Alessandro Fulloni per il “Corriere della Sera”
mario calabresi
Mario Calabresi, che oggi ha 52 anni, riuscì a incontrare Giorgio Pietrostefani, tra gli assassini di suo padre Luigi, nel 2002 a Parigi. Un racconto che sta in La mattina dopo, storia della famiglia Calabresi scritta dall'ex direttore di Repubblica nel 2019. I due parlarono per mezzora, Pietrostefani, ex dirigente di Lotta Continua, comparve con «la barba bianca, talmente magro da sembrare la metà di quello di un tempo». In quelle pagine non c'è scritto ciò che i due si dissero. Ci sono però le parole che Gemma Calabresi ripetè per tre volte al figlio prima che vedesse Pietrostefani: «Digli che io ho perdonato, sono in pace e così voglio vivere il resto della mia vita».
pietrostefani e gli altri arrestati a parigi
Ieri, dopo che la Corte di appello di Parigi ha pronunciato un «avviso sfavorevole» alla domanda di estradizione in Italia di 10 ex terroristi riparati in Francia da decenni, la riflessione di Mario Calabresi non è stata dissimile da quella che fece allora Gemma. «Da tempo sono convinto, con mia madre e i miei fratelli, che mettere oggi in carcere Pietrostefani, condannato per l'omicidio di mio padre, non abbia più molto senso. È passato mezzo secolo, è una persona anziana e malata».
Ma la decisione di rigettare la richiesta di estradizione per tutti e 10 gli ex terroristi, «senza distinzione tra biografie, iter giudiziari e condizioni di salute, ha un sapore che la mia famiglia e quelle degli altri parenti delle vittime conoscono bene. Il sapore amaro di un sistema, quello francese, che per decenni ha garantito l'impunità a un gruppo di persone che si sono macchiate di reati di sangue».
gemma luigi calabresi
Poi Calabresi osserva: «Nella vita si può cambiare, queste persone lo avranno certamente fatto, e così si può diventare degli ex terroristi. Ma non si può pensare che il tempo possa cancellare la responsabilità o la colpa di aver tolto la vita ad un altro uomo - aggiunge il figlio del commissario ucciso il 17 maggio 1972 a Milano -. Oggi forse gli ex terroristi festeggeranno per averla scampata per sempre, ma insieme al sollievo, auguro loro di sentire un'emozione diversa: il bisogno di fare i conti con le loro responsabilità e, un istante dopo, il coraggio di fare un passo e contribuire alla verità su quei delitti».
luigi calabresi omicidio
E gli altri parenti delle vittime? «Mi sento preso in giro, è un dolore che si rinnova» dice, amareggiato e arrabbiato, Piero Granato, fratello di Michele, il poliziotto ucciso il 9 novembre 1979, a Roma, da un commando delle Brigate Rosse tra cui Roberta Cappelli, oggi 66 anni, insegnante di sostegno Oltralpe. Granato scuote la testa: «La Francia li ha sempre accolti come eroi e invece sono assassini, non si sono mai pentiti. Mio fratello aveva 24 anni quando è stato ucciso, non manchiamo mai a una sua commemorazione a Roma: lui nella giustizia ci credeva e ha pagato con la vita. Io oggi non ci credo più».
GIORGIO PIETROSTEFANI
Alberto Torregiani, 58 anni, sulla sedia a rotelle per essere rimasto ferito nell'agguato dei Pac (tra i mandanti Cesare Battisti) al padre, il gioielliere Pier Luigi ucciso il 16 febbraio 1979 a Milano, si chiede «cosa c'entrino i diritti dell'uomo di cui parla la Corte, con le sentenze passate in giudicato dei nostri Tribunali...». E Adriano Sabbadin, figlio del macellaio Lino, ucciso sempre il 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala (Venezia) e sempre dai Pac (c'era Luigi Bergamin, riparato in Francia) parla di «ennesima follia. Si sono macchiati di crimini efferati, la Francia dovrebbe vergognarsi. Purtroppo è una decisione politica».
Sofri Bompressi Pietrostefani adriano sofri, il suo avvocato massimo di noia e giorgio pietrostefani ex terroristi giorgio pietrostefani Giorgio Pietrostefani adriano sofri Giorgio Pietrostefani ovidio bompressi giorgio pietrostefani