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    CAFONAL "MISTER FANTASY" – ALL'AUDITORIUM DI ROMA CARLO MASSARINI PRESENTA IL SUO NUOVO LIBRO, "VIVO DAL VIVO 2010-2023", UN DIARIO DI 120 CONCERTI VISTI E FOTOGRAFATI DA "MISTER FANTASY" – “I CONCERTI PIÙ EMOZIONANTI DI QUESTI 13 ANNI SONO STATI QUELLI DI PRINCE E PETER GABRIEL” – SUL PALCO TOSCA E LA TRIBUTE BAND DEI BEATLES THE BEATBOX. IN SALA SANDRO VERONESI E… – VIDEO


     
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    THE BEATBOX ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI CARLO MASSARINI

     

    Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia

    Estratto dell’articolo di Emma Besseghini per www.linkiesta.it

     

    carlo massarini foto di bacco (2) carlo massarini foto di bacco (2)

    Nel suo ultimo libro, "Vivo dal vivo 2010-2023", Carlo Massarini racconta tredici anni di concerti che lo hanno fatto emozionare: da Prince a Battiato, passando per Bob Dylan, Sting, Benjamin Clementine, per arrivare a Salmo e Travis Scott. Una testimonianza fotografica e interattiva, grazie ai qr code che rimandano ai video delle performance dei generi più disparati, perché «La musica mi piace tutta», scrive l’autore.

     

    Carlo Massarini, all’inizio del libro scrivi che ci troviamo in un’epoca musicale in cui tutto è ancora possibile, non ci sono più confini. Cosa intendi con questa frase?

    «È ancora possibile» si riferisce al primo libro. In quell’epoca tutto era davvero possibile: i gruppi erano molto avventurosi, si cercavano nuovi scenari e suoni, c’era una ricerca musicale continua. A distanza di quarant’anni ho scritto «È ancora possibile», perché c’è una ricerca diversa di artisti che scoprono cose insolite.

     

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    Rispetto al passato – quando ancora non era entrata in gioco la World Music – la produzione era molto legata all’asse America – Inghilterra, l’asse del rock. Chiaramente c’erano generi diversi: dal rock alla black music, passando per il jazz. Era un periodo ricchissimo di generi, ma mai come ora che le contaminazioni tra il mondo occidentale, quello africano caraibico, sudamericano, ma anche asiatico sono la cifra della musica di adesso. La musica tende a diventare una, con sempre meno differenze grazie alle contaminazioni. È una sorta di mistura, senza confini. Ho sempre amato questo tipo di musica: il mio gruppo preferito erano i Traffic e da lì in poi anche i Little Feat. […]

     

    sandro veronesi foto di bacco sandro veronesi foto di bacco

    Qual è l’aspetto che ti piace di più della musica live?

    Mi piace il suono perché è vivo. È vero, se hai a casa un buon impianto puoi sentire i dischi in una versione più perfetta rispetto al live. Però dal vivo il suono è molto potente e c’è la persona: sta lì, ti guarda, tu la guardi, vi scambiate un’energia. Nella musica cerco le serate fuori dell’ordinario, quelle che ti emozionano.

     

    Di Antony & the Johnsons avevo i dischi, ma dal vivo c’è quel vibrato che ti cattura, ti solleva un po’ da terra, ti far entrare in un altro piano. Quelle sono le serate che uno spera di incontrare. Nel 2018 una domenica mattina sono andato a sentire i Gospel in chiesa, è stata un’emozione molto potente. Lì c’è anche un fattore spirituale, che però c’è nella musica. I sacerdoti che siano spirituali – come Battiato – o che siano laici – come Vasco – comunque celebrano un rito. Tu vai in cerca di una ritualità che può essere consumata in maniera abbastanza semplice e diretta o molto elevata, quasi trasfigurante.

     

    libro presentato libro presentato

    Dal vivo ti aspetti di essere portato da un’altra parte. Non vai a un concerto per sentire della musica, ma per sentire un legame – anche se momentaneo – con la persona che sta lì e quella è la magia, l’alchimia. Ognuno comunica in maniera diversa, chi è molto bravo riesce a farti trascendere, a portarti da un’altra parte e farti dimenticare tutto per un’ora, due ore o quello che sia. Quando vai dal vivo cerchi l’inaspettato, non vai in cerca di quello che già sai.

     

    Negli anni hai notato un cambiamento nel rapporto tra artista e pubblico?

    Rispetto a quarant’anni fa i concerti sono diversi: ora sono spettacolo, divertimento, intrattenimento, mentre una volta era ricerca musicale. Penso agli U2, a Vasco, ai Depeche Mode, concerti sostenuti da un apparato fantastico, che riempie gli occhi, molto ricco a livello visuale, per il quale sono stati investiti molti soldi e dove c’è altrettanto lavoro dietro.

     

    tosca carlo massarini tosca carlo massarini

    Poi però ci sono i concerti piccoli nei club, senza luci pazzesche, dove non ci sono altre cose e però va bene uguale. Li trovo molto più belli che andare a un concerto in uno stadio, dove è tutto bellissimo, ci sono delle corali fantastiche, ma tu stai a centocinquanta metri e la figura la vedi solo negli schermi. Dal mio punto di vista meglio stare lì, meglio toccarlo con le mani.

     

    […]

     

    Un concerto che ti ha emozionato particolarmente?

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    Ce ne sono diversi e poi va molto a giornate. Direi l’ultimo e il primo: 2010 e 2023. Prince è stato magico, era veramente un mago, mentre Peter Gabriel è tornato in scena a distanza di tredici anni con l’idea di rappresentare dal vivo un disco prima che uscisse, una cosa stranissima. Ha fatto quattro mesi di tour praticamente senza disco e nonostante avesse metà spettacolo di canzoni nuove c’era un’atmosfera molto calda, spettacolare, con questo gigantesco schermo… La sua voce è intima: riesce a toccarti le corde dell’anima.

     

    the beatbox presentazione libro di carlo massarini the beatbox presentazione libro di carlo massarini

    C’è un concerto a cui non hai partecipato e a cui invece ti sarebbe piaciuto partecipare?

    Bella domanda. Oltre ai Beatles vuoi dire? Li ho visti quasi tutti in realtà: ho cominciato con Jimi Hendrix e ho finito con Calcutta. In mezzo ho visto veramente di tutto. Se mi chiedessi cosa rivedrei allora la lista sarebbe lunga, a partire dai Traffic, ma anche Hendrix: ero troppo bambino per capirlo, avevo quindici anni.

     

    Che ruolo ha la musica nella tua vita?

    Una posizione assolutamente centrale, dopo gli affetti familiari è la cosa più importante della mia vita. Mi ha permesso di trovare un mestiere, un senso professionale che ho capito molto presto: avevo 18 anni.

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    Quando sono entrato in radio ho capito che il mio ruolo poteva essere quello di interfaccia tra la musica e la gente. Mi ha dato una certezza, mi ha fatto capire che questa poteva essere una ragione di vita anche professionale. Poi comunque rimane la compagna migliore: quando non so bene che fare, dove fare, cosa fare vado a cercarmi il disco giusto per il momento giusto e questo mi mette abbastanza in pace con me stesso e con l’universo.

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