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    CARIGE PIANGENTE – CHI HA SVUOTATO I CONTI DELLA BANCA GENOVESE? I CLIENTI: IN 18 MESI LA RACCOLTA DIRETTA È CALATA PER 3,8 MILIARDI. MA TRA I NOMI PESANTI, CHE RITIRARONO SOMME INGENTI QUANDO VENNE DECISO IL COMMISSARIAMENTO, CI SONO LA CEI E LA COMPAGNIA ASSICURATIVA AMISSIMA, PERALTRO DI PROPRIETÀ DI QUEL FONDO APOLLO CHE OGGI CARIGE SE LA VORREBBE COMPRARE...


     
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    Luca Piana per “Affari & Finanza - la Repubblica”

     

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    C hi sono i clienti di Carige che hanno portato via i loro soldi dal conto corrente, spingendo le autorità a commissariare la banca ligure? Una prima risposta è quasi ovvia: l' hanno fatto in tanti, visto che in soli 18 mesi il dato di bilancio che fotografa più da vicino questi denari - la raccolta diretta - è calato trimestre dopo trimestre perdendo ben 3,8 miliardi. Ma c' è anche una seconda risposta, che riguarda gli ultimi drammatici giorni del 2018, quando il commissariamento venne deciso. E i nomi che è possibile ricostruire, fra quelli che ritirarono somme ingenti, sono due: la Conferenza episcopale italiana (Cei) e la compagnia assicurativa Amissima, di proprietà del fondo Apollo, che oggi è tra i soggetti interessati a comprare Carige.

     

    vittorio malacalza vittorio malacalza

    Le operazioni compiute da due soggetti così diversi hanno una natura altrettanto differente. La Cei è l'assemblea dei vescovi italiani e gestisce i fondi dell'8 per mille. Ha rapporti con molte banche e possiede un conto anche in Carige dove, nel giugno del 2018, secondo informazioni che Affari&Finanza ha raccolto, vengono depositate somme per alcune centinaia di milioni di euro, legate all'attività di tesoreria. L'estate scorsa la banca genovese stava vivendo una fase già molto tormentata. Si stava definitivamente consumando il rapporto tra l'amministratore delegato Paolo Fiorentino e l'azionista di riferimento, la famiglia Malacalza, titolare del 27,5% dell'istituto.

     

    ILLUSIONE SEMESTRALE

    Il 2 agosto Fiorentino presenta il bilancio del semestre gennaio-giugno, dove si sostiene che il turnaround della banca procede bene e dove, per la prima volta, torna a crescere anche la raccolta diretta, grazie ai depositi in conto corrente. Il 20 settembre però Fiorentino e la cordata di soci che lo appoggiano perdono la battaglia in assemblea contro i Malacalza, e arrivano nuovi amministratori. Il neo presidente Pietro Modiano e l'amministratore delegato Fabio Innocenzi trovano una situazione diversa da quella che era le-cito sperare dai risultati del primo semestre.

     

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    La raccolta diretta crolla: in tre mesi, dal primo luglio al 30 settembre, scende di 746 milioni. Tra i clienti che non confermano la fiducia nell'istituto, c'è anche la Cei: gran parte della liquidità depositata in giugno tre mesi più tardi risulta già trasferita, anche se i vescovi la-sciano sul conto un residuo comunque pari a diverse decine di milioni.

     

    La fuga dei clienti non lascia indifferenti le autorità. I risultati al 30 settembre così negativi vengono an-nunciati il 12 novembre assieme all'intervento del Fondo interbancario di garanzia (Fitd), che ha il compi-to di garantire le somme depositate dai clienti in una banca che va in difficoltà. Il Fondo annuncia che sottoscriverà un prestito convertibile per 320 milioni. Le regole d'ingaggio prevedono che il prestito venga convertito rapidamente: il consiglio di amministrazione di Carige si impegna a convocare l'assemblea per il successivo 22 dicembre, un sabato, per deliberare un aumento di capita-le da 400 milioni.

     

    I MOVIMENTI DI AMISSIMA

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    Com'è noto, le attese di una svolta vanno deluse. In assemblea, infatti, i Malacalza si astengono e bloccano la ricapitalizzazione. È proprio dopo il 22 dicembre che la Cei decide di togliere gli ultimi fondi lasciati in Carige l'estate precedente: «Si trattava di investimenti di tesoreria che andavano a scadenza a fine anno e che non vennero rinnovati. D'altro canto proprio in quei giorni la mancata approvazione dell'aumento di capitale non era un segnale incoraggiante per gli investitori», conferma l'Ufficio nazionale per le comunica-zioni sociali della Cei.

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    La Conferenza dei vescovi non è l'unico cliente a liquidare le posizioni dopo l'assemblea. Tra gli altri, secondo quanto è possibile ricostruire, c'è anche Amissima. La compagnia di assicurazioni controllata dal fondo Apollo in dicembre aveva effettuato alcune operazioni che ave-vano comportato l'accredito sui con-ti di Carige di somme consistenti, stimabili in alcune centinaia di milioni. In maniera altrettanto repentina, però, le stesse posizioni vengono tra-sferite dopo i122 dicembre.

