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    SERVE LA CASA DI UN BOSS PER LA MINISERIE “GOMORRA”? CI PENSA CATTLEYA A TROVARE L’ABITAZIONE DI UN VERO BOSS: GLI PAGA L’AFFITTO E GLIELA RISTRUTTURANO (NESSUNO SAPEVA?)


     
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    Antonio Massari per "Il Fatto Quotidiano"

    Il set di Gomorra chiude la mattina del 16 settembre. Il giorno dopo, davanti al suo ingresso, c'è un ragazzo intento a raccattare scatoloni. Il viavai di attori e attrici, cameraman e fotografi, è già un ricordo. Addio al circo delle produzioni tv: sparite le "stelle" resta la polvere, quella di tutti i giorni, il viavai è quello dei motorini, delle vedette di camorra che ti squadrano dalla testa ai piedi. Parco Penniniello è una piazza di spaccio.

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    Ed è in mano al clan dei "pisielli", gli alleati dei "Gallo - Cavaliere", i nemici dei Gionta. Parliamo degli eredi di Valentino Gionta: il clan che ammazzò Giancarlo Siani, cronista de Il Mattino, il 23 settembre 1985. Ventotto anni dopo, in questo "parco", i Gionta non possono metterci piede: è il regno dei "Pisielli".

    RICCARDO TOZZIRICCARDO TOZZI

    Intanto gli operai vanno e vengono dall'ingresso della villa, dominata da un leone scolpito nel gesso, e dall'esterno s'intravede l'atrio, con gli archi, le colonne, il cancello automatico. Oltre il cancello, un giardino . Nel giardino, un piccolo pozzo. Poi un paio di palme nane. E le mura rosa di una grande casa a due piani. Chi l'ha frequentata, racconta che al piano terra c'è una stanza, rosa anch'essa, adibita a piscina.

    Finzione e realtà
    Sul set, nella finzione televisiva, questa è la casa del boss Pietro Savastano, protagonista di "Gomorra", 12 puntate da 50 minuti che, nel 2014, andranno in onda su Sky e sono già state vendute all'estero. Roberto Saviano ha collaborato alla stesura dei soggetti. Registi: Stefano Sollima - autore di Romanzo Criminale - con Francesca Comencini e Claudio Cupellini.

    LA MORTE DI GIANCARLO SIANILA MORTE DI GIANCARLO SIANI

    È una coproduzione firmata Cattleya, Fandango, Sky in collaborazione con La7 e la distribuzione internazionale di Beta. La finzione è per i telespettatori: da Bolzano a Lampedusa potranno pure convincersi che sia così, che si tratti della casa di un boss inesistente, frutto di fantasia, ma a Torre Annunziata e dintorni no.

    Perché la gente di Torre Annunziata lo sa, che nella realtà, questa è la casa di un vero boss di camorra: Francesco Gallo, classe 1976, arrestato dai carabinieri pochi mesi fa per associazione mafiosa. Arrestato proprio nei giorni in cui la troupe registrava le scene. La piscina - bisogna ammetterlo - c'era già prima. Quel che non c'era, invece, era un contratto finito nelle mani dell'amministrazione giudiziaria: sequestrato, dai carabinieri di Torre Annunziata, insieme con la villa.

    Il grande affare
    Nelle mani dell'amministratore giudiziario c'è un affitto in piena regola: contratto da 30mila euro per sei mesi di riprese, firmato da Cattleya. Soldi destinati al boss, quello vero, con tutto ciò che significa sul piano del-l'immagine, oltre che su quello economico. E non solo. Il piano superiore è stato ristrutturato per filmare gli interni: il contratto prevede che, se il proprietario di casa non chiede di smantellarla, la ristrutturazione resti dov'è.

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    Oltre i 30mila euro, quindi, salvo ripensamenti, il boss intasca pure la ristrutturazione: roba che può valere altri 50mila euro. E poi i pasti, per un cast di circa 50 persone, acquistati per sei mesi dalla sorella del boss. I soldi destinati all'affitto, dopo l'arresto di Gallo e il sequestro giudiziario dell'immobile, ora sono finiti nelle casse dello Stato: la produzione ha versato i 30mila euro all'amministrazione giudiziaria. Ma il vero danno è un altro. Ed è irreparabile.

    Per ogni volta che il boss Pietro Savastano andrà in onda, per ogni ripresa che immortalerà questa casa in tv, il clan dei Pisielli e il suo capo acquisiranno punti importanti, a Torre Annunziata, nel personale share del consenso sociale. Contratto d'affitto, ristrutturazioni, catering: fare il camorrista conviene, questo è il messaggio, e Francesco Gallo non è un camorrista di secondo piano. Anzi.

    Il clan dello spaccio
    Il suo clan - scrive il gip di Napoli Antonella Terzi - esercita il "monopolio dello spaccio nel Parco Penniniello". La gip descrive una "ala militare" dotata "di strumenti micidiali e sofisticatissimi di offesa", "una falange armata, a vocazione stragista, moderna ed efficiente, una macchina di morte perfettamente oliata". Per "ricostruire" la casa di un boss, Cattleya, sceglie Torre Annunziata e l'abitazione di un boss. Proprio qui, dove fu ammazzato Siani, in una terra che dovrebbe essere il simbolo della lotta alla camorra.

    Qui, dove esistono mamme che implorano i boss di assumere i figli come spacciatori, perché la paga di un pusher è 1.500 euro al mese più tredicesima. Qui, dove da anni i giudici scrivono che "l'impresa della droga è una realtà aziendale", che "per molti giovani è l'unica prospettiva di guadagno", che "attorno al gruppo di camorra si crea una maestranza operosa, fedele e grata" ed "è la camorra a riscattare dal bisogno, e a procurarsi, così, impunità e consenso".

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    Il clan dei Pisielli, secondo le accuse, intossica di droga non solo Torre Annunziata, ma anche le regioni vicine: e la casa del boss - con regolare contratto - ha pure ospitato attori e registi di Gomorra.

    Le repliche
    Il regista, Stefano Sollima replica: "Prima che iniziassero le riprese, quindi al momento del contratto, del quale non mi sono mai occupato personalmente, non sapevo che si trattasse di un boss. Dopo sì: la casa è stata sequestrata e abbiamo dovuto chiedere l'autorizzazione alla magistratura.

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    Ma se anche l'avessi saputo, non è un problema che mi riguarda, perchè il mio lavoro è raccontare una realtà, non ne faccio una questione moralistica. Mi interessa soltanto rappresentare nel modo più realistico quello che racconto. E infatti siamo andati a cercare una casa in linea con i gusti di un boss. Ed è inutile illudersi: una realtà come gomorra si presta a equivoci continui".

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    "Non immaginavamo che fosse un boss", dice una fonte interna al cast di produzione, che preferisce mantenere l'anonimato, "so che è stato firmato un contratto con la famiglia Gallo, ricordo che in quel momento Francesco Gallo era un uomo libero, che gli è stata anche versata una prima rata. Poi sono arrivati gli arresti, quando la scenografia era stata già allestita, abbiamo chiesto l'autorizzazione ai magistrati per continuare a girare e abbiamo avuto l'assenso. Prima di allora, però, mi creda, non potevamo immaginare che quella fosse la casa di un boss". Quindi, almeno da quattro mesi, tutti sapevano ma nessuno ha fiatato.

    scena del film scena del film "Gomorra"

     

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