Annalisa Cuzzocrea per “la Stampa” - Estratti
MASSIMO CACCIARI
«Il divieto di manifestare non è mai una buona notizia. Dopo di che, è già successo in passato che si vietassero delle manifestazioni senza che poi quell'ordine fosse rispettato».
Massimo Cacciari si è interrogato spesso sulla democrazia e sul suo limite.
Ha una posizione articolata sulla questione dei cortei palestinesi, trova a dir poco di cattivo gusto scegliere una data vicina al 7 ottobre – il giorno dell'eccidio di Hamas in Israele - per difendere i diritti di quel popolo, ma pensa prima di tutto che il punto più delicato della decisione del Viminale sia il contesto in cui è stata presa.
Qual è questo contesto?
«Quello dei nuovi ordinamenti sulla sicurezza che sono tremendi, liberticidi e di fronte ai quali le opposizioni hanno mosso ben poco. Anzi, direi che non hanno fatto praticamente niente».
Il corteo deve tenersi oppure no?
MATTEO PIANTEDOSI GIORGIO MELONI
«È già successo che ci fossero divieti del genere: in questi casi, chi promuove i cortei decide se correre il rischio. Ma insisto sul contesto di politica nazionale sulla sicurezza, perché è di un timbro assolutamente autoritario e repressivo. È questo che bisognerebbe dire».
Anche se manifestare in una data vicina al 7 ottobre, con la piattaforma che abbiamo visto sui volantini di propaganda, significa confondere un massacro terrorista con una forma di resistenza?
«Questo è l'altro aspetto preoccupante. Non puoi fare una manifestazione per la Palestina e per i sacrosanti diritti del popolo palestinese nella data di una strage efferata da parte di Hamas. È delirante».
Com'è possibile che accada?
MASSIMO CACCIARI
«Chi non comprende che la sciagura dei due popoli è di avere da una parte Netanyahu e da un'altra Hamas non ha capito niente. Bisognerebbe che gli amici palestinesi ricordassero alcuni protagonisti dell'inizio della loro lotta per il sacrosanto riconoscimento dei loro diritti come nazione e come popolo».
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Le sembra quel che sta accadendo?
«Se continui ad avere come governante Netanyahu è inevitabile, è una traiettoria geometrica. Che va dal massacro a Gaza fino a Hezbollah in Libano per poi arrivare dove? In Egitto? In Iran?Fino a invaderlo? Per poi passare allo Yemen? La verità è che non si è tratta alcuna lezione dall'11 settembre».
meloni piantedosi
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Israele ha però il diritto di difendersi.
«Certo, ma così sta alimentando in tutto il mondo islamico - lasciamo perdere gli sceicchi del Golfo che fanno i loro sporchi interessi - un odio assoluto nei confronti di Israele. Un Paese può pensare di durare all'infinito avendo tutti i vicini che lo detestano, lo odiano e non vedono l'ora di mangiargli il cuore? È una politica buona per Israele? E nello stesso tempo, però, se non parti dal riconoscimento del suo diritto a esistere puoi solo sperare nella guerra mondiale».
L'antisemitismo sta aumentando?
«Non è l'antisemitismo come lo intendiamo noi, a crescere è tecnicamente un radicale antisionismo. Il che significa puntare alla distruzione dello Stato di Israele».
massimo cacciari a otto e mezzo.
Ma alla luce di tutto questo, come si può tollerare chi marcia in favore di Hamas?
«Perché devono esserci delle regole. Parlo in astratto.
Se io dico "viva Hamas", io persona, perché la responsabilità penale è personale, e se non si prova che ho connessioni con terroristi, o che sto preparando un attentato, mi arrestano? Se si è arrivati al punto in cui, in democrazia, puoi essere arrestato per le tue idee, non è più democrazia ma è fascismo».
(...) Queste norme sono l'espressione di chi sono, di quale sia la loro cultura di riferimento, si vede da dove vengono e dove vogliono andare. La cosa stupefacente è che dall'opposizione ci sia il silenzio assoluto».
Cos'ha pensato quando ha visto nei cortei pro Pal cartelli contro Liliana Segre? Com'è possibile arrivare a un atto così abominevole?
«Quello che mi angoscia è come non comprendano di giocare contro gli interessi vitali di un popolo. Come si facciano del male da soli invece di sollecitare l'opposizione interna israeliana, cercare alleanze, far aumentare la simpatia nei confronti della loro causa.
CORTEO ROMA PRO PALESTINA
È una forma di terrorismo contro se stessi. Se fossi un leader palestinese Liliana Segre la inviterei alla mia manifestazione. Ma siamo davanti al disordine globale, all'incapacità totale di pensare in termini politici. Si ragiona in termini solo bellici, militari. Da una parte e dall'altra ci sono solo odio e guerra».
CORTEO ROMA PRO PALESTINA