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Foto di Mario Pizzi da Zagarolo
Li. P. per "Il Sole 24 Ore"
Un seminario a porte chiuse organizzato dai principali think tank del pensiero progressista - Feps (Foundation for European progressive studies), Fondazione Italianieuropei, Ipd (Initiative for Policy Dialogue) - e un titolo che sa di voglia di "riscossa" culturale e soprattutto politica: «Oltre l'austerità , politiche alternative per l'occupazione e la crescita». Il punto sta proprio qui, nell'alternativa alla regola dell'austerità che qualcuno ha addirittura chiamato «ideologia».
A tenere i fili del ragionamento Joseph Stiglitz che ha suggerito a un'Europa in crisi e a un'Italia altrettanto "depressa" alcuni punti (cinque) per intraprendere un'inversione di rotta innanzitutto sulla base di una premessa, «l'austerità da sola non risolve la crisi, anzi può perfino peggiorarla».
à stata questa la prima regola suggerita da Stiglitz anche al premier «che è un buon economista e sa l'importanza di stimolare l'economia in momenti di crisi come questo». Il ragionamento di Stiglitz è stato articolato ma, come si è ripetuto in tutti gli interventi del seminario a porte chiuse, il vero «punto di svolta» ci sarà se Francois Hollande vincerà le elezioni domenica prossima. Solo così si troverà lo spazio per incalzare Berlino.
Già , perché tra i punti "suggeriti" da Stiglitz, il ruolo della Germania è centrale sia su come dovrebbe stimolare la domanda - avendo lo spazio fiscale per farlo - sia sul dare il via libera a investimenti pubblici con i project bond o attraverso la Bei o addirittura la golden rule.
Su un tema però ha centrato il suo intervento Stiglitz sia nel seminario che nel convegno pubblico: «à l'eccesso di diseguaglianza una delle cause della crisi e da lì si deve ripartire». Ripartire quindi da una politica redistributiva, che trovi il suo perno nel welfare state o nel fisco, per attenuare i divari salariali e di reddito.
E dopo aver ascoltato Stiglitz, Massimo D'Alema dice di sentirsi «rincuorato: ho pensato che la sinistra esiste ancora» e suggerisce di inviare quell'agenda a «Berlino». L'ex premier è stato l'animatore del seminario di ieri insieme a Giuliano Amato in un appuntamento al quale hanno partecipato Hannes Swoboda, presidente del gruppo democratici e socialisti al Parlamento Ue, Alfred Gusenbauer, ex Cancelliere di Vienna, Peter Bofinger, tutti sostenitori della necessità di «un cambio di pagina dell'Europa». Ma D'Alema insiste su un fronte che appare troppo sbilanciato: «Quello di un rigore che ha le sue regole e sanzioni e di una crescita, invece, lasciata solo agli auspici».
Lo squilibrio è lì, fa notare D'Alema che, nel dibattito con Monti e Stiglitz, rilancia la tassa sulle transazioni finanziarie e l'idea di mutualizzare i debiti con gli eurobond. Punti di un'agenda che passa attraverso una reinterpretazione del fiscal compact. Ma, innanzitutto, di una vittoria del socialista Hollande
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