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    SPENDING REVIEW DA SOTHEBY’S - DOPO UNA CENA DA MILIONARI, IL MAGGIOR AZIONISTA DELLA CASA D’ASTE CHIEDE LA TESTA DELL’AD: “SPESE MIGLIAIA DI EURO A PERSONA”


     
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    Danilo Taino per corriere.it

    Henry Wyndham chairman at Sothebys and renowned photographer Mario TestinoHenry Wyndham chairman at Sothebys and renowned photographer Mario Testino

    Sotheby's: i pannelli di legno alle pareti degli uffici; le sale d'asta con le sculture e i quadri milionari; gli esperti che valutano capolavori con toni soffusi. Arte e lusso: matrimonio molto newyorkese. Bene, dimenticatelo per un giorno. Oggi il listino prezzi della casa d'aste con sede a New York è quello del Blue Hill, un ristorante con fattoria a Stone Barnes, Pocantico Hills, contea di Westchester: cucina americana a una cinquantina di chilometri da Manhattan, tra vacche pezzate che pascolano nei prati, verdura organica, formaggi. È lì che è scoppiato lo scandalo che sta agitando - non poco - Sotheby's e facendo vacillare il suo top management.

    Pare che venerdì scorso, a Blue Hill abbiano cenato con un certo agio più o meno cinquanta dei migliori esperti della casa d'aste, coloro che girano il mondo, visitano collezionisti, cercano pezzi da mettere in vendita. Non si conosce il menù ma si sa che al Blue Hill ti portano quello che vogliono ma è garantito che sia organico, prodotto della fattoria e di alta qualità. Soprattutto si sa il modo in cui la festa è stata descritta dal maggiore azionista di Sotheby's, Dan Loeb: hanno «banchettato con delicatezze organiche e scolato vini d'annata a un costo per gli azionisti che sta in un multiplo delle centinaia di migliaia di dollari». Già, dall'alto del suo 9,3 per cento di azioni di Sotheby's, Mr. Loeb, capo dell'aggressivo hedge fund Third Point, si è arrabbiato.

    LASTA DA SOTHEBYS PER LA VENDITA DELLURLO DI MUNCH jpegLASTA DA SOTHEBYS PER LA VENDITA DELLURLO DI MUNCH jpeg

    Lo era già da un po', per ragioni più sostanziali, di gestione della società. Ma il banchetto organico l'ha portato all'esasperazione. «Mi rendo conto che Sotheby's è un marchio del lusso - ha scritto in una lettera velenosa al vertice aziendale - ma sembra esserci qualche confusione, ciò non autorizza il senior management a vivere una vita di lussi». Ora, vuole che quella al Blue Hill sia l'ultima cena del presidente e amministratore delegato della venerabile casa d'aste, William Ruprecht: ne ha chiesto le dimissioni. Sotheby's ha reagito con stile, cambiando discorso. «Piuttosto che discutere commenti incendiari e senza fondamento, siamo focalizzati a servire le esigenze dei nostri clienti durante questa critica stagione autunnale di vendite».

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    Il vertice del gruppo ha di che essere nervoso. La lettera di Loeb non parla solo del Blue Hill. Dice soprattutto che «Sotheby's è come un dipinto dei maestri antichi che ha disperatamente bisogno di restauro». Sostiene che Ruprecht ha gestito bene nei tempi di crisi ma ora non funziona più. I margini di profitto sono calati - scrive - «e si è deteriorata la posizione competitiva rispetto a Christie's» (la maggiore rivale). Inoltre, il finanziere accusa il capo della casa d'aste di non avere saputo sviluppare un business delle aste online all'altezza e di non avere colto l'importanza che hanno assunto nel mondo l'arte moderna e contemporanea.

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    A dire il vero, mentre la lettera di Loeb diventava pubblica, Sotheby's faceva sapere di essersi procurata due pezzi non da poco che metterà in asta il mese prossimo a New York: un busto di Giacometti valutato tra i 35 e i 50 milioni di dollari e un Picasso che potrebbe essere battuto per una trentina di milioni. Ciò nonostante, il capo del fondo Third Point vuole che Ruprecht se ne vada. Ha anche fatto notare che guadagna troppo - 6,3 milioni di dollari l'anno scorso di salario - e ha poche azioni della società, ragione per cui non è abbastanza interessato alla crescita del valore del titolo.

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    Ha anche fatto sapere di avere già iniziato a cercare un nuovo amministratore delegato. Il 9,3 per cento delle azioni potrebbe non bastargli per fare saltare il vertice: probabilmente però, potrà contare su altri due azionisti di rilievo che hanno modi di fare simili ai suoi, Nelson Peltz con il tre per cento della società e Mick McGuire con il 6,6 per cento.

    Nei mesi scorsi, Ruprecht, già sotto pressione, aveva fatto sapere che la società sta rivedendo le sue politiche finanziarie e il mese scorso ha messo sul mercato il quartier generale di Manhattan. Si era però dimenticato di prenotare un ristorante con gli hamburger a buon mercato.

     

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