Giorgio Meletti per il “Fatto Quotidiano”
MATTARELLA
La Banca d' Italia non è più quella di un tempo ma Sergio Mattarella fa finta di non saperlo. Gli scandali bancari denunciano l' inefficacia degli ispettori di via Nazionale ma il presidente della Repubblica continua a benedire "la preziosa e fondamentale azione di vigilanza" di quella che considera un' architrave della saldezza istituzionale.
C' è di mezzo un dato generazionale. Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che ha 40 anni secchi meno di Mattarella, non riconosce la sacralità di palazzo Koch. Addirittura irride il dogma dell' infallibilità del Governatore. Messa in difficoltà dal ruolo di suo padre nel disastro di Banca Etruria - Pier Luigi Boschi ne è stato vice presidente fino al commissariamento di febbraio 2015 - la giovane ministra ha ruggito di rabbia notando che i veri fuochisti del suo imbarazzo hanno l' ufficio in via Nazionale, da cui ogni giorno vengono diramate veline sulle responsabilità bancarie del papà.
FAZIO E IGNAZIO VISCO
Per questo ha detto al Corriere della Sera che non prende lezioni dalle "stesse persone che un anno fa suggerivano a Banca Etruria un' operazione di aggregazione con la Banca Popolare di Vicenza". Cioè dal governatore Ignazio Visco e dal capo della vigilanza Carmelo Barbagallo.
1979: I CARABINIERI A PALAZZO KOCH
La ministra li sfotte perché non ha lo stesso riflesso condizionato di Mattarella. L' istinto di fare da scudo umano alla Banca d' Italia affonda le radici in uno dei giorni più neri della storia repubblicana, il 24 marzo 1979, due anni prima che la Boschi nascesse.
Quella mattina i carabinieri entrarono a palazzo Koch a arrestarono il vice direttore generale, nonché capo della vigilanza, Mario Sarcinelli.
PAOLO BAFFI
Al governatore Paolo Baffi furono risparmiate le manette per l' età avanzata, ma la comunicazione giudiziaria, come si chiamava allora, lo costrinse alle dimissioni. Fu subito chiaro che l' aggressione giudiziaria, firmata dal pm Luciano Infelisi e dal giudice istruttore Antonio Alibrandi, era ispirata dalla loggia massonica P2 e avallata dal presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Sarcinelli pochi mesi prima aveva mandato un' ispezione al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi (che salterà due anni dopo).
Si opponeva al salvataggio della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, il cui liquidatore Giorgio Ambrosoli venne ucciso quattro mesi dopo.
Paolo Baffi e Bruno Visentin
Erano tempi bui che i nostalgici della Prima Repubblica non amano ricordare.
Esattamente un anno prima la Brigate Rosse avevano rapito Aldo Moro uccidendo cinque uomini della scorta in via Fani, e due mesi prima avevano giustiziato a Genova l' operaio comunista Guido Rossa. Il Pci di Enrico Berlinguer sosteneva in nome della solidarietà nazionale il governo Andreotti mentre pezzi interi dello Stato e della stessa magistratura erano in mano alla P2 .
ciampi carloazeglio 001
A corredo dell' arresto insensato, Alibrandi affibbiò a Sarcinelli l' interdizione dai pubblici uffici, quindi la cacciata da Bankitalia. Durante ore drammatiche, a palazzo Chigi vennero a sapere che il direttore generale Carlo Azeglio Ciampi era pronto a dimettersi insieme a Baffi se Sarcinelli non fosse rimasto al suo posto. Con le spalle al muro, Andreotti telefonò al giudice Alibrandi per ordinargli di revocare l' interdizione di Sarcinelli. Il magistrato eseguì.
Oggi la leggenda di Bankitalia bastione di laicità e legalità che resiste agli attacchi di P2 e Dc è solo un caro ricordo. Via Nazionale ha perso potere, prestigio, orgoglio.
Con l' euro non è più istituto di emissione. Non governa più, attraverso massa monetaria e costo del denaro, l' economia. Il leggendario ufficio studi, che distillava cultura economica alla base di delicatissime scelte monetarie, ha ormai una funzione ininfluente ai fini del potere. La Vigilanza ha perso i maggiori 15 istituti di credito, passati sotto la diretta cura della Bce.
GIANNI ZONIN
L' anno scorso sono stati gli ispettori coordinati da Francoforte a scoprire il buco da un miliardo nei conti della Popolare di Vicenza, il cui presidente Gianni Zonin, oggi dimissionato e indagato, era il banchiere più amato da via Nazionale, come ha notato la Boschi. C' è di più. Nella Prima Repubblica le banche erano tutte pubbliche e il governo selezionava i banchieri all' interno di terne predisposte dalla Banca d' Italia, dominus di fatto del sistema. I banchieri, tutti lottizzati e targati politicamente, erano assoggettati alla cosiddetta moral suasion del governatore.
