Estratto dell’articolo di Fulvio Fiano per www.corriere.it
MARIO MENEGUZZI - ZIO DI EMANUELA ORLANDI
Dalle carte consegnate poche settimane fa dal promotore di giustizia Vaticana, Alessandro Diddi, alla procura di Roma emerge uno scambio di lettere potenzialmente dirompente nell’inchiesta lunga 40 anni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Una pista che ha già parziali riscontri per essere stata in parte già seguita e poi inspiegabilmente abbandonata tra le tante di questi anni e che ricondurrebbe all’interno della famiglia della ragazza la sua misteriosa scomparsa. La possibile svolta è stata anticipata dal Tg La7 nell'edizione delle 20 del 10 luglio.
Il carteggio risale al settembre 1983, quando della 16enne figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia e cittadina vaticana non si hanno notizie ormai da tre mesi. Nella massima riservatezza l’allora segretario di Stato Agostino Casaroli scrive un messaggio per posta diplomatica a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Giovanni Paolo II. Il destinatario della lettera viene interpellato su una circostanza specifica e potenzialmente legata al caso, della quale è a conoscenza in quanto per lungo tempo il prelato è stato consigliere spirituale e confessore della famiglia Orlandi.
NATALINA ORLANDI
Casaroli vuole avere da lui conferma del fatto che la sorella maggiore di Emanuela, Natalina, gli abbia mai rivelato di essere stata molestata sessualmente dal loro zio, oggi defunto, Mario Meneguzzi. L’uomo è il marito di Lucia Orlandi, sorella del padre di Emanuela e Casaroli a stretto giro di posta diplomatica riceva la conferma di questo episodio, sul quale era stato sollecitato da ambienti investigativi romani:
«Sì, è vero — è la replica scritta che arriva da Bogotà — , Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima».
IDENTIKIT DELL UOMO CHE FU VISTO PARLARE CON EMANUELA LA SERA DEL SUO RAPIMENTO
[…] Di Mario Meneguzzi — come ricostruisce il servizio de La7 —, oltre al lavoro alla Camera era nota la vicinanza con ambienti del Sisde, tanto che su suo consiglio il cognato Ercole Orlandi si affidò all’avvocato Gennaro Egidio con la garanzia che alla parcella del legale ci avrebbe pensato il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica.
Fu proprio Menguzzi a rispondere ad alcune delle telefonate anonime che davano informazioni più o meno credibili e verificabili su Emanuela («Mario» era anche il nome di uno dei telefonisti) per poi «sottrarsi» a un pedinamento della Squadra Mobile sulla strada verso Santa Marinella del quale venne, non si sa come, a conoscenza.
Per ora si parla solo di sospetti, ma altri elementi sono stati già raccolti sullo zio di Emanuela. Ad esempio è compatibile col suo volto l’identikit tracciato dal vigile e dal poliziotto che riferirono di aver visto, la sera della scomparsa, un uomo a colloquio con la 16enne appena uscita dalla scuola di musica vicino al Senato, dove lei si esercitava col flauto. […]
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