Paola Di Caro per corriere.it
CARLO CALENDA MARA CARFAGNA - BY CARLI
In campo «non ci sono solo due poli, non si sta giocando una partita tra destra e sinistra. Ce ne sono quattro, guidati da Meloni, Letta, Conte ed io. E, lo chiedo fin da ora, noi quattro dobbiamo poter fare un grande confronto in tivù per far capire agli italiani quello che c’è in ballo in queste elezioni, e cosa si propone davvero».
Carlo Calenda vuole spazzare via quella che considera una narrazione falsa e pericolosa, non solo per la sua Azione, alleata con IV di Renzi, ma soprattutto «per l’Italia seria». Perché, spiega, chiunque dovesse prevalere, al governo non durerebbe «più di sei mesi», viste le «enormi contraddizioni interne», mentre l’Italia ha bisogno di proseguire sulla strada interrotta «in modo incosciente» di un governo Draghi o che al metodo Draghi si ispiri. Con una coalizione i cui pesi verrebbero stabiliti dal voto, ma che tagli le ali estreme e metta assieme i partiti più responsabili con un grande, primo obiettivo: «Implementare il Pnrr, di cui nessuno più parla, per avere un Paese finalmente moderno».
La rottura tra voi e il Pd rende difficilissimo sottrarre al centrodestra la vittoria.
«Niente affatto. Il proporzionale conta moltissimo in queste elezioni. E sei noi prendiamo dal 10% al 15%, si può fermare questo gioco della politica contro che ha dilaniato il Paese negli ultimi trent’anni».
Obiettivo ambizioso, ma anche raggiungendolo, a cosa servirebbe?
«A Roma siamo partiti con i sondaggi al 6% e abbiamo finito al 20. Il nostro risultato servirà ad obbligare questi partiti irresponsabili ad andare avanti con Draghi invece di ricominciare a demolire il lavoro fatto. Non è una corsa contro, è una corsa per il Paese. Per avere un governo con Draghi o comunque che abbia autorevolezza, programmi, concretezza, visione».
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Per fermare la Meloni insomma. La teme?
«Non penso che ci sia il rischio di un governo fascista. Credo però che FdI e Meloni abbiano due limiti molto gravi: il primo è l’isolamento totale dall’orbita dei grandi paesi europei; il secondo è la scarsissima esperienza amministrativa e internazionale sia della Meloni, perché fare il premier non è un gioco ma un impegno difficile e gravoso, sia della sua classe dirigente. A Roma mi sono confrontato con un candidato della Meloni, Michetti, e non mi sono mai trovato di fronte ad uno sfidante così impreparato e vago. Con un governo a guida Meloni non avremmo il fascismo, ma il caos».
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C’è anche FI.
«La favola di Berlusconi moderato è finita quando assieme al M5S ha sfiduciato Draghi. A lui interessa solo il Quirinale, nel quadro di una improbabilissima riforma presidenziale che gli hanno promesso. Quella coalizione è spaccata tra chi sta con la von der Leyen e chi contro: come può apparire credibile agli occhi del mondo?».
Però voi rompendo con il Pd avete loro spianato la strada.
«Ma non è così. Primo, la scelta l’ha fatta consapevolmente il Pd scegliendo alleanze che rendevano impossibile un programma di coalizione. E infatti correranno con quattro programmi diversi: una finta coalizione che non potrebbe mai governare. Secondo, a Roma abbiamo preso voti tanto dalla destra quanto dalla sinistra e dagli astenuti. Queste elezioni, anche per la presenza di Conte si giocano sul proporzionale. E per una volta l’unico voto davvero utile è quello verso chi presenta proposte serie e concrete».
Quali sarebbero?
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«Giovedì presenteremo il programma con le ministre Bonetti, Carfagna e Gelmini. Primo punto continuare con il lavoro sul Pnrr. Una sfida immensa per un Paese che non riesce mai ad implementare alcunché e spreca risposte. Occorre destinare subito 2 miliardi ai comuni per permettere loro di progettare e realizzare. Serietà, altro che superbonus a pioggia o flat tax di qua e di là. I rigassificatori e i termovalorizzatori si devono fare, senza veti e rapidamente. Il salario minimo? È giusto che nessuno guadagni meno di 9 euro l’ora. Il reddito di cittadinanza, bene aiutare chi non può lavorare, ma se chi può rifiuta un’offerta la perde. Obiettivi reali, sostenibili e di buon senso. E soprattutto sanità e istruzione: il vero patto generazionale che proponiamo è che ogni euro in più del bilancio vada a queste due voci. Gli italiani spendono 40 miliardi di euro l’anno per curarsi privatamente visto le liste d’attesa, e su istruzione e formazione siamo agli ultimi posti in Europa. Questi sono i temi, altro che regalare diecimila euro a un diciottenne».
Quali non lo sono?
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«Le vecchie e stantie battaglie di demonizzazione reciproca, “tu sei fascista”, “tu sei comunista”, quando in questo momento al governo ci sono ministri seri che lavorano fianco a fianco della parte più responsabile della Lega, del Pd, così come i nostri. È tutto così ipocrita: si fomenta odio quando c’è bisogno di una grande riappacificazione, che stava avvenendo col governo Draghi ma che purtroppo si è interrotta perché mancava una grande forza riformista e liberale. Ora c’è. Riprendiamo il cammino».
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