Fu uno scandalo epocale la famosa notte delle nomine del 22 novembre 1986. Il ministro del Tesoro Giovanni Goria umiliò il governatore Ciampi e Sarcinelli (nel frattempo diventato direttore generale del Tesoro) tenendoli fuori dalla porta della riunione "ristretta" in cui si spartivano le banche.
CRAXI E GIULIANO AMATO
QUANDO LA POLITICA DECIDEVA TUTTO
Il governo Craxi impose alla presidenza della Cariplo il vice segretario della Dc Roberto Mazzotta, che non era nella terna di Bankitalia ma era commercialista. A distillare l' elenco dei banchieri targati Dc che umiliò la Banca d' Italia era stato il giovane responsabile dell' ufficio nomine di piazza del Gesù, Giuseppe Fornasari, che 28 anni dopo è stato fatto fuori dalla presidenza di Banca Etruria da un avviso di garanzia ispirato dalla vigilanza di Bankitalia. Il passato pesa.
ROBERTO MAZZOTTA
Un tempo la politica faceva tutto, il bene e il male. Adesso c' è una lotta tra piccole bande nella quale rifulge la debolezza di Bankitalia, un carrozzone burocratico autogestito e quindi impermeabile a ogni riforma. Dei 7 mila dipendenti, solo poche centinaia (ci sono più uscieri che ispettori) vigilano su altrettante centinaia di banche privatizzate, cioè anarchiche.
Con pochi poteri effettivi, spesso gli uomini della vigilanza (ancora in grande maggioranza eticamente inattaccabili) vengono "catturati" dai vigilati. Nel recente libro intitolato significativamente La Banda d' Italia, il presidente dell' Adusbef Elio Lannutti sciorina una lista di dirigenti di palazzo Koch passati a lavorare per le banche vigilate. Esemplare il caso di Giannandrea Falchi , passato direttamente dalla segreteria particolare del governatore Mario Draghi alla solita Popolare di Vicenza.
Oggi la gratificazione maggiore per i 7078 dipendenti (di cui 613 dirigenti) sembra essere rimasto lo stipendio, in media 86 mila euro all' anno, in netto aumento rispetto ai 76 mila di dieci anni fa: più l' Italia diventa povera, più quelli di Bankitalia diventano ricchi. Il governatore Ignazio Visco guadagna quasi il doppio di Mattarella, e quando Matteo Renzi gli ha chiesto di allinearsi con il presidente della Repubblica lui l' ha mandato elegantemente al diavolo brandendo la famosa indipendenza della Banca d' Italia, che ormai serve solo a questo.
ANTONIO FAZIO
La gloriosa istituzione è passata da governatori padri della patria come Luigi Einaudi e Ciampi a Antonio Fazio, condannato a due anni e mezzo come regista della scalata all' Antonveneta dei "furbetti del quartierino".
DRAGHI E LA RICERCA DEL PRESTIGIO PERDUTO
Fu il successore Mario Draghi ad ammettere che la verginità era perduta, che dalla calda estate delle scalate bancarie palazzo Koch era uscito "ferito" e che adesso gli toccava accompagnare la Banca d' Italia "nel ritorno al prestigio di cui ha sempre goduto".
Draghi tra Saccomanni e Grilli
In realtà non c' è riuscito Draghi e neppure Visco a ritrovare il rispetto perduto. Renzi - che aveva 4 anni quando fu arrestato Sarcinelli - picchia come un maglio. Ha deciso di affidare a Raffaele Cantone gli arbitrati sui risparmiatori truffati da Banca Marche, Etruria, Cassa Ferrara e Carichieti, notando che Bankitalia non assicura la necessaria "terzietà", come dire che è coinvolta nello scandalo. Le bordate renziane sottintendono i due capi d' accusa principali: una vigilanza distratta, una regia del sistema bancario inadeguata.
Prima di Renzi solo Marco Pannella, in una precedente era geologica, aveva osato l' inosabile, contestando il dogma dell' indipendenza, cioè dell' arbitrio, del "sepolcro imbiancato" di via Nazionale: "Le autonomie vanno esaltate e difese ma anche controllate", diceva già vent' anni fa. Oggi le accuse vengono direttamente da palazzo Chigi: "Non guardiamo in faccia a nessuno", ha detto il premier, anticipando che alla scadenza del mandato (ottobre 2017) il governatore andrà a casa.
Mario Draghi Ignazio Visco a Napoli
Lo scorso ottobre, quando il Fatto Quotidiano ha rivelato che era indagato per l' oscura vicenda del commissariamento della Popolare di Spoleto, Visco ha reagito dicendo che la Banca d' Italia avrebbe risposto del proprio operato "nei luoghi deputati, senza scorciatoie mediatiche". Poi però è corso a difendersi nel salotto tv di Fabio Fazio, protestando che Bankitalia "è una istituzione seria, che ha fatto il massimo possibile". Ci dirà la commissione parlamentare - quella che Mattarella non vorrebbe - se quel "massimo possibile" è stato almeno pari al "minimo necessario".