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    UN DIAVOLO PER CAPELLO: “CON GULLIT VENNI QUASI ALLE MANI PER UN RITARDO. HO SEMPRE PRETESO IL RISPETTO DELLE REGOLE" - CONFESSIONI E RICORDI DI FABIO CAPELLO: "BERLUSCONI MI FECE SOSTENERE DEI TEST PSICOLOGICI CON DEI CACCIATORI DI TESTE. TIRÒ FUORI GLI ESITI QUANDO MI AFFIDÒ LA PANCHINA" – LA DIFFERENZA TRA IL CAV E L’AVVOCATO, LE CENE CON JANNIS KOUNELLIS DA "POMMIDORO" A SAN LORENZO E GLI ANNI DI ROMA NELL’APPARTAMENTO A MOSTACCIANO, CON VISTA SUL RACCORDO ANULARE…


     
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    Estratto dell'articolo di Monica Colombo per il “Corriere della Sera”

     

    Fabio Capello qual è il suo primo ricordo?

    fabio capello fabio capello

    «È legato al mio paese, Pieris, dove vivevamo in sei con lo stipendio di mio papà, maestro elementare».

     

    Erano gli anni del Dopoguerra, anche la sua famiglia come molte altre ha conosciuto le ristrettezze economiche?

    «Non erano certo anni di agiatezza, abitavamo in una casa popolare. Mia sorella dormiva a casa degli zii perché non c’era posto per tutti».

     

    (...) Ferrara è stata la sua prima finestra sul mondo?

    «In quella città ho conosciuto mia moglie Laura. Viaggiavamo entrambi sullo stesso autobus per andare a scuola, lei frequentava le magistrali. Era una chiacchierona e pensavo “questa proprio non la sopporto”. Ci siamo sposati nel 1969 e non ci siamo più lasciati».

     

    Dalla provincia spicca il volo. Il gol di Wembley è il punto più alto della carriera da giocatore?

    «Quella rete del 1973 che ha propiziato la prima vittoria dell’Italia in Inghilterra, ebbe anche un significato sociale. La dedicai ai ventimila camerieri presenti allo stadio, come i nostri connazionali erano stati ribattezzati».

     

    Quando ha conosciuto la famiglia Berlusconi?

    GULLIT CAPELLO GULLIT CAPELLO

    «Nel 1976 quando arrivai al Milan e cercavo casa, Paolo mi mostrò le abitazioni di Milano 2. Erano bellissime, ma lontane da Milanello. Così presi casa a Legnano che per 24 anni è stata la mia base».

     

    Il suo rapporto con Silvio invece?

    «È sempre stato ottimo, da quando da neo presidente del Milan mi fece diventare assistente di Liedholm e poi suo sostituto nel 1987 nelle ultime sei gare di campionato. Mi fece sostenere dei test psicologici con dei cacciatori di teste. Tirò fuori gli esiti quando, dopo Sacchi, mi affidò la panchina della prima squadra».

     

    Agnelli e Berlusconi sono due icone del Novecento. Affinità fra loro?

    capello capello

    «L’Avvocato arrivava, faceva battute fulminanti e ci salutava. Era circondato da un’aura di superiorità. Berlusconi invece era carismatico e accessibile allo stesso tempo».

     

    Per il Cavaliere ha lasciato il Real Madrid dopo un anno?

    «Dopo i successi con il Milan, mi chiamò il presidente Sanz che mi fece tre anni di contratto. Il Real è stata un’esperienza unica, annusi l’aria e capisci di essere nella prima squadra al mondo. Dopo aver vinto la Liga, arrivò la telefonata di Berlusconi. A malincuore a Sanz dissi “mi deve lasciare andare, a quell’uomo devo tutto”».

     

    Come ha vissuto lei, schivo, gli entusiasmi dell’ultimo scudetto della Roma?

    capello capello

    «Sono stati cinque anni favolosi, anche se vissuti da un’angolatura particolare. Alla ricerca della migliore sistemazione, son rimasto nell’appartamento a Mostacciano, con vista sul raccordo anulare. Ma i festeggiamenti li hanno fatti solo i tifosi».

     

    In che senso?

    «Ero abituato, negli altri club, a feste pazzesche fino alle 5 del mattino, con le famiglie. Invece la cosa assurda fu che non si organizzò una cena a livello societario. Quella sera andai al ristorante per i fatti miei. Quando ci fu l’evento al Circo Massimo, avevo già comprato i biglietti per uno dei miei viaggi avventurosi e, offeso, partii».

     

    Ha avuto l’onore di allenare la Nazionale di chi ha inventato il calcio...

    capello pommidoro 19 capello pommidoro 19

    «A Londra sono stato benissimo, vivevo a Knightsbridge, ho visitato i migliori musei. Dopo il mondiale in Sudafrica da cui uscimmo per il gol-non gol di Lampard con la Germania, eravamo già qualificati agli Europei... peccato non essere rimasto ma la frattura con la federazione sulla fascia tolta a John Terry era insanabile».

     

    Cosa avvenne?

    «Dopo che Terry era stato accusato di aver rivolto insulti a sfondo razziale nei confronti di Anton Ferdinand, la federazione mi comunicò di aver già deciso di togliergli la fascia da capitano. Ero contrario perché la scelta avveniva prima del processo al giocatore e costituiva un’invasione nella mia sfera di competenza. Per inciso poi Terry fu assolto».

    italia inghilterra 1973 fabio capello italia inghilterra 1973 fabio capello

     

    Sua moglie l’ha sempre seguita?

    «Solo quando ho guidato lo Jiangsu non è venuta. Ci sentivamo ogni sera alla mezzanotte cinese, quando in Italia erano le sei del pomeriggio. Ci salutavamo con il magone, dopo neanche un anno ho dato le dimissioni».

     

    Tra tutte le leggende che ha allenato scelga un nome.

    «Ronaldo il Fenomeno».

    Il litigio feroce?

    «Con Gullit quasi venni alle mani, non ricordo se per un ritardo. Sono rigido nel pretendere il rispetto delle regole, ai miei giocatori dicevo di trattare gli inservienti come volevano che i loro genitori venissero trattati dagli altri».

     

    Da quando ha la passione per l’arte?

    italo galbiati e Fabio capello alla juventus italo galbiati e Fabio capello alla juventus

    «Me la trasmise Italo Allodi quando giocavo nella Juve, era comproprietario di una galleria».

    La corrente che preferisce?

    «Mi piace l’arte contemporanea. Sono diventato amico di Alberto Burri grazie a Silvano Ramaccioni. Negli anni romani ho conosciuto Jannis Kounellis, mangiavamo da Pommidoro».

    Cosa le manca?

    «Il mio grande amico e collaboratore Italo Galbiati, scomparso di recente».

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