Nicola Grolla www.italiaatavola.net
annuncio della chiusura
Superati lockdown e limitazioni del servizio, tocca di nuovo chiudere... per gli odori della pila di rifiuti accatastati di fronte al locale che, in alcuni casi, superano in altezza i cassonetti.
Succede a Roma, quartiere Torre Maura. Qui, Barbara Grandi, titolare della trattoria La Vignarola non se l’è più sentita, con il caldo che avanza, di continuare a servire i propri clienti. Sia all’interno che all’esterno.
i rifiuti
«Ho deciso di sospendere l’attività perché non faccio mangiare i miei clienti di fronte a una vista del genere. Da cliente è una cosa che non tollererei. Figuriamoci se capitasse a uno dei miei ospiti», commenta Grandi raggiunta al telefono.
Fuori dal locale ora campeggia la scritta “La Vignarola chiude a causa dei rifiuti”. Tanto eloquente quanto disarmante. Il ritorno alla (quasi) normalità ha, infatti, riportato a galla tutti i problemi di prima.
i rifiuti davanti al ristorante la vignarola
«Ho aperto tre anni fa l’attività. Si tratta di un piccolo locale di 20-25 posti in cui volevamo coccolare e prenderci cura dei clienti. Ma così non posso rispettare le loro attese. E mi piange il cuore sapendo che in tanti mi chiedono, dopo mesi e mesi di chiusura e delivery, di tornare a pranzare e cenare qui da me, in presenza. Ma non è possibile, non è dignitoso dover subire tutto ciò», racconta Grandi.
Dopo anni di esposti, la protesta e la decisione di chiudere il servizio al tavolo
Sebbene il problema dei rifiuti attanagli la Capitale da tempo immemore e che, ciclicamente, esploda in estate quando oltre alla vista è “offeso” anche l’olfatto, la titolare della Vignarola non ce l’ha più fatta e lo scorso weekend ha preso la drastica decisione.
la vignarola
«Mi sono infilata i guanti, sono uscita ed esasperata dalla situazione ho cominciato a gettare sacchi e scatoloni in mezzo alla strada per protesta. Alcuni passanti mi hanno aggredita verbalmente, ma sono andata avanti finché mio figlio, vedendo la scena, non ha deciso di chiamare per l’ennesima volta le forze dell’ordine affinché si rendessero conto della situazione. Quando sono arrivati i Carabinieri mi hanno consigliato di fare l’ennesimo esposto. Ho risposto che, piuttosto, mi mandino un camion per raccogliere l’immondizia», racconta Grandi.
D’altronde, a poco sono servite le continue segnalazioni ad Ama (la società che si occupa della raccolta dei rifiuti a Roma), ai pompieri e ai vigili urbani. La situazione non è mai cambiata, «al massimo si attenua da ottobre in poi quando il caldo ci dà un po’ di tregua», spiega Grandi.
la proprietaria barbara grandi
Il rimpallo di responsabilità fra Comune e Regione rischia di innescare una «crisi igienica»
Il motivo di tutto questo va ricercato a monte, in una gestione della nettezza urbana che da tempo è diventata questione (di decoro) nazionale. Tanto che, in questi giorni, è andato in scena l’ultimo capitolo di un rimpallo di responsabilità fra Comune e Regione che si accusano vicendevolmente di non trovare la soluzione per lo stoccaggio dei rifiuti.
Che finiscono per rimanere a terra, sulle strade. E rischiano, come affermato dal presidente dell'Ordine dei Medici della capitale Antonio Magi, di innescare «una crisi igienica». Oltre che macchiare il biglietto da visita di una delle mete più desiderate dai turisti di tutto il mondo che ritornano a popolare la Capitale. E che rischiano pure di non trovare un tavolino all'aperto dove sedersi.
lo chef del ristorante
La beffa della Tari
Un danno a cui si aggiunge una doppia beffa. La prima è lo sciopero nazionale dei lavoratori dei servizi ambientali proclamato per il 30 giugno da Fp Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti.
La seconda è che proprio a Roma si registra la tassa dei rifiuti (Tari) più alta d’Italia per bar e ristoranti: circa 3.300 euro per un bar di 100 mq contro i 1.700 euro di uno stesso locale a Milano e i 2.000 euro a Firenze. E senza alcuna parte variabile, ossia legata al numero effettivo di svuotamenti e/o conferimenti effettuati. Costi a cui si aggiungono poi le tasse extra che i cittadini della Capitale devono pagare per lo smaltimento dei rifiuti fuori comune.
RIFIUTI DAVANTI AL RISTORANTE
Ritorno all'asporto, «ma per fortuna sono ripartiti gli eventi»
Situazioni che impattano poi sulla vita, personale e professionale di chi come Grandi ha un’attività da riavviare dopo l’esperienza del Covid: «Ho pure speso 600 euro fra progetto e marche da bollo per presentare la richiesta di concessione del suolo pubblico. Spazio che di fatto non posso utilizzare vista la situazione. Per non parlare dell’idea di installare una pedana antistante il locale. Nemmeno quello si può fare visto che lo spazio risulterebbe bloccato dai cumuli di rifiuti non raccolti. Al momento, sono tornata a fare quello che facevo durante il lockdown: asporto. Fortunatamente, però, sono ripresi gli eventi e quindi la mia attività di catering in collaborazione con un collega che ha la disponibilità di sedie, ombrelloni e tavolini vari. Mi permette di rimanere a galla, non di più».
i rifiuti a terra la situazione dei rifiuti
Il futuro? «Ho richiamato mia figlia dall'Inghilterra per portare avanti l'attività, ma non in queste condizioni»
E per il futuro? «Bella domanda. Ho fatto rientrare dall’Inghilterra mia figlia e mio genero affinché potessero portare avanti loro l’attività. Ma come si fa in queste condizioni?», risponde Grandi.
La titolare esclude anche la possibilità di cambiare location «prima di tutto perché vorrebbe dire, come minimo, investire altri 50mila euro che non ho. Sto ancora aspettando i ristori di febbraio. E in secondo luogo significherebbe una sconfitta per me e per il quartiere stesso di cui mi sento di far parte, anche a livello economico dal momento che mi rifornisco sempre al mercato e nei negozi della zona attivando un circolo virtuoso che fa bene a tutti».
raccolta dei rifiuti rifiuti monnezza fuori dal cassonetto