DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. ADDIO VECCHI SIMBOLI LA NUOVA RUSSIA Ã UNA MARCIA POP
Anna Zafesova per "La Stampa"
Quella mostrata a Sochi, tra mille colori, luci, musiche, non era la Russia di Putin. Nel più grande spettacolo del postcomunismo mancava tutto quello che abitualmente si associa alla storia e alla cronaca dell'ex «impero del male»: l'atmosfera cupa e marziale, la retorica nazionalista, l'inneggiare alle glorie di Stalin, il coro dell'Armata Rossa, i santi, eroi e condottieri di un Paese che rivendica la sua potenza. Al posto dei pope che condannano la blasfemia delle Pussy Riot c'erano le cupole colorate di una Russia che più che santa sembrava la Fabbrica di cioccolato di Tim Burton, al posto della polizia con i manganelli il simpatico zio Stiopa, gigantesco vigile delle filastrocche per bambini.
Al posto dei canti patriottici il rock. E invece dei deputati omofobi, le Tatu, il duo di «Non ci raggiungeranno», la storia di due ragazzine lesbiche che fuggono di casa. Il remix, con un ritmo pesante che ricorda «We will rock you» dei Queen, diventata la colonna sonora dell'ingresso della nazionale russa, ribaltando le accuse di omofobia di Stato in una maniera spiazzante e abile.
Evitato il luogo comune matrioshka-kalashnikov-icone, la cerimonia ha preso tutto il meglio della storia russo-sovietica - dalle musiche di Chaikovsky alle grafiche di Rodcenko, ai cartoni animati sovietici - omettendo il peggio. La rivoluzione del 1917 non è nemmeno menzionata, e lo stacco dalle atmosfere raffinate della Pietroburgo degli zar al rosso e nero con la grafica futurista degli anni '20 è uno choc cronologico.
Il passato imperiale viene raccontato con le coreografie impeccabili del balletto, un pezzo romantico come il primo ballo di Natasha di «Guerra e pace». Stalin è assente una volta tanto, un altro grande omissis è la vittoria sul nazismo, probabilmente la prima volta che in una occasione ufficiale viene a mancare la menzione di quello che per molti russi rimane il solo fatto indiscutibile della loro storia.
L'unico simbolo comunista sono la falce e il martello della statua dell'«Operaio e colcosiana», che però galleggiano nello scenario spensierato degli anni '60, tra sposine, bambini e studenti che scoprono il rock. Nessun accenno infine alla storia più recente: si finisce con il disgelo kruscioviano, raccontato negli stessi toni solari della fiction che sta spopolando in questi giorni in Russia.
Una svolta estetica che fa sembrare il Paese dell'Arcipelago gulag una sorta di Fantasia di Disney. Una Russia «light», colorata, giovane, romantica, che si innamora, sogna, balla, che non soffre e non fa soffrire nessuno. Il grande boss della tv Konstantin Ernst sorprende tutti con un'operazione postmoderna, ideologicamente quasi sovversiva.
Gli accenni al passato sovietico sono pochissimi: il muso dell'orso mascotte che ricorda il Misha di Mosca-1980, i cosmonauti, le mietitrici del filmato iniziale, l'«alfabeto russo» che mischia glorie tradizionali come Dostoevsky e Gagarin e nomi censurati per decenni come Malevich e Nabokov. Gli spigoli vengono rimossi (in senso freudiano), e restano lo Schiaccianoci, la conquista dello spazio e la danza di Natasha, remixati con sapiente mano pop. Non sembra nemmeno lo stesso Paese che ammanetta gli attivisti Lgbt in piazza Rossa proprio mentre è in corso la festa a Sochi.
Il «soft power» cede alle gerarchie solo nel finale, quando tra gli ultimi campioni a portare la fiaccola appare metà del direttivo di Russia Unita, inclusa Alina Kabayeva, deputata che il gossip ritiene essere la fiamma non solo olimpica del presidente. Per un attimo lo sport torna politica, dopo tre ore di una Russia da sogno, tra Hollywood ed Mtv, dove l'unico fuori luogo sembrava proprio il padrone della festa. Vladimir Putin conserva una faccia di pietra mentre assiste all'operazione di immagine più abile e brillante del suo regno. Il premier Dmitry Medvedev fa di peggio e si appisola, non si capisce se per noia o per velata manifestazione di dissenso.
