Manuela Pivato per La Nuova Venezia
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Non c’è pace per Ca’ Dario. Il palazzo rinascimentale pieno di grazia e di sfortuna è di nuovo sul mercato. L’ultimo proprietario – un americano rimasto ignoto – che l’acquistò nel 2006 incurante della fama sinistra dell’edificio, ha deciso di liberarsene. Dopo averlo restaurato, senza quasi mai abitarlo, l’ha affidato a un’agenzia immobiliare che l’ha messo in vendita al prezzo di venti milioni di euro, trattabili. L’inserzione, apparsa sabato sul Financial Times, reclamizza l’incanto di Ca’ Dario, “a historic work of art”: mille metri quadrati con vista sul Canal Grande, sette camere da letto, sette bagni, l’ascensore, l’altana panoramica, il giardino privato, e “la decorazione di marmi unici”.
La storia, quando è carica di bellezza, può permettersi qualunque cosa, anche di raddoppiare il valore che tredici anni fa era stato di dieci milioni di euro, dopo una trattativa lunga, faticosa, sulla quale – tacitamente – deve aver pesato il nero ricamo della sventura che ha unito il destino dei vari proprietari. Nessun episodio funesto ha invece turbato negli ultimi anni le sale meravigliosamente decorate del palazzo, la facciata un po’ sghemba, la gabbia dorata dell’ascensore, la scala marmorea, i camini originali dell’epoca, il giardino ombroso, né gli ottanta medaglioni circolari in marmi policromi e pietra d’Istria. La mano benevola del tempo e la recente buona sorte devono aver spinto l’attuale proprietario a sperare di concludere un buon affare, anche per rientrare delle spese dei restauri compiuti negli ultimi anni.
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Il palazzo, infatti, è rimasto praticamente disabitato dal giorno del suicidio di Raul Gardini, il 23 luglio del 1993, il quale, a chi gli ricordava prudentemente la maledizione del palazzo, aveva sempre risposto di non aver paura. Nessuno, in realtà, ebbe mai paura, o mostrò di averne, forse perché il privilegio di abitare uno dei più bei palazzi affacciati sul Canal Grande era superiore alla superstizione.
idina ferruzzi e raul gardini
Sicuramente pensò più alle rime che alla malasorte il poeta francese Henry De Regnier, che tra il 1899 e il 1901 visse ospite di Ca’ Dario fino ad ammalarsi e morire. Settant’anni più tardi, Filippo Giordano delle Lanze, il nuovo proprietario, fu ucciso dal giovanissimo amante che gli aprì il cranio con una statuetta. Poco dopo fu la volta di Christopher “Kit” Lambert, manager del gruppo rock The Who, che acquistò Ca’ Dario dove morì cadendo dalle scale.
Negli anni Ottanta, il palazzo conobbe ogni genere di festa, con ogni genere di sollazzo, grazie al conte veneziano Fabrizio Ferrari, che tuttavia dovette disfarsi dell’edificio in seguito a un tracollo economico, riuscendo a cederlo a Raul Gardini che a sua volta l’acquistò per regalarlo alla figlia Eleonora.
Sfidò la sorte anche il tenore Mario Del Monaco, che tuttavia si schiantò con l’auto mentre stava andando a stilare l’atto per l’acquisto della casa. Comprensibile che alla fine il regista Woody Allen, a lungo interessato all’acquisto, si sia tirato indietro preferendogli, con lungimiranza apotropaica, la suite dell’hotel Gritti. —
RAUL GARDINI1 ca'dario