Federica Angeli per “la Repubblica - Roma”
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«Presidente, ora tutti mi considerano il diavolo. E io faccio il diavolo. Ma prima di questo processo con me ci parlava tutto il mondo». Un messaggio tutto da decifrare quello che Massimo Carminati ha lanciato ieri dal carcere di Parma in collegamento con l’aula bunker di Rebibbia. L’occasione gli serve per ribadire che il teste appena sentito in aula, Salvatore Nitti un ispettore ora in pensione ma per 40 anni in servizio al commissariato Ponte Milvio, parlava con lui come «tutto il mondo».
I rapporti tra il poliziotto e Carminati, Brugia e Lacopo, il nucleo violento della gang, escono fuori per la prima volta nel corso della 141esima udienza. Telefonate inedite che dimostrerebbero come l’ispettore Nitti fosse al servizio del gruppo criminale. «Io aiutavo tutto il quartiere, mi conoscono tutti. Perché non farlo con Massimo e Riccardo?». Un altruismo che lo spinge a far ottenere il passaporto al Cecato e a un altro imprenditore arrestato nella maxi-inchiesta, Massimo Perazza (e che grazie a quel passaporto si rende latitante a Santo Domingo).
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Non solo: fa da autista all’ex Nar due volte: una per portarlo in commissariato e una per mostrargli un terreno sulla Flaminia Nuova che Carminati voleva acquistare. Ancora: è Nitti che porta Fausto Refrigeri, una persona che aveva un debito con Riccardo Lacopo, titolare del distributore di benzina di corso Francia (quartier generale dell’organizzazione) a saldare tutto con due assegni.
«Perché lo accompagnai? Me lo chiese lui, mi disse: ‘se mi accompagni è più credibile. Gliel’ho detto io faccio favori a tutti». La risposta dell’agente in pensione è solo l’inizio di una serie di imbarazzanti scuse che il pm Luca Tescaroli riceve nel corso del suo lungo controesame. «Perché appena arrivò col debitore al distributore strizzò l’occhio a Lacopo?». «Era un modo per salutarlo. Io oltre al buongiorno e buonasera non dicevo altro a queste persone».
massimo carminati
La giudice Rossana Ianniello si spanzientisce: «Accompagnare Carminati, portargli i moduli per fare i passaporti al distributore, rendersi disponibile per trovare case in affitto per il figlio: questi sarebbero i rapporti di buongiorno e buonasera?». «Cado dalle nuvole», risponde l’ispettore.
«Continuava a frequentare il commissariato dove ha lavorato per 40 anni per favorire il gruppo?» prosegue nel controesame il pm. «No. Sono andato in pensione nel 2010» risponde l’ex agente. «Allora perché ha chiesto a Carminati di raggiungerla in ufficio, a Ponte Milvio, nel 2013?». «Impossibile non ho mai ricevuto Massimo in ufficio».
Ma qui salta fuori una telefonata del marzo 2013 che lo inchioda. Telefonata che la giudice Ianniello, dopo averne ascoltato la lettura, pretende che venga sentita in aula. Nitti dice a Carminati che lo aspetta nel suo ufficio, a Ponte Milvio. «Non riconosco la mia voce», dice il teste. Ma il numero di cellulare è il suo e la voce è identica. Gli avvocati seduti alle ultime file scuotono la testa. Negare davanti l’evidenza è un pessimo segnale che la giudice non manca di sottolineare. «Io torno a ricordarle che è sotto giuramento e mentire è un reato».
massimo carminati ponte milvio
La stoccata finale arriva col controesame dell’avvocato Giulio Vasaturo dell’associazione Libera. «Lei sapeva chi era Carminati? », chiede. «No». «Non aveva mai sentito dei suoi trascorsi nei Nar e nella banda della Magliana?». «No, non lo sapevo». «È l’unico poliziotto in Italia a non sapere chi fosse. Nessun’altra domanda». Nitti non può più negare, dice, in corner, di aver sentito qualcosa sul Cecato, di sapere più o meno. Quel che non spiega è perché un agente, al netto dell’altruismo innato, fosse al servizio di Carminati e soci accusati di associazione mafiosa.
piazza euclide corso di francia