2. QUEL SOSPETTO DI UNO SGARBO A OBAMA NELLA SCELTA DELL'ATLETA CHE ACCENDE IL BRACIERE
Nicola Lombardozzi per "la Repubblica"
Adesso qualcuno vedrà una frecciatina a Obama nella scelta della mitica Rodnina per accendere il braciere olimpico. E ci sarà chi racconterà di momenti di paura per il tentato dirottamento di un aereo di linea che poi si è rivelato un falso allarme. Dettagli che non scalfiscono minimamente la soddisfazione di Vladimir Putin, consapevole di aver superato indenne una prima giornata piena di trappole.
A cominciare dalla tribuna autorità , con le clamorose assenze annunciate dei leader americano, francese, britannico, tedesco. A questa platea mutilata, che comunque contava più di quaranta tra capi di Stato e di Governo, Putin ha offerto quella che per lui è una primizia assoluta: la puntualità . Alla cerimonia dello stadio Fisht ma anche al ricevimento organizzato un paio d'ore prima. E ci ha messo anche, per quello che gli è possibile, un po' più di calore umano del solito. Piccole cose, qualche stretta di mano più calorosa, qualche mezzo sorriso.
Lo ha notato chi lo ha visto con il premier giapponese Shinzo Abe dopo anni di tensione con Tokyo che ora potrebbe finalmente vedere un dialogo tra due Paesi per cui ufficialmente la guerra non è mai finita. Particolarmente cordiale anche con il nostro Enrico Letta nonostante le raccomandazioni italiane sul rispetto dei diritti dei gay.
Nessun riferimento agli assenti, nessuna polemica. Semmai solo un piccolo gesto di disappunto quando il pubblico dello stadio olimpico ha applaudito poco e con qualche mormorio di disapprovazione il discorso video registrato del segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon, che alla vigilia era stato piuttosto duro con i metodi usati dal regime russo nei riguardi delle minoranze.
Ma la linea, per il momento, è di ostentare serenità e di non reagire. Così lo staff del presidente non ha voluto nemmeno prendere in considerazione i pochi dietrologi che vedevano una provocazione nella scelta di Irina Rodnina, straordinaria campionessa del pattinaggio sovietico, come ultima tedofora.
In verità la signora è finita sui giornali americani l'estate scorsa per un gesto non proprio azzeccato: aveva "postato" sulla sua pagina Facebook, una foto del presidente Obama mentre una mano gli offriva una banana. Davanti alle proteste e alle accuse di razzismo del bellicoso ambasciatore americano a Mosca, Mac Faul, adesso uscente, "lady pattini d'oro" come la chiamano qua, aveva dato una risposta che aveva peggiorato le cose: «à una foto divertente che tra l'altro viene dagli Stati Uniti.
La libertà d'espressione va rispettata sempre». Alla fine, convinta dalle pressioni del governo russo, aveva ritirato la foto. Ma l'incidente è comunque talmente piccolo, e Irina Rodnina è troppo grande come atleta per pensare veramente a una scelta politica.
Così come l'inserimento tra le ultime tedofore di Alina Kabaeva non può essere discusso sul piano sportivo. Icona della ginnastica ritmica, amatissima nel Paese, meritava la presenza in pista insieme alla tennista Sharapova e alle altre glorie dello sport russo. Peccato che il gossip clandestino la voglia da tempo come amante di Putin. I più spericolati attribuiscono addirittura al Presidente la paternità dei suoi due figli. Ma è probabile che Putin abbia frenato i più zelanti funzionari olimpici che avrebbero volentieri dato a lei il ruolo di Rodnina.
Soddisfazione dunque ma senza esagerare. Sochi 2014 è appena cominciata, e resta la minaccia terroristica. Ieri un passeggero ubriaco salito a Kharkiev, in Ucraina, su un aereo diretto a Istanbul, è entrato in cabina di pilotaggio e ha gridato: «Andiamo tutti a Sochi». à stato neutralizzato, ma l'aviazione turca ha fatto alzare i caccia per precauzione e i media hanno lanciato l'allarme. Bisognerà farci l'abitudine, sono Olimpiadi con i nervi tesi.
