Michele Farina per www.corriere.it
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I mattoncini rossi, i campi curati, i laghetti, i quasi 500 anni di storia, gli insegnanti selezionatissimi, l’atmosfera egalitaria, la retta che vola dai seimila ai ventimila euro all’anno. E poi il bullismo. Abusi sessuali, botte, studenti appena arrivati costretti a bere l’urina dei più anziani.
Nonnismo da caserme di una volta, pesante e non si sa bene quanto inaspettato per le famiglie ricche e nobili che vi mandano in collegio i rampolli destinati ai piani più alti della società: Herlufsholm, 80 chilometri a sud di Copenaghen, è la scuola più esclusiva di Danimarca.
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E lo scandalo che l’ha travolta macchia la pagella di uno dei Paesi più quotati nel campo dell’istruzione (metà dei suo ragazzi si laureano), dove il dogma dell’anti-gerarchia è un principio molto sentito a ogni livello, compreso quello delle scuole riservate alla créme della créme. Eppure, da quando fu fondato tra le mura di un antico monastero nel lontano 1565 il super istituto che prepara gli studenti all’università (e dove anche la famiglia reale manda i suoi ragazzi) non ha vissuto anno peggiore di questo.
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La mamma principessa che combatte i violenti
Che abbia un problema di immagine è dire poco: il principe Frederick, futuro re di Danimarca, e la moglie principessa Maria, dopo aver ritirato dal collegio il primogenito Cristiano a giugno, hanno annunciato che per il prossimo autunno la secondogenita Isabella non verrà iscritta a Herlufsholm. In un comunicato, i reali hanno espresso il loro sconcerto. Che paradosso: la principessa Maria dirige una fondazione che ha l’obiettivo di combattere il bullismo e favorire il benessere dei ragazzi.
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Imperdonabile
Lo scandalo era scoppiato a maggio, con un’inchiesta di TV2: filmati di abusi tra studenti, bulli e vittime, il branco e i singoli. Gli studenti intervistati hanno raccontato di un «sistema esclusivo e oppressivo», come minimo tollerato dalle autorità scolastiche. Un caso nazionale. Una storia «imperdonabile», l’ha definita la premier Mette Frederiksen. I licenziamenti e le dimissioni in tronco del preside e del Consiglio di amministrazione non hanno chiuso la questione.
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Il ministero dell’Istruzione, che dopo aver saputo dell’inchiesta giornalistica nel 2021 aveva avviato un’indagine interna, chiede che il collegio rimborsi le rette alle famiglie, e che lo Stato tagli i finanziamenti pubblici all’istituto. Misure che vedono in disaccordo il nuovo direttore: a un giornale danese Tim Petersen ha detto che il problema non era generalizzato ma legato a «una subcultura circoscritta ad alcuni studenti».
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Le famiglie
Ecco, la narrativa delle mele marce. Ma fin dove affondano le responsabilità? Solo nella scuola o anche nelle famiglie? Interessante è notare quanto ha detto al New York Times Peter Allerup, professore emerito all’Istituto danese di Pedagogia. «In Danimarca non amiamo la gerarchia.
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L’idea di una società orizzontale è il mantra nazionale. Ma chi sta in alto, nei circoli delle élite, non ha la minima simpatia per le strutture non gerarchiche». Come dire: una certa durezza militaresca è tollerata. Il nonnismo di Herlufsholm tempra il carattere? Bere la pipì dei compagni «anziani» fa parte del curriculum non scritto dei futuri re e dirigenti?
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