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    CATASTROFE SCALA – MATTIOLI SUL BALLO IN MASCHERA DI VERDI: "REGIA, SCENE E COSTUMI DI MARCO ARTURO MARELLI SONO UNA BARZELLETTA E NEMMENO DIVERTENTE. NON ENTRO NEI PARTICOLARI PER NON INCAZZARMI ULTERIORMENTE. QUESTO SPETTACOLO È IL SINTOMO DELL'IMPASSE IN CUI SI TROVANO ALLA SCALA. TERRORIZZATI COME SONO DAGLI EVENTUALI BUUU! DI QUALCHE MELOMANE MEDIO NON SI ATTENTANO A CHIAMARE DEI REGISTI VERI E RIPIEGANO SU QUESTI FOSSILI. E CE N'EST QU'UN DÉBUT, PARE. CHE IMBARAZZO…"


     
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    Dal profilo facebook di Alberto Mattioli

     

    un ballo in maschera un ballo in maschera

    Aggiornamento statistico. Ieri sera la mia recita d'opera numero 1.897: "Un ballo in maschera" alla Scala - Parte musicale. Nicola Luisotti sostituisce in corsa Riccardo Chailly, dunque merita tutte le attenuanti e i ringraziamenti del caso. Direzione "efficiente", diciamo così, solida, sicura, a tratti pesante, spesso priva di sfumature. Nessun disastro, anzi una tenuta generale e un po' generica: per la sublime ambiguità del Ballo sarà per un'altra volta.

     

    Francesco Meli e Luca Salsi sono quanto di meglio offre oggi il supermarket verdiano, stando almeno a quello che voleva Verdi e non a quello che credono i sedicenti verdiani. Meli continua a offrire prodezze come i famigerati salti di tredicesima della Ballata: considerato che già li fece otto anni fa all'Arena (sic!), un exploit. Qualche acuto è un po' tirato e nell'aria del terzo atto si sente un'ombra di stanchezza, però il fraseggio è curatissimo, la dizione perfetta, il personaggio meditato e convincentissimo. Idem Salsi, che canta splendidamente con acuti rocciosi e un attacco memorabile di "O dolcezze perdute". Entrambi avrebbero bisogno di un'altra direzione e soprattutto di un'altra regia, anzi di una regia tout court. Però fanno Verdi e lo fanno come lo vogliamo oggi, teatro di personaggi e non solo di voci, canto come mezzo e non come fine.

    un ballo in maschera un ballo in maschera

     

    E' quindi abbastanza stridente il contrasto con l'espressività caricata e didascalica, molto americana, di Sondra Radvanovsky, che esibisce gran volume, brutto timbro, difficoltà a controllare le dinamiche, gravi sontuosi e suoni metallici nel passaggio di registro superiore. Però è la più applaudita, quindi evidentemente sbaglio io. Yulia Matochina è un'accettabile Ulrica, Federica Guida sarebbe un accettabile Oscar se non subisse le idiozie della regia, rozzissimi i congiurati e indecente Silvano: c'era davvero bisogno di importarlo da Vienna.

     

    Regia, scene e costumi di Marco Arturo Marelli sono una barzelletta e nemmeno divertente. Non entro nei particolari per non incazzarmi ulteriormente. Questo spettacolo è però il sintomo dell'impasse in cui si trovano alla Scala. Terrorizzati come sono dagli eventuali buuu! di qualche Melomane Medio, nel repertorio italiano, cioè l'unico che il MM conosca, non si attentano a chiamare dei registi veri e ripiegano su questi fossili. E ce n'est qu'un début, pare. Che imbarazzo

    alberto mattioli alberto mattioli marco arturo marelli marco arturo marelli

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