Guido De Carolis per corriere.it
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«Non sono un codardo». In tempo di guerra non è banale. Aleksander Ceferin è diretto nel linguaggio e nei modi, tratto comune a molti cresciuti nella ex Jugoslavia. Il presidente sloveno della Uefa gestisce la più potente istituzione calcistica europea, con un peso politico spesso superiore a certi capi di Stato.
Viene dalla ex Jugoslavia, la guerra l’ha vissuta: la ricorda?
«Tante similitudini con oggi: era una guerra tra fratelli. A soffrire sono gli svantaggiati, non i politici. In Jugoslavia nessuno fece nulla, fu terribile. Per noi sloveni durò, per fortuna, solo 10 giorni».
Ha combattuto?
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«Non ho dovuto sparare. Avevo 23 anni. Ero in giardino con la famiglia. Arrivò un uomo. “È iniziata la guerra, tu Aleksander vieni con me”, mi disse così e mi arruolò».
La Uefa ha tolto la finale di Champions a San Pietroburgo. Come aiutate l’Ucraina?
«Abbiamo imposto sanzioni sportive e dedicato più di un milione per i bambini e rifugiati ucraini».
Nei colloqui politici fa pesare lo status della Uefa?
«Non siamo influenzati dai politici, ma la politica è parte della vita e noi possiamo influenzarla, perché abbiamo il sostegno di tanti. Convinco i governi a investire in infrastrutture. Alcuni capi di stato sono interessati al calcio, altri meno. Macron e Erdogan sono tifosi, Merkel pure».
I rapporti Uefa-Putin?
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«In passato corretti, era ben preparato per un meeting. Non credo sia tifoso di calcio, gli piacciono più altri sport».
Escludere gli atleti e i club russi lo ritiene giusto?
«Le sanzioni sono necessarie: non è politica, ma una crisi umanitaria. Mi piange il cuore a punire gli atleti: non è la loro guerra, non l’hanno decisa né voluta. Ma dobbiamo mostrare unità per la pace».
La Uefa ha chiuso il contratto con Gazprom. Quanto le è costato in termini politici e economici?
«È stato giusto. Finanziariamente è costato molto (150 milioni fino al 2024, ndr). Per noi è un colpo al portafoglio, ma alla gente viene tolta la vita. Parlo tutti i giorni con Pavelko, presidente della federazione ucraina. Ho avvisato quello della federcalcio russa prima di decidere: non sono un codardo, non faccio le cose di nascosto».
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Quando si fa un contratto, non crede sia corretto guardare da dove arrivano i soldi?
«Posto così è un tema populista: è facile strillare per i politici. Chi è la Uefa per giudicare i sistemi di governo dei Paesi? Tutte le grandi aziende occidentali rispettano i diritti umani? I politici ci hanno chiesto di chiudere con Gazprom prima ancora di decidere sanzioni per la Russia. E l’Europa compra ancora gas».
Capitolo Superlega. Teme la sentenza della corte di giustizia europea che deve decidere se la Uefa ha una posizione dominante nel calcio?
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«No per niente, sarà una decisione simbolica. Se stabiliscono che la Uefa è un monopolio, i tre club si facciano pure la loro Uefa, giochino le loro competizioni. Perché vogliono stare nelle nostre? Vogliono stare qui e là, ma là non esiste, è un luogo metafisico. Penso credano che il mondo sia piatto. E poi finiamola di chiamarla Superlega, chiamiamola per quel che è: la Terrible League».
Il Real di Florentino Perez, tra i fondatori della Superlega, ha eliminato il Psg. Come l’ha presa la Uefa?
«Senza fare commenti diretti sulla gara, vi dico che anche se con quelle tre abbiamo problemi fuori, in campo tutti sempre avranno sempre gli stessi diritti. Le nostre competizioni sono sane, senza preferenze per nessuno».
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Una precisazione.
«Quelle tre» sono Real, Barcellona e Juve, mai citate da Ceferin. Così come non viene mai pronunciato il nome Andrea Agnelli. Una sorta di Lord Voldemort, il nemico di Harry Potter. I personaggi nei libri lo chiamano Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Quali sono i rapporti tra Uefa e Juve, tra lei e Agnelli?
«Uefa e Juve sono due istituzioni: avranno sempre rapporti corretti. Sulla persona che lei ha nominato non voglio più dire una parola: è il passato».
La pandemia ha messo in ginocchio i conti. Come sarà il nuovo Financial Fair Play?
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«La pandemia ha creato problemi a tutti, ma per alcuni è stata una buona scusa per la loro cattiva gestione. Il Financial Fair Play era nato per eliminare le perdite nel calcio, ora bisogna concentrarci di più sull’equilibrio competitivo».
Il mercato così aperto e lungo va ridimensionato?
«Di togliere la finestra di gennaio ne parlavamo, poi la pandemia ha bloccato tutto. Ora c’è la guerra. Riprenderemo il discorso più avanti».
La Uefa non può imporre un salary cap, cosa studia?
«Va contro le regole europee del lavoro, ma si può pensare a un tetto alle spese. Facile dire fate come la Nba, ma non si può. Siete sicuri di volere quel modello? Il biglietto più costoso per la finale di Champions si paga 500 euro, al Superbowl il più economico costa mille dollari».
Il Mondiale biennale si farà? E il Mondiale per Club?
«Per quanto ne so il progetto non è più sul tavolo: erano tutti contrari. La Coppa del Mondo per club ogni 4 anni va benissimo».
L’Italia ha possibilità di ospitare Euro 2028 o 2032?
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«Le chance le ha, ma deve investire: da tanti anni non rifate gli stadi. Non avete impianti nuovi e quei pochi rifatti sono piccoli. Mi dicono che pure San Siro sarà rimpicciolito. Va coinvolto il governo, è un’operazione che fa bene al Paese. Ho grandi rapporti con le istituzioni italiane, con il presidente della Figc Gabriele Gravina e con Evelina Christillin, sempre pronti a sostenerci. Amo l’Italia. Il problema da voi è la burocrazia».
In Italia e in generale nel Sud Europa non esiste cultura del calcio femminile. Come interviene la Uefa?
«I Paesi scandinavi, la Germania, l’Inghilterra, hanno questa cultura da anni. Est e Sud d’Europa si stanno svegliando e noi investiamo tanto. In estate in Inghilterra ci sono gli Europei: abbiamo venduto mezzo milione di biglietti e le ultime finali di Champions sono state tutte sold-out».
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A Euro 2020 la Uefa non ha voluto colorare l’Allianz Arena di arcobaleno. Cosa fate per la comunità Lgbtq+?
«Siamo contro tutte le discriminazioni, incluse quelle sessuali. Facciamo tante campagne, aiutiamo diverse associazioni. Non colorare l’Allianz fu un’altra questione. Il sindaco di Monaco disse che la Uefa doveva protestare contro il primo ministro ungherese: una mossa populista e basta. La Uefa non protesterà mai contro Orban, Draghi, Macron o Johnson: diventerebbe un’organizzazione politica».
Cosa si aspetta dal futuro? Si ricandiderà alla Uefa?
«Sono ottimista e abbastanza sicuro che la guerra finirà presto. Penso mi ricandiderò per un altro mandato, sperando di non vivere sempre in una crisi continua». Non è l’unico ad avere una speranza così.
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