muccioli
In questi giorni mi viene continuamente chiesto se ci aspettassimo o no tanto successo per il nostro documentario SanPa: Luci e tenebre di San Patrignano, come se davvero uno possa prevedere che una propria opera, una volta uscita, sia in grado praticamente di monopolizzare per un'intera settimana il dibattito dell'opinione pubblica. La risposta è, ovviamente, no. Sapevamo, sì, di avere in mano una bella storia da raccontare, raccontata negli anni poco e male. E, sì, sapevamo che l'uscita del documentario avrebbe aperto un dibattito, ma non prevedevamo certo che l'oggetto della storia diventasse un argomento di cui tutti avrebbero parlato.
Il dibattito è positivo, te lo auguri: è costruttivo; contribuisce a migliorarci come persone e come società; serve non solo a segnalare gli errori commessi, ma soprattutto a cercare nuove soluzioni.
muccioli
L'intensità e la passione del dibattito che si è creata conferma che è stato giusto parlare di questi temi, persino dopo tanto tempo. Se di verità ce ne fosse stata una sola, oggi non vi sarebbe discussione.
Quando abbiamo pensato a tradurre la storia della comunità di San Patrignano con il linguaggio del documentario ci siamo imposti di non volere una voce narrante. Volevamo raccontare quella storia utilizzando unicamente le voci di alcuni dei protagonisti, gli articoli dei giornali, i servizi televisivi dell'epoca e gli atti dei procedimenti giudiziari.
SANPA - LUCI E TENEBRE DI SAN PATRIGNANO
Non volevamo, in sostanza, essere noi che lo stavamo realizzando a guidare per mano lo spettatore a pensarla in un modo simile al nostro. Abbiamo invece preferito permettere che lo spettatore potesse salire sulle nostre montagne russe, dove si è liberi di cambiare idea e di passare da un'opinione all'esatto opposto nel giro di due scene e, alla fine, fare la somma delle cose che si sono viste e sentite, metterle a confronto con la propria coscienza e arrivare a un risultato che è lecito sia diverso da persona a persona.
sanpa luci e tenebre di san patrignano
Eravamo perfettamente consci che le differenti esperienze vissute dagli intervistati ci avrebbero fatto raccogliere testimonianze di diverso tipo e verità spesso direttamente in contrasto tra loro. Non abbiamo ascoltato i protagonisti del racconto con la presunzione di decidere da che parte stesse la verità ma, anzi, ci siamo chiesti se la verità non potesse essere composta dalla somma di tutti quei punti di vista, a volte agli antipodi, perché ciascuno interpreta la vita e le cose della vita utilizzando gli strumenti che ha a disposizione, il proprio ruolo, la propria cultura, le proprie radici, il caso di trovarsi in un determinato posto nel momento sbagliato o in quello giusto.
Io vedo quella madre che urla al microfono: A me andava bene anche se lo inchiodava, mio figlio? Dove sarebbe stato meglio? A casa, o a Regina Coeli, dov'è adesso?, e non posso non provare empatia nei suoi confronti; non posso non immedesimarmi in lei e non capire la sua tragedia.
gianluca neri sanpa
Allo stesso modo non posso non abbracciare virtualmente il figlio di Roberto Maranzano o il fratello di Natalia Berla mentre si danno la colpa delle cose non dette e del tempo che non hanno potuto trascorrere con i propri cari prima che gli fossero strappati via.
Un documentario dovrebbe descrivere la vita utilizzando i colori che si usano nella vita: non solo il bianco o solo il nero; non solo i colori primari, ma tutta la scala Pantone delle emozioni.
CANTELLI
Francesca Angeleri per torino.corriere.it
cantelli muccioli
Magrissimo, Fabio Cantelli Anibaldi attraversa la spiaggia di Rimini e va verso il mare. Sono gli ultimi passi di Sanpa —Luci e tenebre di San Patrignano, la docu-serie realizzata da Netflix, prodotta da Gianluca Neri con la regia di Cosima Spender.
Con il suo volto scavato alla William Burroughs, è forse il personaggio che più ha colpito i tanti spettatori di questo fenomeno televisivo che racconta la comunità di recupero fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli, dagli esordi alla sua morte.
