Marco Bonarrigo per corriere.it - Estratti
l'impresa di marco pantani al santuario di oropa
«Il 14 febbraio 2004 andai a letto presto: era un momento poco felice della mia vita, volevo stare solo e in silenzio. Alle 21 suonò il telefono. Risposi perché era un caro amico, Marino Bartoletti. Ricordo soltanto due parole. Pantani. Morto». Di Marco Pantani, Davide Cassani è stato tutto: capitano, gregario, mentore, uomo di fiducia, portavoce, cronista delle più grandi imprese.
«Ma di base eravamo due ragazzini romagnoli introversi e innamorati del ciclismo e della nostra terra — spiega l’ex commissario tecnico azzurro —. Oggi il dolore è attenuato dai milioni di tifosi che continuano ad amarlo. Ma resta il fatto che la maggior parte di noi, me compreso, non l’ha mai capito davvero a fondo».
Cosa non abbiamo capito di Pantani, Cassani?
«La sua fragilità, la complessità e i silenzi. Lo tifavamo, lo adoravamo, lo lusingavamo ma non sapevamo ascoltarlo. Nessuno sapeva ascoltarlo. Ricordo una cena durante l’inverno, a Rimini: tutti a parlargli addosso della Milano-Sanremo che stava per arrivare, di cosa avrebbe potuto combinare in una corsa impossibile per le sue caratteristiche. Lui muto: immagazzinava tutto. Poi, tre mesi dopo, il famoso scatto sulla Cipressa che fece impazzire il gruppo».
ullrich pantani
Si parlò di azione arrogante, di spazio rubato ai favoriti che si arrabbiarono. Non tutti i colleghi lo amavano.
«Era un’azione per vincere, scombinando le carte. Poco importa che non sia riuscita. Marco non cercava palcoscenici temporanei ma vittorie e l’impresa impossibile lo esaltava come nelle sfide con Ullrich, un mostro che pareva imbattibile».
Gli anni di Pantani furono anni terribili per tutto il ciclismo e per tutti i ciclisti. Lui pagò più di altri?
beppe martinelli - marco pantani - tour de france 1998
«Marco aveva la fragilità di un cristallo. Su Madonna di Campiglio e sulla sua espulsione dal Giro d’Italia la si può pensare come si vuole: doping o tranello per farlo fuori, non lo sapremo mai con certezza. Ma il suo orgoglio smisurato venne umiliato e lui non si riprese mai. Da quel momento cambiò del tutto: era sempre sulla difensiva, impaurito, ancora più insicuro. Temeva che chiunque potesse pugnalarlo alle spalle».
Eppure di botte ne aveva già prese tante.
«Nel 1997 la Mercatone Uno mi chiese di affiancarlo fuori corsa in un anno difficile. Marco uscì vivo per miracolo dall’incidente della Milano-Torino e cadde e si ritirò dal Giro sul Chiunzi, per via del famoso gatto che gli attraversò la strada. Ricordo le sei ore in macchina io e lui per tornare a Cesenatico. Non una parola. Aprì bocca solo davanti a casa: io non mollo, disse. Due mesi dopo fu terzo al Tour».
marco pantani - tour de france 1998
Dopo Madonna di Campiglio mollò.
«Si ruppe dentro, completamente. E nessuno di noi riuscì a capire che la rottura l’avrebbe portato a quella fine tragica».
(...)
Cosa resta di Pantani, vent’anni e cento inchieste dopo?
«L’amore della gente, anche di chi non l’ha mai visto correre perché era troppo giovane per farlo. È una tragedia diversa da quella di Coppi ma, come Fausto, Marco sarà per sempre una fonte d’ispirazione. Le polemiche e le inchieste sfioriranno. Rimarranno i suoi scatti, le sue vittorie, il suo volto sofferente».
cassani CASSANI
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