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    CRASH! IMPARATE QUESTA PAROLA, “CARMAGEDDON”: INDICA UNA POTENZIALE ONDATA DI FALLIMENTI NEL SETTORE DELL’AUTO – COME PER IL PETROLIO, L’AUTOMOTIVE PATISCE LA SOVRA-OFFERTA, CON NAVI CARICHE DI MACCHINE CHE NON VENGONO FATTE SBARCARE NEGLI USA PERCHÉ NON C’È POSTO DOVE METTERLE – IL GIGANTE DEL NOLEGGIO “HERTZ” È A UN PASSO DALLA BANCAROTTA, VISTO CHE NEL BREVE TERMINE IL MERCATO NON RIPARTIRA'


     
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    Mauro Bottarelli per www.businessinsider.com

     

    auto invendute auto invendute

    Carmageddon, l’armageddon del comparto automobilistico: il neologismo è già pronto. Così come la parola d’ordine di quello che appare il vero canarino nella miniera della potenziale ondata di default che potrebbe caratterizzare la Fase 2 del lockdown da Covid-19 negli Usa (e nel mondo, Europa in testa): glut.

     

    Eccesso. Esattamente come per i barili di petrolio, la cui consegna fisica diviene materia e driver dei crolli delle valutazioni ogni volta che un contratto future si approssima al roll della scadenza, così anche l’automotive sta patendo il suo intasamento da sovra-offerta di mercato. E il paragone con il greggio non è affatto peregrino, perché – come sottolineava Bloomberg – i tankers che non vengono utilizzati come siti di stoccaggio galleggiante per l’oro nero, ora divengono giocoforza enormi parcheggi in mezzo all’oceano e al largo di porti che non intendono farli attraccare.

     

    L’ultimo caso risale al 24 aprile, quando al terminal marittimo di Los Angeles una nave con a bordo circa 2.000 Suv della Nissan si è sentita rispondere “no” all’autorizzazione all’ingresso, ricevendo l’invito ad attraccare ad almeno un miglio dalla struttura. In mare aperto. La ragione? Le infrastrutture di stoccaggio del porto erano già piene di automobili in attesa, formalmente, di essere sdoganate e trasportate in piazzali di rivenditori di tutto il Paese.

    centinaia di auto parcheggiate centinaia di auto parcheggiate

     

    Dove, stante appunto il glut strutturale, resteranno comunque ferme. In molti negli Usa, ormai parlano di una situazione arrivata a un tale punto limite per il settore da necessitare un salvataggio statale sul modello del Car Allowance Rebate System lanciato da Barack Obama nel giugno 2009 per evitare che Detroit si tramutasse da Motor city a Ghost town d’America.

     

    porto di los angeles porto di los angeles

    D’altronde, i presupposti di emergenzialità paiono già oggi esserci tutti per un settore che non solo è fondamentale per l’industria Usa, ma, attraverso l’uso sistematico del credito al consumo per gli acquisti a rate, sconta anche un alto livello di esposizione finanziaria attraverso le cartolarizzazioni dei prestiti. A confermare l’eccesso di offerta ci ha pensato, interpellato da Bloomberg, John Felitto, responsabile della filiale statunitense del gigante delle spedizioni norvegese Wallenius Wilhelmsen, a detta dei quale “i rivenditori non stanno più accettando veicoli e la crisi di noleggi e flotte sta aggravando la situazione.

     

    vendite di auto negli usa vendite di auto negli usa

    La situazione cui stiamo assistendo è completamente diversa da quanto io abbia mai visto in tanti anni di lavoro nel settore. Non esiste un soggetto di mercato che non sia fornito fino al collo, incapace di gestire nuovi flussi anche minimi”. Insomma, un caos. Al quale non si vede una soluzione in tempi brevi, poiché come mostra questo grafico le prospettive di breve e medio termine per le vendite di veicoli negli Usa appaiono da mani nei capelli.