Cantelli vi entrò nel 1983 ventenne e ci rimase 10 anni. Fu un «tossico da vetrina», come egli stesso si è definito: uno all’ultimo stadio che poi frequentò l’università, colto, carino, intelligente. Visse a stretto contatto con Muccioli di cui era il ghost writer e gestì le relazioni esterne della struttura.
Se ne andò una prima volta (ricadendo nella dipendenza) quando Muccioli gli disse che era affetto da Aids molto tempo dopo averlo saputo lui tramite uno screening collettivo della comunità. «Due giorni prima che morisse me ne andai per sempre. Ero molto in crisi per le accuse di omicidio e non riuscivo più a sostenere quel ruolo pubblico».
fabio cantelli
È stato convocato all’ultimo sul set quando un autore lesse il suo libro La quiete sotto la pelle, scritto l’ultimo anno a Sanpa e che verrà presto ripubblicato. Si trasferì a Torino per amore e fece il primo colloquio con don Ciotti che lo accolse subito a lavorare. Da qualche mese è vicepresidente del Gruppo Abele.
Dove sta andando alla fine del film?
«Vado verso l’altro e vado verso l’oltre. È un concetto che ama molto don Ciotti».
fabio cantelli
Da Muccioli a don Ciotti. Come si è evoluta la sua vita dopo San Patrignano?
«Vincenzo stava morendo e non c’era una San Patrignano, per me, senza di lui. Ero senza un soldo: avevo lavorato gratis, anche perché maturava in me una crisi senza ritorno e sapevo che avrei voluto scriverne senza essere tacciato di sputare nel piatto in cui avevo mangiato. Volevo essere libero. Quando arrivai a Torino, due erano le cose che maneggiavo bene: la droga e la scrittura. Andai al Gruppo Abele, in via Giolitti.
sanpa luci e tenebre di san patrignano 2
In un attimo Luigi polverizzò ogni mia idea sui preti. Sono entrambi outsider: Luigi è un prete anomalo e Vincenzo era indefinibile, era un animale che aveva conservato quella capacità percettiva dei bambini, faceva in modo che tra noi disperati si stabilisse una comunicazione profonda e non verbale. Era magnetico.
Quando ci siamo rivisti con gli altri a Rimini per le interviste, dopo 25 anni, ci siamo subito abbracciati ed è divampata una sintonia come se ci fossimo visti due giorni prima. Siamo come reduci di guerra. È stata un’esperienza indimenticabile nel bene e nel male, una situazione in cui tutti ci siamo sentiti vivi come mai prima».
cantelli don ciotti
Qual è oggi il suo pensiero su Muccioli?
«Era straordinario, con virtù e difetti altrettanto straordinari. Qualcuno che ti salva è importante. Ma il senso della vita lo cerchi per sempre, se lo trovi e ti fermi sei sulla cattiva strada. La felicità è la ricerca della felicità».
C’entra l’amore con la sua figura?
«Ci abbracciava tutti come io mai ero stato abbracciato prima. Ci trasmetteva la sua forza. Erano trasfusioni di sé. Erano un’esperienza indimenticabile. Erano un dono di sé e quindi in qualche modo avevano a che fare con l’amore. Ma “L’amore non basta” come dice l’ultimo libro di Luigi. Bisogna ripensare la parola amore, quello che non porta auto trascendenza è solo possesso velato».
sanpa luci e tenebre di san patrignano 3
Lei ha raccontato un’esperienza atroce, il momento in cui cercò di suicidarsi e da cui venne fuori salvo dall’eroina. Qual era il metodo?
«Il metodo era Vincenzo. Finché siamo stati 300 o 400 ci ha seguiti uno per uno. Lessi Moby Dick, una volta fuori, con la splendida traduzione di Pavese. Vincenzo era Achab e noi eravamo la ciurma che lo seguiva nella sua ossessionante ricerca della balena bianca. È stato entusiasmante, ma era un’utopia. Da quella stanza in fondo non sono mai uscito. Con le dovute differenze, penso a Primo Levi, anche lui credo non sia mai andato via dal lager».
sanpa luci e tenebre di san patrignano 1 ANDREA DELOGU SU MUCCIOLI - SANPA: LUCI E TENEBRE DI SAN PATRIGNANO
sanpa luci e tenebre di san patrignano 8 vincenzo muccioli san patrignano sanpa luci e tenebre di san patrignano 2 sanpa luci e tenebre di san patrignano