RENZI CONTE
1 - CON AUTOSTRADE BENETTON GUADAGNA 9,3 MILIARDI
Attilio Barbieri per “Libero quotidiano”
L'investimento nelle autostrade si sta rivelando un affare per i Benetton. Come ha spiegato ieri l'ex premier Matteo Renzi, «Cassa Depositi e Prestiti acquista Autostrade per l'Italia: i privati dunque non vengono cacciati, ma vengono pagati». Il piano B - niente revoca della concessione ma acquisizione della quota di controllo della società da parte di soggetti pubblici - comporta una plusvalenza interessante per il gruppo di Ponzano Veneto. Per ora circolano delle ipotesi di valorizzazione tutte da verificare, ma più che plausibili.
luciano benetton toscani
Intanto entrerebbe Cassa Depositi con un 33% del capitale di Autostrade per l'Italia (Aspi in sigla) mettendo sul piatto circa 3 miliardi di euro. Un ulteriore 22% del capitale sarebbe collocato presso investitori istituzionali per circa 2,5 miliardi. Dunque Atlantia, la holding dei Benetton, per scendere dall'attuale 88 al 33% in Aspi incasserebbe 5,5 miliardi. Puliti. Sgravandosi per di più di ulteriori 5 miliardi di garanzie prestate alla controllata. Ma la partita finanziaria, quasi sicuramente, non finirebbe qui.
Da ambienti vicini alle trattative fra gli imprenditori veneti e Palazzo Chigi, sfociate nell'accordo raggiunto nella notte fra martedì e mercoledì, Atlantia dovrebbe cedere un ulteriore 13%, per scendere al 10. In questa seconda fase alla holding andrebbe un altro miliardo e mezzo scarso. La plusvalenza complessiva realizzata nella fase di disimpegno ammonterebbe per la holding a quasi 7 miliardi. Un bel gruzzolo che tuttavia non finirebbe comunque tutto nelle tasche dei Benetton ai quali fa capo il 30,25 di Atlantia.
luciano benetton
PLUSVALENZA
Dunque, supponendo che la plusvalenza realizzata con la cessione di Autostrade per l'Italia sia destinata interamente a dividendo, agli industriali di Ponzano Veneto andrebbero circa 2 miliardi. Per verificarlo toccherà aspettare il bilancio dell'esercizio 2020. Dunque il prossimo anno. Ma il tesoretto finito a casa Benetton da quando la famiglia ha messo le mani su Autostrade è ben più consistente. Secondo uno studio di Mediobanca, solo dal 2009 al 2018 la famiglia ha incassato qualcosa come 6 miliardi di dividendi. Dai 485 milioni di cedole nel 2009 ai 740 del 2017.
Nel 2018, anno in cui crollò il ponte Morandi, è stato staccato un assegno di 518 milioni, mentre l'utile dell'esercizio 2019, pari a 136 milioni, è andato tutto a riserva, per coprire parzialmente le azioni risarcitorie intentate dai parenti delle vittime. Ai 6 miliardi di cedole conteggiate dalla banca d'affari milanese bisogna aggiungere la partita contabile realizzata nei primi anni del controllo Benetton su Autostrade.
ATLANTIA INVESTITORI
L'acquisizione dall'Iri avvenne nel 1999, quando Schemaventotto, una società veicolo appositamente costituita dal gruppo di Ponzano per condurre l'operazione, acquisì inizialmente il 30% dell'allora Gruppo Autostrade, sborsando 2,5 miliardi di euro, dei quali 1,3 miliardi di mezzi propri e 1,2 miliardi presi a prestito. Il secondo tempo dell'acquisizione data 2003, quando una ulteriore scatola finanziaria creata da Schemaventotto, la NewCo28, rilevò con un'offerta pubblica d'acquisto, il 54% di Autostrade pagandolo 6,5 miliardi. Ma questa seconda acquisizione venne fatta tutta a leva: NewCo28 incorporò Autostrade scaricandole per intero il debito che aveva acceso proprio per sostenere l'Opa.
RICOSTRUZIONE
Secondo la minuziosa ricostruzione dell'operazione fatta da Giuseppe Oddo sul proprio blog, l'operazione si concluse praticamente a costo zero per i Benetton, anzi con una ricca plusvalenza. Schemaventotto tra il 2000 e il 2009 incassò infatti da Autostrade 1,4 miliardi di dividendi, tutti generati da utili, e ne collocò in Borsa il 12% con un incasso di altri 1,2 miliardi. Ripagandosi abbondantemente l'investimento iniziale effettuato con mezzi proprio pari a 1,3 miliardi, a fronte di un introito pulito di 2,6 miliardi di euro.
