Irene Soave per il “Corriere della sera”
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Perché Mulan, che secondo la fiaba sarebbe una guerriera ragazzina travestita da maschio, cavalca con vezzosi capelli al vento? Perché in 90 secondi di trailer non c' è il capitano Li Shang, che nel cartone animato del 1998 si è poi innamorato di Mulan? Ma soprattutto: dov' è il draghetto Mushu?
Il trailer del remake filmico di Mulan , che Disney porterà sullo schermo il 27 maggio 2020, è appena uscito e dura solo un minuto e mezzo. Ma è già stato visualizzato in tutto il mondo milioni di volte. E lo «scontro di civiltà» che ha sollevato sui social ricorda quello fronteggiato proprio da Mulan nel poema cinese del VI secolo da cui cartone animato e film sono tratti, Hua Mulan , in cui l' imperatore chiama a raccolta tutti i riservisti della Cina per combattere gli Unni.
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Gli Unni, qui, per il pubblico occidentale sarebbero proprio i produttori Disney, rei di avere «storpiato» la sceneggiatura del cartone animato originale per andare incontro ai gusti dell' audience cinese, sempre più importante.
«Un segno deludente che Disney si inchina al nazionalismo cinese», titola ad esempio il Guardian ; l' hashtag #Mulan ha tenuto banco nelle classifiche di Twitter di tutto il mondo, e ha generato su Weibo, il social network cinese, circa un milione di post. E le reazioni degli internauti cinesi sembrano in maggioranza entusiaste di questa nuova versione politicamente e filologicamente corretta.
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Il trailer fa intuire che dalla versione 1998 - in Cina non piacque, e fu distribuito in poche copie - sono spariti alcuni elementi, e proprio quelli potenzialmente più offensivi per il pubblico cinese.
La trama sentimentale: nel 1998, da brava principessa Disney, Mulan suggellava con un bacio l' amore col suo capitano e vivevano per sempre felici e contenti. Questo arco narrativo sembra sparito dal film, più fedele al poemetto originale in cui la guerriera non si innamorava proprio di nessuno, tantomeno era considerata sposabile e soprattutto difendeva la patria in armi (ed è questo aspetto che secondo il Guardian ammicca al sentimento nazionalista di Pechino).
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Via anche la scena in cui Mulan, per sembrare un maschio, si taglia i capelli con la spada: nel film combatte con chiome deliziosamente ondulate. Un' incongruenza, che però mette in risalto la bellezza dell' attrice 31enne Liu Yifei: esperta di arti marziali, diplomata alla Beijing Film Academy, molto amata in Cina.
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Ma il più compianto sui social occidentali - meno su Weibo - è lo spiritello Mushu, goffo e provvidenziale aiutante di Mulan nel cartone animato. In Italia era doppiato da Enrico Papi: che però non si unisce al coro, e anzi gongola perché così «resterò l' unica voce di un personaggio così amato, e certo andrò a vedere il film». Nel cartone animato aveva le sembianze di un draghetto e il nome, Mushu, di un piatto tipico: come se in un film dal protagonista italiano uno dei personaggi si chiamasse Lasagna.
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Del resto il mercato cinematografico cinese ha superato già nel 2017 quello americano: entro il 2020 gli incassi del box office in Cina saranno di 15 miliardi di dollari l' anno, contro gli 11 americani; difficile, e controproducente, ignorarne la sensibilità.
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Disney, dal minimo storico del 1998 (quando oltre a Mulan si vide bocciare in Cina anche Kundun , il film di Martin Scorsese sul Dalai Lama), non fa che risalire. Il Disneyworld da 5 miliardi e mezzo di dollari aperto a Shanghai nel 2017 è un grande successo. E sono molti i film disneyani esportati in Cina. Con alterne fortune: Nemo è andato molto bene, Inside Out è stato un flop.
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della sera”
Non c' è tregua neanche per la Sirenetta. La Walt Disney ha scelto l' attrice e cantante afro americana Halle Bailey, 19 anni, per il ruolo di Ariel, la protagonista nel nuovo film ispirato alla favola del danese Hans Christian Andersen. Subito sui Social si è formata la fazione del «no alla Sirenetta nera», con gli hastag «NotMyAriel» e «NotMyMermaid».
sirenetta
Un caso minore rispetto alle grandi questioni del Paese?
O un segnale di quanto sia facile attizzare lo scontro ogni volta che entra in gioco il colore della pelle? Sta di fatto che la polemica corre sulla rete. Il Washington Post ha raccolto alcuni dei tweet «d' opposizione», scartando i più beceri. «Lasciate in pace i classici, se qualcuno vuole una principessa di etnie differenti, di altri colori eccetera, ebbene che scriva nuovi racconti».
la sirenetta nera
Oppure: «Vogliamo una rappresentazione accurata di Ariel». Ancora: «C' è stato un enorme problema sul Re Leone (altro film di successo della Disney) per avere un cast africano, non è vero? Bene adesso abbiamo un enorme problema perché Ariel non è "ginger", non è fulva al punto giusto». Il riferimento è al cartone animato del 1989, la prima versione cinematografica della Disney.
Ariel, la Sirenetta, è una creatura con una lunga chioma rossa, carnagione chiara, quasi trasparente, occhioni blu, grandi ciglia, un reggiseno fatto di conchiglie e la coda da pesce verde smeraldo. Breve ripasso della storia: la Sirenetta, figlia del Re Tritone, vive nei fondali.
la sirenetta in versione erotica
Quando compie quindici anni ottiene il permesso di salire in superficie e dare un' occhiata al resto del mondo. Incrocia una nave comandata da un principe bellissimo. Si innamora all' istante e comincia a sognare di diventare un essere umano per poterlo sposare. Ariel chiede aiuto a una Strega che le prepara una pozione magica: perderà la coda da pesce, ma anche la sua voce incantevole.
la sirenetta sul maiale
Nel testo originale di Andersen finisce male: la Sirenetta non riuscirà a unirsi con il suo principe e si dissolverà come schiuma nel mare. Per lo scrittore danese la ragazza è un simbolo dei sogni impossibili e dei desideri incompiuti. E i suoi concittadini se ne ricordano ogni volta che passano davanti alla statua del pesce-donna collocata all' ingresso del porto di Copenhagen.
Nell' adattamento della Disney, invece, il lieto fine è assicurato. Nessuno, però, nel 1989 contestò la sostanziale deviazione dalla «morale» più profonda contenuta nel testo originale del 1837.
Ecco perché ora questa accesa difesa dell'«autenticità» della Sirenetta appare un po' falsa, un po' ipocrita. Sui Social molti hanno liquidato le critiche semplicemente come «razziste». E dopo qualche giorno di riflessione, la Walt Disney ha deciso di rispondere con un post su Instagram firmato da Freeform, un canale tv del gruppo. È una «lettera aperta alle povere e disgraziate Anime».
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Comincia così: «L' autore della Sirenetta era danese... Ariel vive sott' acqua, ma, per amore della discussione, diciamo che era danese pure lei... Ebbene le Sirenette danesi possono essere nere, perché i danesi possono essere neri... e i danesi neri, così come gli abitanti del mare, possono avere "geneticamente" i capelli rossi.
La Sirenetta
Ma in ogni caso Ariel è un personaggio di fantasia e se tu non riesci ad accettare la scelta dell' incredibile, sensazionale, talentuosa e meravigliosa Halle Bailey... solo perché "non è uguale al cartone animato", beh allora, ragazzo mio, ho una notizia per te... che riguarda te», cioè i «tuoi» pregiudizi.