Estratto dell'articolo di Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera
Cronaca bollente dalla Capitale. Cominciate a farvi un’idea con queste immagini.
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La più struggente: ecco gli anziani che affollano i grandi centri commerciali della periferia per scroccare botte di aria condizionata. La più comica: davanti alla fermata della metro in località Giardinetti c’è un alberello tipo bonsai piazzato lì dall’assessorato all’Ambiente del Campidoglio — covo di autentici geni — «per garantire ombra ai passeggeri». La più inevitabile: plotoni di turisti stremati osservano il sole a picco e poi chiedono se anche a tutti noi sembra una giornata speciale.
Che domanda: Roma brucia (in senso tecnico: 42,9 gradi, temperatura record).
Ma i romani non si scottano, non si sciolgono, non evaporano. I romani resistono. Sudano e resistono.
Sono abituati.
Non al caldo. Al peggio.
Il racconto del giorno più rovente nella storia di questa città comincia con un bellissimo «mortacci…» che il garagista mormora con le mani sui fianchi
roma caldo
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Dicendosi «mortacci» i romani — tanto per rispondere ai turisti — chiudono la faccenda già al mattino. Qualcuno spiega con aria pigra che «è luglio, e se non fa un po’ di “caldaccia” adesso, scusa, quando?». Aggiungono che bisogna avere un po’ di pazienza, perché comunque dopo Ferragosto — di solito — piove.
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Finora non c’è scappato il morto per una meravigliosa casualità.
È piuttosto casuale pure che la metropolitana, a mezzogiorno, non si sia ancora bloccata. Però, per non rischiare, il fotoreporter Claudio Guaitoli c’è andato in moto a controllare se davvero alla stazione Giardinetti c’era quel bonsai che dovrebbe dare un po’ di fresco ai passeggeri.
L’ha fotografato. La verità è che certe situazioni devi documentarle perché quando le racconti sembrano inventate.
Come i tre ventilatori che hanno sistemato al Colosseo.
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Ma no? Ma dai? E invece sì, sul serio: tre ventilatori simili a quelli che usano nei bar. Dovrebbero servire per dare refrigerio alle migliaia di persone che entrano a visitare l’Anfiteatro Flavio. Luogo di crimini recenti.
Hanno messo tre inutili ventilatori, ma poi due studenti e un personal trainer inglese, nel giro di pochi giorni, sono stati liberi di sfregiare le mura di questo monumento ormai diventato il centro di un tragico suk. Oggi pomeriggio una bottiglietta d’acqua viene venduta a 5 euro. Per un cappellino te ne chiedono 15.
Gli ambulanti abusivi assaltano i turisti, che vagano intontiti dalla calura. Prede perfette per i borseggiatori. E per il taccheggio di certi ceffi travestiti da centurioni, che li obbligano a penosi selfie/ricordo.
Arrivano notizie sparse. All’ospedale San Giovanni e all’Umberto I, code per entrare al pronto soccorso: cali di pressione, svenimenti, molti cuori che fanno, improvvisamente, bum bum! Due persone colte da malore anche in procura e al tribunale Monocratico: condizionatori fuori uso. Il sindaco Roberto Gualtieri, su Facebook, annuncia come intende affrontare queste ore così eccezionali: dice che 80 volontari di Acea e Croce Rossa saranno presenti in 28 punti sensibili, tra centro storico e periferia.
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La Protezione civile schiera invece 20 squadre pronte ad intervenire in caso di incendi e di ingorghi. Ma i romani sono ormai animali da traffico, personaggi mitologici, metà uomo e metà motore, abituati a vivere tra le lamiere bloccate sui Lungotevere e sulla Tangenziale. I commenti al post di Gualtieri sono perciò sull’emergenza rifiuti. Toni ruvidi. Come quello di Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma. «Topi, gabbiani, cinghiali. Con il caldo, siamo all’emergenza». La scena che si rischia, spiega, è quella di una città infetta. Le zone dove si frigge meglio sono al Forte Prenestino, sede di un noto centro sociale, e alla Borghesiana.
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Però è chiaro che dentro i vicoli del centro storico, o nei cortili dei grandi alveari per umani della Tiburtina o di Cinecittà, le temperature percepite sono, francamente, clamorose. Ma il romano resta composto. Cerca l’ombra, sa dove trovarla, vi si rintana. Aiutano le «grattachecche» (ghiaccio tritato e sciroppo). Ordinate file alle ultime fontanelle rimaste, chiamate — da generazioni — «nasoni». A Fontana di Trevi e alla Barcaccia di piazza di Spagna, centinaia di turisti trattengono l’istinto di tuffarsi. Ma per entrare nella scena di un film catastrofista hollywoodiano, bisogna andare alla stazione Termini e osservare la folla che aspetta inutilmente, sul marciapiede liquefatto, un taxi. È un fenomeno ignobile, incivile, mortificante.
ONDATA DI CALDO A ROMA
I tassisti sono pochi, poche le licenze, e se qualcuno osa annunciarne altre, marciano su Palazzo Chigi lanciando petardi senza che un solo agente muova un sopracciglio. Pretendono di portarti unicamente all’aeroporto, senza accendere l’aria condizionata, senza accettare carte di credito. I romani li detestano. Che poi i romani — come si diceva — sono una popolazione tollerante. Stasera, esausti, tornano a casa. Caldo caldo, oggi, vero? Mortacci.
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