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    CENTRODESTRA-TITANIC: DRITTO VERSO L’ICEBERG - AI GAZEBO LEGHISTI VINCE MARCHINI, BERTOLESSO ULTIMO - BERLUSCONI SI IMPUNTA CON SALVINI: “SU BERTOLASO NON MI MUOVO”, IL LEADER LEGHISTA: “NON VOGLIO FAR SALTARE TUTTO, AGGIUSTEREMO QUESTA SITUAZIONE” - LA MELONI: “ABBIAMO PERSO TEMPO” - ALTRO CHE CAMPIDOGLIO, NON ARRIVERANNO NEANCHE AL BALLOTTAGGIO (MAGARI E' QUELLO CHE VUOLE IL BANANA: IL NAZARENO-TV E' SEMPRE IN PIEDI)


     
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    1 - CAOS CENTRODESTRA SPUNTA MARCHINI AI GAZEBO LEGHISTI

    MA BERLUSCONI: “RESTA BERTOLASO”. INCONTRO AD ARCORE CON SALVINI, CHE AVVERTE: ORA PRIMARIE

    Carmelo Lopapa Per “la Repubblica”

     

    SALVINI PRIMARIE ROMA SALVINI PRIMARIE ROMA

    A colazione insieme di buon mattino, uno di fronte all’altro nel salone di Arcore, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini falliscono l’ennesimo tentativo di siglare subito una pace. Riescono però ad evitare che tutto salti per aria da lì a qualche ora con lo spoglio delle primarie da 15 mila schede che la Lega si è intestardita a organizzare comunque, in quel buco nero che per il centrodestra è diventata Roma. Bertolaso non viene spazzato via del tutto dal Carroccio, che prende ancora del tempo. Scatta la tregua, insomma.

     

    MARCHINI MARCHINI

    La consultazione finisce un po’ come tanti a destra prevedevano, con Alfio Marchini (già caro a Salvini) che trionfa con 4.534 preferenze, seguito dalla “revenant” Irene Pivetti con 3.495, Francesco Storace con 3.069 voti e infine solo quarto Guido Bertolaso, il candidato ufficiale di Fi e Fratelli d’Italia, che si ferma a 2.203. Poco meno di mille (955) per Giorgia Meloni (in gravidanza avanzata e non più in corsa).

     

    Molto di quel che succede nell’ennesima giornata tribolata a destra deriva da quanto accade nel breve ma intenso faccia a faccia tra i due leader, che in gran segreto si vedono prima che Salvini raggiunga Roma per la conferenza stampa sulle primarie a Montecitorio. «Su Bertolaso sappi che non mi muovo, non faccio un passo indietro», mette le mani avanti Berlusconi al cospetto dell’ospite che gli racconta della «grande partecipazione » e di come il candidato ufficiale non stia proprio trionfando.

     

    BERLUSCONI E SALVINI BERLUSCONI E SALVINI

    Salvini minimizza: «Guarda che non voglio far saltare tutto, credo solo sia giusto sentire i cittadini, e vedrai che tutto questo movimento di popolo gioverà alla nostra campagna elettorale». Il padrone di casa appare per nulla convinto e gli ripete, sembra a muso duro, che lui di primarie non vuole sentire parlare. Discorso chiuso. «Abbiamo già i candidati a Roma e nelle altre città e non intendo mettere tutto in discussione ». Il leader della Lega capisce che non c’è via d’uscita, l’aereo lo attende, conclude con un rassicurante «vedrai che alla fine aggiusteremo questa situazione».

     

    BERLUSCONI SALVINI BERLUSCONI SALVINI

    Arrivato a Roma a metà giornata, con lo spoglio ancora in corso, nella lettura ai giornalisti dei dati pur provvisori Salvini mantiene la promessa fatta a Berlusconi. Non manda tutto per aria, i toni sono sfumati: «Nessuno ha stravinto o straperso. Il quadro dice che la gente ci chiede di andare uniti, insieme, quindi chiedo a tutti uno sforzo, perché con 4-5 candidati non si va da nessuna parte».

     

    Prende tempo «fino a Pasqua», e fa un’apertura, non a caso, su Bertolaso: «Mi aspettavo meno voti per lui, anche questa candidatura ha una sua dignità» (sebbene i dati definitivi poi saranno più pesanti). Quindi, prova a rilanciare, pur senza grande convinzione, le primarie. Che succede dunque? Bertolaso torna a chiamare Berlusconi per chiedere se lui è ancora il candidato del centrodestra o meno, dato che venerdì alla kermesse di Tajani dovrebbe essere presentato ufficialmente.

    SILVIO BERLUSCONI E GUIDO BERTOLASO FOTO LAPRESSE SILVIO BERLUSCONI E GUIDO BERTOLASO FOTO LAPRESSE

     

    Il Cavaliere è categorico: «Tu resti dove sei». Segue nota dell’ex sottosegretario altrettanto soft: «Accolgo con piacere le parole di Salvini, ribadisco il mio impegno per Roma». Chi resta sulle barricate è Giorgia Meloni: «Abbiamo già perso tempo. Vogliamo sapere cosa intenda fare la Lega e se Bertolaso è il candidato unitario. Basta un sì o un no. Fdi si regolerà di conseguenza. Bene le primarie, ma vanno fatte ovunque». C’è la tregua, ma la pace a Roma è ancora lontana.