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    Interpellato in merito, l'amministratore de-legato Alessandro Santoliquido dice che Amissima ha «un importante deposito titoli presso la banca» e che, di conseguenza, «importanti opera-zioni di accredito e di successivo ad-debito sono generalmente legate al-la normale gestione finanziaria». Santoliquido non attribuisce le movimentazioni di quei giorni bollenti a motivi particolari ma alla normale gestione finanziaria di una compagnia che «ha 6,5 miliardi di riserve». L'allarme delle autorità, sia come sia, raggiunge il culmine e i12 genna-io Carige viene commissariata dalla Banca centrale europea (Bce). Modiano e Innocenzi restano come commissari, affiancati da un esper-to giurista, Raffaele Lener. I dati resi pubblici si fermano al dicembre 2018, e certificano un altro consi-stente svuotamento dei depositi. Tra il primo ottobre e il 31 dicembre 2018 la raccolta diretta è crollata di altri 1,8 miliardi.

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    Non si sa quanti ne siano usciti prima dell'assemblea e quanti dopo. Difficile ipotizzare, pe-rò, che un movimento così consistente si sia verificato negli appena tre giorni lavorativi - tra i quali la vigilia di Natale - che nel 2018 ci sono stati tra i122 e i131 dicembre. Il nome di Amissima porta, però, all'attualità più stretta. Il gruppo assicurativo è nato nel giugno 2015, quando Carige cedette al fondo Apollo Global Management le sue due compagnie captive, che vendevano polizze vita e danni.

     

    Il contratto prevedeva un prezzo di 310 milio-ni, in certa misura (70 milioni) finanziato da un prestito della stessa banca ligure. Fra le due parti, però, i rapporti si fanno subito difficili. Nel 2016 il nuovo cda di Carige fa causa agli ex amministratori della banca che avevano firmato il contratto e allo stesso fondo americano, chieden-do 1,25 miliardi di danni.

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    La richiesta riguarda sia i danni che l'istituto ritiene di aver subìto con la cessione delle assicurazioni, sia quelli impu-tati a altre operazioni tentate da Apollo. Lo scorso dicembre il Tribu-nale di Genova ha però dato torto alla banca, condannandola anche al pagamento delle spese legali. Ma non è finita, perché il contrat-to del 2015 per la vendita delle assi-curazioni comporta una coda. Nel giugno 2020 è fissata una verifica per valutare se le riserve rilasciate da Carige ad Apollo siano sufficienti per liquidare i sinistri che la nuova Amissima è tenuta a pagare.

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    Se così non fosse, Carige dovrà rimborsarla fino a un massimo di 99 milioni. Al reintegro dovranno essere somma-te ulteriori penali, stimate in altri 22 milioni, nel caso la rete degli sportel-li dell'istituto genovese non riuscis-se a raggiungere gli obiettivi di ven-dita delle polizze.

     

    IL CASO BLACKROCK

    Questo fardello da 121 milioni, non è l'unico che grava su Carige. Lo si può dedurre dal piano industriale che i tre commissari hanno presen-tato il 27 febbraio. La previsione è che la banca chiuda il 2019 con una perdita ante imposte di 72 milioni, che aumenterà però a 433 milioni considerando diverse voci una tan-tum. Sarebbero da inserire tra que-ste i quattrini dovuti ad Amissima.

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    Come lo sarebbero le penali possibi-li verso altri soggetti, a causa di con-tratti sottoscritti negli ultimi anni, ad esempio con il fondo Chenavari, che da Carige ha acquistato Credi-tis, con Nexi, oppure con il Credito Fondiario, nel caso Carige cedesse le sofferenze a un altro soggetto, la società pubblica Sga, vendita che i commissari studiano da tempo. Nei mesi passati i commissari erano stati avvicinati dal più grande fondo d'investimento del mondo, Blackrock, che aveva avviato una trattativa per rilevare Carige e tenta-re un innovativo programma di rior-ganizzazione. Blackrock, che aveva proposto una ricapitalizzazione con-sistente (780 milioni), a inizio mag-gio si fa però da parte.

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    Fra i motivi della rinuncia, ci sarebbe proprio il peso delle penali, e la preferenza dei commissari a chiudere tutte le pendenze fin da subito. Nei giorni scorsi il Sole 24 Ore ha scritto che i commissari stessi avreb-bero definito i termini di un accordo per liquidare fin da ora i 121 milioni di penali nei confronti di Amissima che, da contratto, matureranno solo nel 2020. Subito si è scatenata la ba-garre con Vittorio Malacalza, il pa-tron del gruppo di famiglia che, og-gi, vede nei ruoli operativi i figli Mat-tia e Davide: la stessa cifra, hanno so-stenuto diverse indiscrezioni, sareb-be quella che il fondo Apollo avreb-be proposto di investire in un au-mento di capitale compreso fra 450 e 500 milioni, da fare assieme al Fon-do di garanzia, per prendersi tutta Carige. Comprarsi Carige con meno soldi di quelli ipotizzati da Blac-krock, per di più messi dalla stessa banca. Se le indiscrezioni fossero ve-re, sarebbe troppo per pensare che tutto fili senza scossoni. Di qui l'atte-sa di altri colpi di scena.

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