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1 - «GOMORRA», RED CARPET E ANTEPRIMA POI FESTA A PALAZZO BRANCACCIO CON IL CAST
S.D.S. per il “Corriere della Sera - ed. Roma”
Red carpet, cocktail e presentazione in grande stile, ieri, al teatro Brancaccio per l'anteprima dell'ultima stagione di Gomorra, la serie cult Sky Original prodotta da Cattleya in collaborazione con Beta Film (in prima mondiale il 19 novembre).
Applausi per i registi Marco D'Amore («grazie ai tanti lavoratori dello spettacolo che hanno reso questa serie unica») e Claudio Cupellini (entrambi supervisori artistici) e per tutto il cast presente da Salvatore Esposito («dopo otto anni mi ritrovo qui ed è davvero molto emozionante») ad Arturo Muselli, Ivana Lotito, Mimmo Borelli con Tania Garribba, Antonio Ferrante, Carmine Paternoster e Nunzia Schiano.
Sul tappeto rosso anche i volti delle passate stagioni: Maria Pia Calzone, Fortunato Cerlino, Cristina Donadio, il regista Stefano Sollima. Nata da un'idea di Roberto Saviano, e tratta dall'omonimo romanzo dello scrittore presente nella storica sala in via Merulana, «Gomorra» ha sbaragliato la concorrenza, trasmessa in 190 paesi ha «conquistato la critica, ha rotto gli schemi e ridefinito gli standard del genere», come sottolineato dall'ad di Sky, Andrea Duilio, finendo al quinto posto nella classifica stilata dal New York Times fra le produzioni non americane più importanti degli ultimi due lustri.
L'ultimo atto della produzione è stato poi festeggiato a Palazzo Brancaccio con un lunga lista di invitati, a partire da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, grande amico dell'amatissimo Genny, il blogger Khaby Lame, Elisa D'Ospina, Beppe Convertini, Paola Lucisano, Daniele Giannazzo e molti altri.
2 - SCONTRO FINALE
Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
Più che una guerra è una crociata: ma qual è la parte giusta? Gomorra, alla quinta stagione, chiude. Dal 19 novembre per dieci puntate su Sky e in streaming su Now. Gennaro provò a ripulirsi e a costruire una vita onesta, Ciro si era sacrificato per permetterglielo. C'era quasi riuscito… È lo scontro finale tra loro due, la resa dei conti.
La serie cult venduta in 193 Paesi, immersa nella contemporaneità, che ha lanciato talenti sconosciuti, figlia di Romanzo Criminale, è nata dal romanzo di Roberto Saviano. Da ragazzo andava su quella vespa che non può più guidare, a Napoli e a Scampia, per raccontare «il potere, la violenza», una realtà «più complessa» del racconto della criminalità della sua terra. E oggi per decifrare le pallottole di una qualunque periferia, «in Corsica o nelle Filippine, in Messico o in Brasile», la parola magica è Gomorra.
marco d amore e salvatore esposito 1
Ciro e Genny, i «fratelli» coltelli che si sono amati e odiati, protagonisti di questa storia corale, sono entrati nell'immaginario, lo stesso moderatore alla presentazione si impappina più di una volta e chiama così gli attori che li interpretano, Marco D'Amore (che si divide anche la regia con Claudio Cupellini) e Salvatore Esposito.
C'è un prima e un dopo Gomorra, dicono a Sky. La saga chiude «all'apice del successo», aggiungono. Ma nessuno spiega in modo chiaro perché: anche il Male assoluto rischiava di diventare lo stereotipo di sé stesso? Invece si ragiona largo, per archetipi, si echeggiano la tragedia greca e Shakespeare: anche qui, come si dice in una puntata, i morti tornano come un incubo.
salvatore esposito e beppe convertini
Il produttore Riccardo Tozzi: «È la creazione di un mondo». Dice che la scelta del dialetto napoletano, fondato su sintesi e icasticità, «ha implicato la trasformazione del modo di scrivere i dialoghi».
Anche l'ultima serie condensa stralci di processi, intercettazioni, ordinanze di custodia cautelare, testimonianze oculari. Un racconto in presa diretta. Il cosceneggiatore Leonardo Fasoli, per capire come funzionano le cose, si era fatto un giro a Secondigliano: «Ho fermato cinque persone a caso, per strada, e ho chiesto: avete visto un omicidio? Sì mi hanno risposto tutti e cinque».
Puntate piene di frasi scolpite come un epitaffio stanno lì a ricordarci che tutto ruota su fiducia e tradimento: «Pure un errore in buona fede diventa imperdonabile»; «la fiducia è una debolezza che non mi posso permettere»; «la giustizia è un male di Dio».
marco d amore con giuliano sangiorgi e salvatore esposito
E qui si apre immancabile il capitolo sul rischio di emulazione. Roberto Saviano: «La presenza dello Stato è una interferenza, è articolata dal punto di vista criminale, che nel post Covid sta facendo investimenti enormi... Nessuno è diventato criminale vedendo Gomorra».
Salvatore Esposito, un secondo prima contento di rivelare il complimento del suo dio («mi fermò Maradona per congratularsi; Diego, ma stai pazziando?») rigetta che non ci siano arresti. E Marco D'Amore: «Non siamo noi l'esempio, ce l'hanno davanti agli occhi, dove lo Stato non esiste».
«Ma la sua assenza è nelle scuole e al lavoro, quello è il presupposto che genera il mostro», aggiunge Tozzi. Le donne? A volte merce di scambio, come nelle nozze dei reali; altre volte figure forti, che non si sottraggono al loro destino e «non fanno le vittime, essere moglie di Genny è già una condanna», afferma Ivana Lotito. La consolazione, per Saviano, «è impossibile, i protagonisti sono già sconfitti, lo sanno loro stessi. Nessuno pensa di farcela».
Nel linguaggio dei criminali, come un western di Leone, tutto è lento, i movimenti, i gesti, si parlano «naso a naso, occhi negli occhi per impedire la visuale», dice Saviano. Tutto è rito, metafora, maschera: Ciro è un Arlecchino nero? «Sì, la maschera è una somma di comportamenti, e io ho sempre voluto scomparire nei ruoli», dice D'Amore. A 18 anni andò via da Caserta, dai bulli diventati sceriffi del male. « Gomorra gli ha fatto rivivere i pregiudizi: «Mi ha migliorato anche come uomo, mi ha dato più comprensione per chi ha fatto scelte diverse dalle mie».
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