3. SUBITO ZOEGGELER E CAROLINA DUE CAPITANI PER PRESENTARSI
Mattia Chiusano per "la Repubblica"
Il portabandiera e il capitano. L'ultima Olimpiade, quella delle responsabilità , ma anche della testa leggera, della maturità , dell'esperienza, della voglia di gustarsela perché tra qualche giorno sarà finita e non tornerà più. Il portabandiera Armin Zoeggeler e il capitano Carolina Kostner, oggi tocca a loro, quando in Italia sarà pomeriggio ma su Sochi e sul Sanki Sliding Center sarà già notte, una notte di verdetti. Non definitivi, ma condizionanti. Zoeggeler, in pista alle 15,30 e 17,40, avrà cercato in tutti i modi di smaltire l'emozione di ieri sera, la sfilata azzurra aperta in mondovisione, per catapultarsi verso la sesta medaglia consecutiva. La Kostner si calerà nel ruolo di capitano, guida di un gruppo di pattinatori azzurri che per la prima volta si esibiscono come squadra nel team event.
«Scappo a riposare, devo recuperare. Ho la gara» ha salutato tutti Armin il carabiniere, «è stata un'esperienza particolare, un'emozione nuova. Sì, mi sono emozionato, nonostante cinque edizioni dei Giochi. Un giorno da ricordare ». Il "Cannibale" ha attraversato la storia delle Olimpiadi, dal '94 a oggi, portando lo slittino al Festival di Sanremo, dando riconoscibilità a una disciplina che ci ha regalato medaglie ed è stata trattata come uno sport clandestino, con la scomparsa della pista olimpica di Cesana, la grande speranza per una scuola italiana.
Ma ormai questo è il passato, in fondo dai meandri delle valli può sempre spuntare un Dominik Fischnaller, al quale consegnare il futuro. Quel che conta, a 40 anni, alla sesta Olimpiade conquistata partendo dalla discesa innevata tra Foiana e Lana, quel che conta dopo essere diventato padre, vincitore di tutto e poi sconfitto da ragazzi che erano poppanti quando lui andava a caccia del primo podio a Lillehammer '94, è avere ben chiari gli obiettivi.
E lui vuole la sesta medaglia consecutiva, dopo due ori, due argenti e un bronzo, sulle 17 curve che in prova hanno ringalluzzito i soliti tedeschi, ma anche un avversario di due anni più anziano, che sembrava già pronto per la pensione. Il figlio del macellaio di Usovoy, Albert Demtschenko detto l'Orso. Quindi, facendo i conti, tre tedeschi, un russo, Fischnaller, forse un canadese: tutt'altro che scontato questo podio. Infatti Georg Hackl, tre ori e due argenti olimpici nello slittino, ora ct dei tedeschi, si sente quasi al sicuro dall'attacco di Armin al suo record: «La partenza non è molto ripida ma nemmeno piatta, questo ci dovrebbe favorire ».
Ma il Cannibale non si discute, si rispetta, è lo slogan di Felix Loch, che a vent'anni era già campione olimpico ma ha sempre una sottile paura che Armin, da un momento all'altro, gli possa piazzare una di quelle manche che lo tramortiscono. Storie di rivalità e di relazioni, di poco amarsi e tanto sfidarsi, come Carolina Kostner nel nuovo mondo delle quindicenni d'assalto. Vedere, provare, tornare a casa, puntare il bersaglio. Carolina vuole dare animo e punteggi alti alla squadra italiana, nel corto che la vede sul ghiaccio all'Iceberg alle 18,23, e allo stesso tempo scoprire le rivali.
Alcune, non tutte: la russa Yulia Lipnitskaya, classe 1998, la più attesa; la giapponese Mao Asada. Studiare, magari mandare un messaggio di forza e consapevolezza, poi tornare in fretta a Oberstdorf per preparare l'individuale del 19 febbraio «Mi sento travolta, c'è così tanta gente qui. Da una parte vorrei concentrarmi sul mio lavoro, dall'altra vorrei vedere e fare tutto». Inciterà i suoi compagni Cappellini-Lanotte, e Berton-Hotarek, come fosse una squadra questo sport di solisti e perfezionisti. Ma è bello giocare, ed Armin e Carolina hanno capito che l'età del gioco sta per finire.
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