Niccolò Zancan per “la Stampa”
frecciarossa napoli
Torino-Napoli Quando stanno per misurarti la febbre ti viene sempre paura. Ecco perché sono tutti alla stazione di Porta Nuova con un' ora di anticipo. Non è solo prudenza. Ma rispetto per questa nuova frontiera. Silvia C., ex agente immobiliare, che torna a Cagliari dai genitori. Monica R., studentessa senza più lezioni, con una stanza da 380 euro d' affitto. I fidanzati Montano Galietta e Andrea Aldea, circondati da 4 trolley: «Torniamo indietro. Qui è tutto fermo, anche il mio corso da ferroviere».
Sono arrivati con un' ora di anticipo per mettersi in coda e sottoporsi al termoscanner. Ma non c' è la coda, e nemmeno il termometro. Si va verso il binario in ordine sparso. Chi da destra, chi da sinistra, chi dal centro. «A noi hanno controllato solo l' autocertificazione», dicono i due fidanzati. A qualcuno neppure il biglietto. È il Frecciarossa 9311 da Torino a Napoli, il primo dei due treni al giorno che collegano l' Italia. «A seguito dell' emergenza coronavirus, si informano i passeggeri che questo treno fermerà nelle stazioni di».
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Una ragazza schiaccia i tasti delle porte con pezzetti di carta tagliata a casa, un uomo lo fa con i gomiti della giacca grigia. Qualcuno usa guanti da supermercato: un paio per ogni contatto. Il rumore è questo sciacquettio continuo di disinfettate fra le dita. «A seguito delle manutenzioni sulla linea, si informano i passeggeri che il treno non percorre l' alta velocità». «Andiamo sulla storica!», dice il controllore per ribadire il concetto. La storica? «Seguiremo i vecchi binari».
A prima vista, è sempre il solito Frecciarossa con i sedili marroncini punteggiati di giallo.
Ma le carrozze sono state sanificate. C' è un distributore di gel igienizzante in ogni bagno. Il condizionatore d' aria gira al minimo e il bar è chiuso, niente caffè. Si possono comprare solo lattine d' acqua. È il grande ritorno dei panini nella stagnola, preparati a casa: adesso c' è un ragazzo che mangia in piedi, girato di schiena, fra un vagone e l' altro, perché masticare con la mascherina è complicato.
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Alla Stazione Centrale viene misurata la febbre a tutti i passeggeri in partenza e il treno si riempie, anche se relativamente: 300 posti occupati su 600 disponibili. Sono le regole del distanziamento. Nessuno di fronte. Si viaggia a scacchiera.
La cosa più bella sarebbe riuscire a guardare fuori. La linea storica attraversa l' Appennino.
Non è mai stato così rigoglioso come dopo il lockdown. La primavera sta giganteggiando.
Vecchie case coloniche su bordi di paesi che si chiamano Terrigoli e Carmignanello, panni stasi sui balconi a Vaiano. Ma la verità è che durante il viaggio tutti gli occhi stanno dentro al vagone. Nessuno riesce a guardare altro che il proprio vicino, e chi passa, se passa con le dovute cautele. Ecco la novità: il silenzio. Pochissime parole per paura di ricevere in faccia altre parole. L' eccezione è il telefono. Nella carrozza 7 una signora sta dichiarando: «Finalmente ci vediamo! Non so fra quanto, ma ci vediamo. Dipenderà dai controlli a Napoli. A Torino ne abbiamo fatti pochissimi».
Nella carrozza 6 un ragazzo con i capelli ricci legge «Il Vizio assurdo», storia di Cesare Pavese. Computer accesi, una schermata con il titolo: «Ricerche di mercato». Di molti viaggiatori spuntano solo gli occhi. Ragazze e ragazzi bardati da capo a piedi, mascherine approntate con doppia stoffa ed elastici rinforzati, come se proprio quella fosse stata la condizione per avere il permesso di partire.
È il Nord che scende a Sud in un viaggio al contrario, dove adesso la speranza è raggiungere almeno un po' di pace, una casa calda di affetti e forse d' amore. Firenze, Santa Maria Novella: 16 pensiline deserte. «Attenzione! Rispettiamo il distanziamento sociale», dice una voce al megafono.
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Una lei e un lui in tuta da ginnastica non hanno la mascherina: sono gli unici del treno. Scendono e risalgono a ogni fermata. «Speriamo questa di fumarcela in pace», dice lui. La vegetazione è cresciuta alta fra i binari. Si torna a viaggiare lentamente. Con questa attenzione maniacale ai respiri degli altri, ai colpi di tosse.
Ma era un colpo di tosse oppure solo un grattino in gola?
A Roma sale un lavoratore dell' Atac, fa il pendolare da 11 anni. Ha preparato una pozione domestica con 2% di candeggina, e adesso armato con un vaporizzatore potentissimo la diffonde per 5 minuti buoni sul suo sedile. «Fra poco sono a casa», dice sedendosi soddisfatto. Fra poco...
Il Frecciarossa 9311 va fra papaveri, ulivi, pini marittimi, costeggia strade deserte.
Sbuca al mare, davanti al golfo di Gaeta. Torna a tagliare per l' interno. A Frattamaggiore passa l' addetto di bordo, «pulizia e decoro» c' è scritto sulla manica della sua tuta grigia. Ma il vagone è pulito.
Montano Galietta e Andrea Aldea si sono addormentati nei loro posti a scacchiera.
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«Era bella Torino, vivevamo accanto alla stadio della Juve. In questi mesi di lockdown down siamo andati al Carrefour in tutto sei volte». Scendono a Napoli Centrale, con tutti quei trolley, dopo otto ore di viaggio. Un uomo con la tuta anti contagio urla al megafono: «Rispettate la distanza minima! Signori, almeno un metro». Ci sono donne e uomini della protezione civile, polizia e Regione Campania. La coda dura un' ora. Ecco il termometro digitale. Montano Galietta e Andrea Aldea non hanno la febbre: faranno la quarantena a casa delle rispettive famiglie. Adesso stanno per salutarsi. Tutta la vita di prima è dietro alle spalle.