Irene Soave per il "Corriere della Sera"
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Due anni di prigione per una recensione pessima su TripAdvisor: non è un romanzo di vendetta scritto da un ristoratore, ma la condanna che un americano rischia se il giudice lo troverà colpevole di diffamazione nei confronti dei titolari del Sea View Resort dell'isola di Koh Chang, che lo hanno denunciato. Una causa, ha fatto sapere la proprietà del resort, era «l'unico modo per farlo smettere di pubblicare commenti, cosa che continuava a fare».
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In Thailandia la legge sulla diffamazione è tra le più severe al mondo: ong e inviati Onu denunciano spesso che mette a rischio la libertà d'espressione e serve come mezzo di repressione degli oppositori. Dunque ora Wesley Barnes, l'autore delle intemerate contro il Sea View Resort, è stato arrestato, ha trascorso due notti in cella ed è stato rilasciato su cauzione. Oltre al carcere, rischia anche una multa di 200 mila baht (5.400 euro). In attesa del processo - Barnes è americano ma vive e lavora in Thailandia, come insegnante - un'istruttoria la fa un blogger inglese, Richard Barrow, punto di riferimento per gli stranieri in Thailandia: il suo Twitter ospita 5 pagine di dichiarazioni dell'hotel e 2 dell'ospite .
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Barnes, ospite per una sera al Sea View, si siede a tavola con un amico e porta una bottiglia di gin comprata fuori dal resort, le cui regole però lo vietano. Il maitre chiede l'equivalente di una decina di euro per il «diritto di tappo»; scatta una lite e alla fine il maitre decide di «non farlo pagare nemmeno il tappo, per farlo smettere di disturbare». Il giorno seguente su TripAdvisor e su Google (dove per inciso il Sea View Resort ha commenti quasi unanimemente molto buoni) compaiono più recensioni negative, da diversi account aperti dallo stesso Barnes: punteggio minimo, accuse di «scortesia» allo staff, invito a «cercare posti migliori, ce ne sono».
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Una prima versione del testo, che sarebbe poi stata cancellata da TripAdvisor perché irrispettosa delle regole del sito, conteneva insulti e un'accusa di «riduzione in schiavitù» del personale dell'albergo. «Avevo assistito a una scenata fatta a un cameriere ed è lì che avevo deciso di scrivere una recensione negativa». I manager dell'hotel cercano di contattarlo, via email e telefono, quattro volte. Non ricevono mai risposte fino a dopo l'arresto. «Concordiamo che una causa per diffamazione possa parere eccessiva», scrive la proprietà, ma «non siamo mai riusciti a parlare con lui».
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In effetti il regolamento thailandese contro la diffamazione è molto temuto e usato spesso per mettere a tacere cronache o report sulle condizioni di lavoro nel Paese (la più nota tra le cause recenti è quella poi vinta da un giornalista per un tweet sulle condizioni di lavoro in un mattatoio). Ora sembra sempre più frequente il ricorso al codice penale anche per le controversie online, come in questo caso: il blogger Richard Barrow racconta di un conoscente «arrestato mentre lavorava a scuola e portato direttamente in tribunale per aver postato una recensione da una stella su Google». E ora «chiunque vada in Thailandia dovrà tenere conto che rischia il carcere se lascia un commento negativo: pessima stampa per il Paese».
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