Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
MPS
Lo fanno i governi ed è una pratica diffusa fra le autorità di vigilanza: intestare la responsabilità di scelte e misure impopolari all’Unione europea. Al punto che il refrain «ce lo chiede l’Europa» è ormai stancante. Lo abbiamo ascoltato spesso dagli inquilini di palazzo Chigi. Più di recente è stata la Banca d’Italia a puntare il dito contro le istituzioni del Vecchio continente: vuoi per le regole, vuoi per i diktat operativi, tra Commissione Ue e Bce è facilissimo individuare il «colpevole di turno».
BCE FRANCOFORTE
È probabile che pure a Siena stiano pensando di incolpare l’Europa. Col Tesoro che sta impiegando più tempo del solito prima di nazionalizzare Mps salendo al 70% del capitale, diventa urgente tenere i conti in equilibrio. In assenza di grandi strategie, la strada è sempre quella dei tagli al personale.
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Si parla, da ieri, di 5mila esuberi rispetto ai 2.600 indicati finora. Ipotesi che sarebbe il frutto di una mediazione proprio con le autorità europee, disposte ad accettare una riduzione dell’aumento di capitale in cambio di una sforbiciata agli stipendi dei dipendenti. Secondo indiscrezioni, l’importo degli aiuti di Stato per la banca potrebbe ridursi fra i 5 e i 6 miliardi , meno - dunque - dei 6,6 iniziali poi saliti a oltre 8).
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Indicazioni che preoccupano, ovviamente, i dipendenti che da ieri stanno cercando di capire in quali settori potrebbero essere richiesti i sacrifici maggiori. Qualcuno pensa si tratti di una ipotesi non veritiera, fatta emergere strumentalmente per tenere lontano dai riflettori proprio il ritardo dell’intervento statale.
Frattanto, circola una indiscrezione, a Siena: tra le varie richieste sul piano di salvataggio, la Bce avrebbe messo sul piatto il dimezzamento della direzione generale (dove lavorano circa 5mila addetti) e dei dirigenti. Più difficile attaccare la rete perché il rapporto tra filiali e numero dei dipendenti è inferiore alla media del settore.
Quella dei conti, tuttavia, è solo una delle emergenze. Rocca Salimbeni l’anno scorso ha subito una emorragia di liquidità: oltre 20 miliardi di euro sono stati portati via dai clienti. A gennaio la fuga sarebbe stata contenuta - come hanno più volte assicurato gli attuali vertici - ma per aumentare la provvista, la banca sta ricorrendo a speciali emissioni obbligazionarie coperte da garanzia pubblica. Ai primi due bond di gennaio da 7 miliardi, ieri sul mercato ne è arrivato un altro da 4 miliardi.
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Si mette fieno in cascina - totale 11 miliardi - ma resta un problema. Il deflusso dei depositi va analizzato dal punto di vista della qualità: a portare via liquidità da Mps sarebbero stati soprattutto i clienti migliori (private o affluent), quelli con patrimoni superiori a 100mila euro e più preoccupati per gli effetti delle regole Ue sui salvataggi, coi quali i margini di guadagno sono più consistenti. Tuttavia, è difficile sperare nel percorso inverso.
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Frattanto, la Procura di Milano insiste per archiviare l’inchiesta a carico dell’ex vertice (Alessandro Profumo e Fabrizio Viola), per falso in bilancio e manipolazione del mercato (2011-2014). Quanto alle ragioni della crisi, dopo che il Parlamento ha affossato la lista dei bidonisti (ovvero delle grandi aziende che non hanno rimborsato i prestiti, contribuenti a portare i bilanci Mps in rosso) ieri il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha tirato fuori del cilindro un’altra scusa, parlando di «sequenza perversa» per giustificare il botto. Come dire: che sfortuna.