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    BUTTIAMO UN OCCHIO AI "FIVE EYES" - GLI STATI UNITI STANNO ALLARGANDO L'ALLEANZA PER LA CONDIVISIONE DI INFORMAZIONI DI INTELLIGENCE CHE HANNO CON CANADA, REGNO UNITO, AUSTRALIA E NUOVA ZELANDA: L'ITALIA SPERA DI SEDERSI AL TAVOLO E SAREBBE UN COLPACCIO SOPRATTUTTO SE LA FRANCIA DOVESSE ESSERE LASCIATA FUORI (ALTRA PORTA IN FACCIA DOPO I SOTTOMARINI) - LA PARTNERSHIP TRA 007 LAVORA IN FUNZIONE ANTI CINESE: FARNE PARTE DAREBBE PRESTIGIO, ANCHE SE POTREBBE CREARE CASINI E MALUMORI NELL'UE...


     
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    Stefano Graziosi per "La Verità"

     

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    Le tensioni diplomatiche esplose sulla scia dell'Aukus potrebbero avere un significato molto più ampio dell'ormai nota diatriba sui sottomarini. È infatti possibile che Washington stia puntando a ridisegnare profondamente gli equilibri in essere con i propri alleati, in vista di un confronto più serrato con la Cina nell'Indo-Pacifico.

     

    Non è quindi forse un caso che il nuovo patto di sicurezza tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia sia stato annunciato circa due settimane dopo un evento tutt'altro che insignificante.

     

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    Era l'inizio di settembre, quando la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha reso noto di aver approntato una proposta che potrebbe portare a un ampliamento dei Five eyes: la partnership per la condivisione di informazioni di intelligence tra America, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda.

     

    Nel dettaglio, la sottocommissione per l'intelligence e le operazioni speciali della Camera ha chiesto al Director of national intelligence e al capo del Pentagono un rapporto sullo stato della suddetta partnership entro maggio 2022, non escludendo inoltre l'eventualità di un suo allargamento a India, Corea del Sud, Giappone e Germania.

     

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    A livello generale, è chiaro che una simile novità avrebbe un significato principalmente anticinese: Nuova Delhi, Tokyo e Seul intrattengono notoriamente rapporti problematici con Pechino. Senza poi trascurare che Giappone e India fanno già parte del Quad: un quartetto di Paesi che - includendo anche Stati Uniti e Australia - punta ad arginare l'influenza del Dragone nel Mar cinese meridionale.

     

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    Tra l'altro, l'eventuale inserimento di Tokyo e Nuova Delhi potrebbe sopire eventuali malumori per la loro esclusione dall'Aukus: malumori che, guarda caso, Pechino ha cercato nei giorni scorsi di alimentare. È semmai la Germania che, a prima vista, sembrerebbe stonare in questo elenco.

     

    Eppure, a ben vedere, è forse possibile ritenere che, includendo Berlino, gli americani vogliano raggiungere due obiettivi correlati: estendere la partnership all'interno dell'Unione europea, ostacolando conseguentemente il forte processo di avvicinamento dei tedeschi al Dragone (un processo di avvicinamento dettato prevalentemente da ragioni di natura commerciale).

     

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    Eppure c'è una domanda che non può essere elusa. È possibile che la bozza statunitense arrivi a contemplare anche ulteriori Paesi europei? E, se sì, quali potrebbero essere? Negli scorsi giorni, alcuni componenti del Copasir hanno manifestato l'auspicio che Roma possa essere inclusa nella partnership.

     

    Non si può quindi escludere che Mario Draghi punti a un obiettivo di questo genere: un modo anche per vedere riconosciuta, da parte di Joe Biden, la sua netta scelta di campo atlantista. Senza poi contare che gli americani potrebbero puntare a riequilibrare le sbandate filo-cinesi del precedente governo giallorosso, riducendo inoltre i potenziali rischi provenienti dal memorandum d'intesa sulla Nuova via della seta.

     

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    Come che sia, quel che è certo è che un eventuale ingresso dell'Italia nei Five Eyes costituirebbe un'ottima notizia per Roma. Soprattutto qualora Parigi dovesse risultarne esclusa. La Francia - come il nostro Paese - non figura nell'attuale bozza della Camera degli Stati Uniti. Tuttavia a pesare negativamente su un ipotizzabile coinvolgimento dell'Esagono risultano proprio gli eventi degli ultimi giorni.

     

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    Nonostante i tentativi di gettare acqua sul fuoco da parte americana, è abbastanza inverosimile ritenere che Washington non si attendesse realmente una furibonda reazione dei francesi all'affaire dei sottomarini. Così come è altrettanto improbabile che Emmanuel Macron sia, come si suole dire, caduto dal pero.

     

    C'è infatti chi sospetta che la sua sfuriata sia in realtà da intendersi come un bluff, per spingere Bruxelles ad accettare i suoi ambiziosi progetti di difesa europea (ieri sera, tra l'altro, si è tenuto un incontro tra i ministri degli Esteri Ue, per discutere proprio della questione dei sottomarini).

     

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    Tutto questo evidenzia quindi che, con ogni probabilità, la Casa Bianca ha intenzione di tagliare completamente fuori Parigi dalla propria strategia indo-pacifica. Attenzione però: perché un eventuale allargamento dei Five Eyes ad alcuni Paesi europei potrebbe andare incontro a un ostacolo preciso.

     

    Nel suo ultimo discorso sullo stato dell'Unione, il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha infatti invocato una maggiore cooperazione tra gli Stati membri in materia di intelligence: una cooperazione da lei definita «fondamentale».

     

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    Ora, non è esattamente chiaro se la creazione di un'intelligence europea possa in caso armonizzarsi con un'estensione dei Five Eyes ad alcuni Paesi dell'Ue. Senza poi contare che un'eventuale selettività americana potrebbe alimentare tensioni, rivalità e gelosie in seno alla stessa Ue.

     

    Uno scenario che a Washington non possono non attendersi. Ma probabilmente gli americani non apprezzano le posizioni troppo aleatorie di Bruxelles sull'Indo-Pacifico: posizioni ribadite, appena la settimana scorsa, nella strategia europea dedicata alla regione.

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