     

    Il leader di Fi e la Meloni insistono sul loro candidato per il Campidoglio. Il segretario dei Lumbard smorza i toni, ma la pace è lontana

     

    2 - LE SABBIE MOBILI DEL VOTO DI ROMA E L’ULTIMA TRINCEA DI FORZA ITALIA

    Stefano Folli per “la Repubblica”

     

    BERLUSCONI SALVINI MELONI BY BENNY BERLUSCONI SALVINI MELONI BY BENNY

    Le sabbie mobili nelle quali sembra affondare il centrodestra a Roma rischiano di inghiottire anche le sue prospettive su scala nazionale. E si capisce perché. La confusione sotto il Campidoglio riflette il frantumarsi dell’alleanza che non è mai stata veramente tale fra Berlusconi, Salvini e Giorgia Meloni, più qualche frangia minore.

     

    Vero è che a Milano si è individuato un candidato unitario per Palazzo Marino nella persona di Stefano Parisi, un manager stimato ed estraneo ai partiti come pure agli ultimi vent’anni di storia della destra. Ma è un’eccezione.

     

    SALVINI MELONI BERLUSCONI SALVINI MELONI BERLUSCONI

    In quasi tutte le altre grandi città in cui ci si andrà al voto, l’intesa Forza Italia-Lega resta ancora un mistero. O mancano le personalità o sono carenti le idee: sta di fatto che il centrodestra non incide e certo non dà l’impressione di prepararsi a un ruolo di protagonista nelle prossime amministrative. A Roma, poi, sembra che le contraddizioni siano esplose tutte insieme.

     

    MARCHINI MARCHINI

    Le mini-primarie consultive organizzate da Salvini nei gazebo della Lega hanno finito per accrescere il senso d’incertezza, inevitabile quando non si capisce nemmeno se il candidato in campo (Bertolaso) sia davvero accettato. Il sondaggio leghista, peraltro aperto a tutti in una città dove i numeri del Carroccio sono esigui, ha coinvolto qualche migliaio di romani e ha prodotto un’equa divisione delle preferenze fra i nomi in lizza: Marchini, Irene Pivetti, Storace, lo stesso Bertolaso.

     

    Sono cifre modeste, anche volendo considerarle veritiere. Ma è interessante notare come Marchini, il più centrista del lotto, sia in definitiva il più votato. In altre parole, il personaggio più lontano dalla Lega è anche quello che una certa base popolare considera in via tendenziale il più credibile. Ossia il più eleggibile.

     

    bertolaso meloni bertolaso meloni

    Per il resto, l’iniziativa di Salvini non ha avvicinato di un passo la soluzione del rebus romano. Non c’è da stupirsi. Lo sbocco più logico dovrebbe essere ora l’organizzazione di vere primarie per la scelta di un candidato comune. Ma è proprio quello che Berlusconi non ha alcuna intenzione di concedere.

     

    Il suo uomo l’anziano leader lo ha già scelto ed è l’ex capo della Protezione Civile. Con il pieno accordo della Meloni che a Roma dispone di un certo patrimonio di consensi. Il resto gli sembra - e forse è - una perdita di tempo. Quanto alla “pagliacciata” (sono sue parole) messa in piedi da Salvini, la vede solo come un tentativo di forzargli la mano delegittimando Bertolaso.

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    Qualcosa di inaccettabile. Ne deriva che il centrodestra al momento ha numerosi candidati ma nessuna possibilità di conquistare il Comune. E forse nemmeno di accedere al ballottaggio. Diventa palese che Berlusconi preferisce perdere con Bertolaso che vincere con Marchini.

     

    L’autonomia rivendicata da quest’ultimo lo ha spaventato e infastidito. Se nonostante tutto l’imprenditore dovesse diventare sindaco raccogliendo via via i voti di un centrodestra scompaginato - secondo un’ipotesi ancora plausibile -, la sconfitta di Berlusconi sarebbe conclamata. Anzi, in quel caso si potrebbe dire che il centrodestra comincia a ricostruirsi intorno a un altro volto e a una diversa identità.

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    Forse non accadrà, ma la semplice possibilità ha creato lo scompiglio di cui vediamo le conseguenze. Giorgia Meloni contro Salvini, il capo leghista che va per conto suo, Storace sul punto di annunciare la sua candidatura. E, in primo luogo, quel che resta di Forza Italia perplessa o francamente ostile sul nome di Bertolaso.

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    Eppure Berlusconi tiene duro perché teme più di ogni altra cosa di perdere il controllo sugli altri segmenti della destra. L’obiettivo è arrivare alle elezioni politiche del 2017 o 2018 avendo ancora la capacità di distribuire le carte e di porsi come interlocutore-competitore di Renzi. Il quale, al momento, può solo ringraziare per il caos di Roma, visto che il Pd e Giachetti possono usufruirne come di un ricostituente insperato.

     

     

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