Massimiliano Gallo per ilnapolista.it
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C’è un uomo solo al disastro, il suo nome è Aurelio De Laurentiis. Prendiamo in prestito la frase più importante del giornalismo sportivo italiano e ci scusiamo con gli eredi di Fausto Coppi. Ma oggi domenica 12 novembre, il presidente del Napoli – seduto in tribuna preoccupantemente al fianco dei fratelli Cannavaro – raccoglie i frutti degli ultimi sei mesi di presidenza. In cui fondamentalmente ha rinnegato i principi base della sua ultradecennale gestione illuminata. Mai ispirata da canonici criteri aziendali ma comunque basata su una sia pur minima ripartizione di compiti e responsabilità. E da una ferma distanza dalla città.
La sconfitta interna con l’Empoli penultimo in classifica dovrebbe a questo punto spingere anche i più riottosi a comprendere che c’è un responsabile del disastro, l’uomo che a Napoli hanno odiato per oltre dieci anni (quando era un grandissimo presidente) e ora osannano perché lo sentono affine a loro. Finalmente napoletano.
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Senza soffermarci di nuovo su principi che ripetiamo da tempo, dal momento della sua fotografia con gli ultras (foto che ha sancito l’inizio della ahilui napoletanizzazione di De Laurentiis), via via il Napoli è arretrato nel familismo più spinto, ispirato dalla politica di un uomo solo al comando. Adl appunto. Che ha assunto via via più ruoli: direttore sportivo, motivatore, suggeritore in conferenza stampa e finanche allenatore. Corrado Guzzanti lo definirebbe De Laurentiis transformer.
Mesi di monarchia De Laurentiis hanno prodotto una squadra che a novembre ancora non si capisce che cosa sia. E non è questione di nostalgia di Spalletti. Basterebbe sapere dove si stia andando. Con un allenatore (Garcia) pubblicamente delegittimato e commissariato in maniera che possiamo considerare ai limiti dell’offensivo. Certamente entro i parametri del mortificante (sia pure con 3,2 milioni netti di stipendio, ricordiamolo). Con i calciatori più importanti – Osimhen e Kvaratskhelia – con situazioni contrattuali precarie. Quarto in campionato, a sette punti dalla vetta (ora c’è la Juventus) che stasera potrebbero diventare otto e con la prospettiva poco allettante di giocarsi la qualificazione in Champions all’ultima partita contro i portoghesi del Braga.
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Non sappiamo cosa sia accaduto a De Laurentiis. La nostra tesi è che la vittoria dello scudetto e la successiva ribalta mediatica gli abbiano fatto perdere la lucidità e il pragmatismo che lo hanno sempre contraddistinto. Avrebbe potuto reagire in altro modo agli addii (per lui molto dolorosi, equiparabili a due tradimenti) di Spalletti e Giuntoli. Come peraltro aveva fatto in passato quando era stato “abbandonato” da Mazzarri e Sarri. Invece ha voluto lanciare la scommessa: vi dimostrerò che lo scudetto è stato tutto e solo merito mio. Una scommessa che al momento sta naufragando.
Di Napoli-Empoli c’è poco da dire. Il Napoli ha perso all’ultimo minuto, pochi istanti prima Kvara ha avuto il pallone buono per il vantaggio ma ha sbagliato.
Garcia ha dato vita a una sorta di rivoluzione. Cambio modulo, fuori Zielinski e Kvaratskhelia; Simeone in campo con Raspadori, Elmas esterno e Ostigard al posto del neoacquisto Natan l’uomo che avrebbe dovuto rimpiazzare Kim. In camposi è vista solo molta confusione.. Non sappiamo dire se il Napoli abbia mai messo in fila quattro passaggi riusciti di fila. Ha sfiorato il gol in un paio di occasioni, è sempre stato bravo il portiere Berisha. Ma l’Empoli non è stato a guardare. Ovviamente i toscani sono molto più scarso, penultimi in classifica e hanno segnato prima di oggi appena quattro gol, però sono notevolmente più organizzati.
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Dopo 53 minuti di nulla, Garcia è tornato sui suoi passi: ha tolto Simeone ed Elmas e ha messo in campo Kvaratskhelia e Zielinski. A dire il vero non è cambiato granché. C’è stato un tiro in porta di Lindstrom, prima di quello di Kvara. Si respirava una strana atmosfera allo stadio,il gol dell’Empoli era nell’aria. Come sono lontane le passeggiate presidenziali estive a petto in fuori tra gli osanna della folla. Folla che comunque anche oggi non lo ha contestato. Né il pubblico né gli ultras. Il nemico oggi è Rudi Garcia probabilmente all’ultima apparizione sulla panchina del Napoli.
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