Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
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alain elkann carmen llera
Un San Valentino speciale per Alain Elkann, che ha scelto di presentare il suo ultimo libro, Anita, allo spazio Civita, con vista sul Vittoriano, insieme a Paolo Di Paolo e Elisabetta Rasy. Tra gli ospiti si è fatta vedere la vedova di Alberto Moravia Carmen Llera. Ecco chi c’era a omaggiare il padre di Lapo e John.
"Come sarebbe andata tra noi due se ci fossimo innamorati da giovani"
Anticipazione di “Anita”, di Alain Elkann, pubblicato da “la Stampa”
Mi chiamo Milan perché mia madre aveva una passione per i libri di Milan Kundera, ma siccome suo fratello, che si chiamava Misha, era stato ucciso in un campo di sterminio, mia madre mi ha sempre chiamato Misha, e così sono diventato per tutti Misha. Il mio nome si può scrivere in molti modi diversi, a seconda delle lingue. Io preferisco scriverlo Misha.
il vittoriano visto dalla terrazza di civita
Premesso questo, sono giorni che sto meditando di mettere per iscritto una serie di fatti che mi hanno indotto a riflettere sulle conseguenze della mia morte, ma per farlo è necessario che racconti prima il percorso che mi ha portato alle riflessioni di cui scriverò. Se si potesse tornare indietro e riscrivere la propria vita, avrei voluto incontrare Anita quando eravamo ragazzi.
Lei giocava a tennis vestita di bianco con una racchetta Dunlop Maxply su un campo di terra battuta rossa nella pineta di Forte dei Marmi. Era arrivata al Circolo del Tennis con la sua bicicletta, una Bianchi azzurra.
libro presentato
Appeso al manubrio c' era un cestino di paglia dove metteva la racchetta e una scatola di palle. Portava le calze corte, bianche, un paio di scarpe Superga bianche, una sottana bianca, una maglietta bianca. Legato attorno al collo, a ricadere sulle spalle, un cardigan giallo pallido. Finita la partita con un' amica si era fermata al bar, aveva acceso una sigaretta, una Muratti Ambassador, e si era seduta a bere una Coca-Cola con ghiaccio e limone.
giorgio mazzeo e carmen llera
Anita era una ragazza francese di diciannove anni, in vacanza con sua sorella Anne e con sua madre. Stavano all' hotel Augustus e andavano in spiaggia ai bagni Piero. La sera Anita e sua sorella andavano alla Capannina a ballare e flirtavano con due ragazzi italiani: Anita con un ragazzo di Venezia, Anne con un fiorentino. A volte andavano al cinema all' aperto. Non erano interessate al film, ma piuttosto a baciare e a farsi baciare dai loro ragazzi. Dopo il cinema si fermavano alla gelateria veneta a comperare un cono: Anita quasi sempre al cioccolato, Anne preferiva la stracciatella. Com' erano belle quelle lunghe giornate di luglio, quell' atmosfera tra la spiaggia e la pineta!
Mary, la madre, aveva degli amici e giocavano a bridge. Stava poco e malvolentieri in spiaggia perché non le piaceva nuotare e non sopportava il sole. La sera era sempre elegante quando scendeva alla terrazza del bar per un aperitivo prima di passare a tavola. Mary era orgogliosa delle sue ragazze, perché erano belle, giovani, longilinee, e sapeva che di notte andavano a ballare di nascosto fino all' alba e non bisognava svegliarle la mattina.
paolo di paolo
Quando per il lungo weekend del 14 luglio era arrivato Jean, suo marito, Mary aveva assunto un sorriso più dolce, perché anche se Jean faceva lunghe nuotate, e scherzava con le figlie, sentiva che era lì per lei. In quel mese di luglio a Forte dei Marmi c' era qualcosa di speciale, come una tregua che non sarebbe durata a lungo.
Mary lo sapeva bene: i tempi erano cambiati, le ragazze erano grandi, sarebbero andate via di casa, si sarebbero sposate, suo marito sarebbe invecchiato e avrebbe smesso di nuotare, e lei sarebbe rimasta sola.
Immaginavo che avrei incontrato Anita alla Capannina o un pomeriggio al tennis. Dopo un timido approccio ci saremmo baciati e le nostre vite sarebbero cambiate. Avremmo avuto alti e bassi, io sarei andato a trovarla a Parigi, poi avremmo passato le vacanze insieme in montagna.
paolo di paolo elisabetta rasy alayn elkann
Eravamo ancora studenti, ma finita l' università avrei trovato un lavoro a New York in una casa editrice e ci saremmo scritti molte lettere e fatti lunghe telefonate. In America avrei corteggiato altre ragazze e a Parigi lei avrebbe avuto altre storie. Un giorno, mentre ero in ufficio, sarebbe squillato il telefono.
"Sono io.
" "Anita?
" "Sì, sono a New York, sono qui da una settimana e mi è venuta voglia di vederti.
" "Sei sola?
" "No, sono venuta con un amico, ma lui parte domani e io mi fermo ancora qualche giorno.
elisabetta rasy
" "Che gioia. Vediamoci quando vuoi.
" "A colazione dopodomani al Sant' Ambroeus? Ti va?
" "Benissimo.
" "All' una?
" "Sì, certo.
" "Allora un bacio.
" "Anche a te.
" Sarei stato emozionato di incontrare Anita: non ci vedevamo da quasi un anno. Ci eravamo sentiti al telefono qualche volta, ma le nostre vite avevano preso altre strade. Però era stata carina a chiamarmi, e l' idea di vederla mi turbava. Ci sarebbe stato ancora qualcosa tra noi?
Forse, ma lei era con un altro, e poi stava a Parigi, e io ormai lavoravo a New York. Gli amori a distanza non durano.
alain elkann (2)
Quando ci siamo visti, lei aveva un pullover azzurro a collo alto, si era tagliata i capelli, il suo sorriso era sempre irresistibile come quando ci eravamo visti la prima volta. Ci siamo presi la mano e non riuscivamo a staccarci. Non so di cosa abbiamo parlato. So che ci guardavamo negli occhi e ci sentivamo vicini. Uscendo dal Sant' Ambroeus ci siamo abbracciati, dovevo tornare in ufficio, le ho chiesto "Vuoi cenare con me questa sera?". Così abbiamo ripreso la nostra storia, senza tante parole. Anita è rimasta, non riusciva più a partire. In quegli anni New York era una città violenta, la gente lasciava Manhattan, gli appartamenti, la vita costavano poco e c' era un' atmosfera creativa. Non era ancora una città dove si parlava solo di soldi.
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