     

    auto non vendute 1 auto non vendute 1

    Bloomberg stima che la domanda per automobili e trucks calerà del 27% a quota 12,5 milioni di veicoli quest’anno, mentre aprile è stato il peggiore da quando vengono tracciate le serie storiche. In compenso, l’indice Standard&Poor’s 500 nello stesso lasso di tempo ha vissuto i migliori 30 giorni di trading dal 1987. Stando ai calcoli di Edmunds, riportati nel grafico, il dato su base annua – se proiettato rispetto a quello da record negativo di aprile – si fermerà addirittura a quota 7,7 milioni di veicoli in totale, un calo del 52,2% rispetto alle vendite dello stesso mese nel 2019 e del 36,6% rispetto a marzo di quest’anno.

    carmageddon carmageddon

     

    Per Jessica Caldwell, executive director delle insights di Edmunds, “quello patito ad aprile di quest’anno è stato il colpo più duro che il comparto automotive Usa abbia mai regsitrato in decadi intere di operatività“.

     

    nave piena di auto nave piena di auto

    Stando alla rilevazione Manheim di metà mese di aprile, l’indice che traccia il valore delle auto usate negli USA ha segnato un -11,5% nei primi 15 giorni, un ritmo che rappresentava appunto il record sulla serie storica. Stando a JP Morgan, i veri perdenti di un simile sviluppo sono i concessionari captive-finance di produttori come General Motors e Ford e le compagnie di noleggio. Se i prezzi termineranno il secondo trimestre in calo di un 10% rispetto quanto preventivato, le perdite potrebbero totalizzare qualcosa come 3 miliardi di dollari per GM Financial e 2,8 miliardi per Ford Credit.

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    Specialisti del settore come Ally Financial Inc. si attendevano infatti un calo delle valutazioni fra il 5% e il 7%, mentre GM si diceva preparata finanziariamente un -4%, almeno stando ai dati di inizio aprile. Peccato quest’ultima abbia nei suoi books qualcosa come 30,4 miliardi di controvalore in veicoli destinati al leasing, stando ai bilanci di fine 2019 e ogni 100 punti base di aumento delle stime per il deprezzamento equivale a 304 milioni di dollari di costi aggiuntivi.

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    Per aziende come Avis e Hertz, poi, ogni 1% di aumento dei costi delle flotte si tramuta in un drenaggio da 20 milioni di dollari sulle earnings pre-tasse. E per quanto riguarda proprio il comparto dei noleggi, c’è voluto poco prima di passare dalle previsioni pessimistiche a un epilogo che si preannuncia comunque grave e foriero di conseguenze a lungo termine. E ampio spettro. Stando a quanto ricostruito dal Wall Street Journal, Hertz sarebbe a un passo dalla procedura di bancarotta.

     

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    Il gigante del noleggio, infatti, ha scelto giocoforza la strada del non pagamento degli oneri legati ai contratti di leasing al fine di preservare liquidità e ora starebbe trattando con creditori senior e detentori obbligazionari della sua sussidiaria di finanziamento per giungere a una riduzione del carico di debitorio che vada oltre al grace period. L’azienda, la quale ha già annunciato 10mila esuberi, ha un stock di debito pari a circa 17 miliardi di dollari che include 3,7 miliardi di corporate bonds e prestiti, oltre a 13,4 miliardi di notes direttamente legate alla flotta. Miracoli della Fed, il titolo azionario resta in area 4,70 dollari per azione. Il credit default swaps a 5 anni, però, parla un’altra lingua, come mostra il grafico

     

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    Infine, nel giorno in cui General Motors sospendeva non solo dividendi ma soprattutto il programma di buybacks azionari per preservare liquidità, ecco che un altro tassello arrivava a dare forma al mosaico della crisi in progress.

     

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    Stando all’ultima rilevazione di Credit Acceptance, il numero di utilizzatori subprime di credito al consumo per acquisti di autoveicoli che già oggi ha optato per la cosiddetta politica di reallocating resources – ovvero, rimandare i pagamenti delle rate a fronte di priorità di bilancio familiare più stringenti – è al livello della crisi 2007-2008. Ally Financial, dal canto suo, ha comunicato che il 25% dei suoi clienti con prestiti in essere nel comparto automotive, ha aderito immediatamente al suo payment-deferral program. Il timore? Un’ondata di pignoramenti e ripossessioni, destinati ad aumentare la già enorme sovrabbondanza di offerta sul mercato e a schiacciare ulteriormente al ribasso le valutazioni. Carmaggedon, appunto.

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