? Pannella? I rassemblement con obiettivo limitato?) pur di non farsi complice della cosiddetta "deriva" (deriva riformista? deriva democristiana? deriva pop? deriva trash?).

    Lo schizzinoso, già riluttante a dirsi "centrosinistra" (centro prima di sinistra: perché mai?, era il concetto), è colui che prima sceglieva come nume tutelare, per tic identitario, il dirigente pd (se non il candidato) più in linea con la propria schizzinosità: più colto, più vetero (fascino fané?), più ironico (Renzi fa battute, ma lo schizzinoso non ride alle battute di Renzi), più cinico (ma adorato per superiore presunta intelligenza). Lo schizzinoso aveva orrore delle lezioni videopolitiche di Walter Veltroni, figurarsi se gli potevano piacere le Leopolde di Matteo Renzi.

    MICHELE SERRAMICHELE SERRA

    E infatti le sfotteva, e per snobismo, noia, pigrizia, senso di superiorità, diffidenza verso il "ragazzetto" di Firenze, persino casuale lungimiranza (neanche Pier Luigi Bersani gli andava bene: troppo rustico), lo schizzinoso magari neanche votava, alle primarie dell'anno precedente, convinto peraltro di avere qualcosa di meglio da fare. Ma stavolta ci è andato (in massa), e a votare Renzi.

    Senza capricci, senza dire "bah", senza dirlo agli amici, senza festeggiare con champagne. Ed è proprio lui, lo schizzinoso, la formichina dell'esercito silenzioso che ha eletto Matteo Renzi, nel frattempo rottamando una parte di sé. E il giorno dopo è proprio lui, lo schizzinoso, il renziano-non-renziano, il più sollevato per averlo fatto.


    4. SÌ, È LA SPERANZA DI VEDERLI SPARIRE
    Mariarosa Mancuso per "Il Foglio"

    Non è la politica, che non ci appassiona. Non è la squadra annunciata a gran velocità, con la superquota rosa di sette donne contro cinque uomini: le rivendicazioni femministe ci scaldano anche meno della politica. E' la speranza di veder sparire i Bersani, le Rosi Bindi, i D'Alema, le Camusso, e con loro le buone cose di pessimo gusto che finora hanno imperato, e che meriterebbero un redivivo Guido Gozzano.

    Rottamare è una brutta parola, sarà. Ma stupisce che a dolersene sia la generazione del "vogliamo tutto", attaccabrighe al suo interno eppure granitica nel conservare i privilegi e lo statuto da maître à penser. Dopo di loro, il diluvio, il mutamento antropologico, la catastrofe, l'ignoranza, il voto dato per interesse. E perché altro, di grazia? Per far bella figura nei sondaggi?

    WALTER VELTRONI E MASSIMO DALEMA jpegWALTER VELTRONI E MASSIMO DALEMA jpeg

    E' la speranza di veder sparire, o almeno cadere in disgrazia, l'accrocco di neoconservatorismo e di banalità tragicamente descritto (a sua insaputa, ché l'intenzione è tesserne le lodi) da Michele Serra nel suo libro "Gli sdraiati". Un manifesto per i quasi sessantenni che vanno a vendemmiare un giorno nelle Langhe e si stupiscono perché i figli preferiscono le serie tv alla scarpinata in montagna.

    Padri che esultano perché il figlio ha preso sette a scuola. Sette e non più di sette, essendo il voto otto da secchione. Senza mai essere sfiorati dal pensiero che il figlio in questione, se fosse incitato a prendersi un bel dieci perché la vita è dura e i buoni voti servono, starebbe un po' meno sdraiato sul divano, e forse raccatterebbe da terra anche i calzini lerci.

     

     

    MASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegMASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpeg
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