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    “CADUTO DOPO I LÙNAPOP, HO RITROVATO ME STESSO” - CESARE CREMONINI, ALLA VIGILIA DELL’USCITA DEL NUOVO ALBUM, SI RACCONTA: “NON MI VERGOGNO A RACCONTARE CHE PER ANNI SONO STATO FUORI DALLA CORNICE CULTURALE DI QUELLO CHE ERA FIGO. ERO FINITO A FARE CONCERTI GRATUITI NELLE PIAZZE. È STATO DIFFICILE” - VIDEO


     
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    Andrea Laffranchi per il Corriere della Sera

     

    CESARE CREMONINI CESARE CREMONINI

    La sicurezza a Cesare Cremonini la danno le canzoni. Quelle che ha scritto in passato. «Dopo 18 anni ho le tasche piene di strumenti da utilizzare nella scrittura e negli arrangiamenti», dice. E a quelle che sono nel nuovo album «Possibili scenari» in uscita domani.

     

    «Non ho usato quegli artifici di moda adesso che ti garantiscono di arrivare fra i più trasmessi in radio. Ho anche evitato di aggrapparmi all'ancora dei miei ultimi successi e di ripetermi.

     

    Ho evitato duetti che ormai sono operazioni commerciali. Ho fatto canzoni oneste e sincere e credo potranno durare per anni». La sicurezza di Cremonini non è mai l' arroganza di chi sbatte in faccia views e dischi di platino.

     

    LUNAPOP LUNAPOP

    Altrimenti perché scegliere come primo singolo «Poetica», brano che non obbedisce alle regole della hit radiofonica, a partire dalla durata oltre i 5 minuti. «Mi sono lanciato da un trampolino alto e ho scoperto che esiste lo spazio per fare qualcosa di diverso. È stato un tuffo dentro me stesso, ho messo l' uomo a confronto col mestiere».

     

    Queste le premesse. Il senso dell' album lo raccontano titolo e copertina. «La grafica richiama quelle immagini a colori che rilevano la temperatura. Fra tutti i "possibili scenari" che abbiamo di fronte, il calore umano è l' unico cui affidarsi.

     

    Cesare CremoninI Cesare CremoninI

    La parola chiave della mia vita adesso è empatia». E qui arriva la centratissima «Nessuno vuole essere Robin», ballad con la tradizione della canzone italiana nell' anima e l' ironia del racconto di un rapporto dove lei preferisce dormire con il cane che con lui e di un mondo dove tutti vogliono essere numeri 10 e «poi sbagliamo i rigori».

     

    «Il cane simboleggia il mutismo e l' incapacità di comunicare. Non riusciamo a far esplodere le sofferenze e le fatiche della nostra anima. I social network ci costringono a essere fighi. Nel mio mestiere ancora di più, ma anche io ho i miei insuccessi personali e umani.

     

    Cesare CremoninI 2 Cesare CremoninI 2

    Non mi vergogno a raccontare che per anni sono stato fuori dalla cornice culturale di quello che era figo. Dopo i Lùnapop sono caduto e mi sono fatto male: ero finito a fare concerti gratuiti nelle piazze. È stato difficile. Il mio produttore Walter Mameli e io abbiamo continuato lungo la nostra strada, proteggendo il nostro lavoro e seminando bene».

     

    Cesare CremoninI 3 Cesare CremoninI 3

    Il raccolto sarà anche il primo tour negli stadi. «Non sarà una festa né un' autocelebrazione. Non ci saranno curiosità. Sarà un grande concerto», anticipa. La vera prova non sarà il debutto del 15 giugno a Lignano. E nemmeno gli show a San Siro o all' Olimpico. Cesare sente di più la data nella sua Bologna.

     

    «Tre anni fa al palazzetto di Bologna c' era mio padre nel pubblico e non sono riuscito a finire delle frasi per l' emozione. Immaginatevi a sapere di essere il primo bolognese dopo Lucio Dalla che suona al Dall' Ara... Mi emoziona più che pensare di essere sullo stesso palco su cui c' è stato Springsteen».

     

    Nei concerti ci sarà da muoversi su «Kashmir-Kashmir», rock teso con ingredienti elettronici alla Kasabian o Franz Ferdinand. Parla di un ragazzo che arriva dal mondo arabo, vive all' occidentale, ma vede il pregiudizio negli occhi degli altri. «Lavoro con le parole e anni fa non ne avrei mai usata una come mujaheddin. In questi due anni chiuso in studio avevo uno schermo fisso sulle news per tenere un contatto con il mondo esterno almeno con la coda dell' occhio.

     

    Cesare CremoninI 4 Cesare CremoninI 4

    Quelle parole erano nell' aria. Ma più che un messaggio politico è un' autocritica. Col rifiuto degli altri difendiamo una perdita di valori le cui colpe non vengono dall' esterno ma sono dentro di noi. A quel ragazzo faccio dire "il giorno del Signore qui è sempre venerdì" perché da noi la domenica ormai è il giorno in cui riprendersi dalle baldorie del fine settimana».

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