AUTOSTRADE PER L ITALIA
Dunque ai 6 miliardi di dividendi Aspi stimati da Mediobanca andrebbero aggiunti 1,3 miliardi di plusvalenza realizzata nel periodo antecedente il 2009. Cui su potrebbero sommare i 2 miliardi di dividendi pro quota rivenienti dalla cessione parziale della partecipazione di Atlantia in Autostrade per l'Italia. Una cifra che si aggira attorno ai 9 miliardi di euro, sostanzialmente realistica anche considerando che l'ultima tranche da 2 miliardi attiene all'ipotetico dividendo che la famiglia percepirà sull'esercizio 2020 e legato alla discesa della partecipazione Atlantia in Autostrade dall'88 al 10%.
2 - ASPI, IL PREZZO DELLE AZIONI UN'INCOGNITA SULL'ACCORDO
Eugenio Fatigante per www.avvenire.it
ATLANTIA
Gli entusiasmi dei 5 stelle per questa soluzione della vicenda Autostrade? «Ricordano molto quelli per l'abolizione della povertà», era una delle battute preferite ieri a Montecitorio. Assieme ai tempi, c'è in effetti un enorme punto oscuro che grava sul 'compromesso dell'alba' (com' è stato definito): ma la famiglia Benetton, che ha evitato la revoca della concessione, incasserà soldi - e quanti - con questo accordo?
Luigi Di Maio e Stefano Buffagni, esponenti di punta di M5s, ieri hanno voluto ribadirlo in modo secco: «Atlantia non prenderà un soldo pubblico, non è vero che è un grande affare per i Benetton». In realtà, può esser vero il primo punto, ma sul secondo ci sono dubbi. Nel patto manca d'altronde un elemento-chiave per dare un giudizio pieno: a che prezzo avverrà l'entrata di Cdp, con i soldi del risparmio postale degli italiani, nel capitale di Aspi? Per ora si è parlato di almeno 3 miliardi di fondi impiegati, ma potrebbero essere di più, anche per valorizzare la società e i nuovi investimenti che dovrà fare.
E, ancora: a che prezzo avverrà la vendita di azioni Aspi ora in mano ad Atlantia (controllata al 30% dai Benetton) ai nuovi investitori graditi a Cdp? Da queste due variabili dipende molto dell'effettiva 'qualità' dell'intesa sancita nel tribolato Cdm di martedì notte. Nell'immediatezza, la famiglia veneta ha manifestato «rammarico» per questo esito della vicenda, entrata in una fase critica dopo il crollo del ponte Morandi a Genova e il suo terribile corollario di 43 vittime.
AUTOSTRADE
È innegabile che per loro ci sarà un'uscita da un business su cui hanno puntato negli ultimi 20 anni. Eppure malgrado gli entusiasmi grillini - per la famiglia l'uscita da Autostrade/Aspi non sarà una disfatta. Anche senza arrivare all'estremo opposto dei leghisti che, con Massimiliano Fedriga, commentano: «Mi pare una grande vittoria dei Benetton: vendono le azioni, ci guadagnano soldi, penso che abbiano accettato un'operazione per loro assolutamente vantaggiosa. E pagano sempre i cittadini».
La verità, come spesso capita, probabilmente sta nel mezzo. Il valore di una futura azione Aspi ora non si può definire. Prima di tutto bisogna attendere la revisione formale della concessione e delle nuove tariffe, elementi in base ai quali si potrà capire il possibile rendimento degli investimenti. Comunque, da azionisti di Atlantia, i Benetton si troveranno in possesso di titoli di una società che, dopo l'innesto di capitali freschi da parte di Cassa depositi e prestiti, sarà più solida e 'appetibile' sui mercati.
autostrade
Quando decideranno di cederli, potrebbero ricavarne un incasso discreto: secondo primissime stime, potrebbe oscillare fra i 3 e i 6 miliardi di euro. Forse anche di più. Somme che, all'interno di Atlantia (oggi la società che controlla Aspi), potranno destinare ad altri investimenti. Giova ricordare che, per rilevare nel 1999 da Iri il 30% delle Autostrade privatizzate, i Benetton tramite la società 'Schema28' versarono allo Stato 2,5 miliardi di euro all'epoca (5mila miliardi di lire).
Poi, nel 2003 lanciarono l'Opa totalitaria per 6,4 miliardi, per un esborso totale di quasi 9 miliardi. Certo, per loro rimane il rimpianto per un settore che è stato una gallina dalle uova d'oro: dall'ultima relazione della Corte dei conti emerge che, nel 2017, le gestioni autostradali in genere videro schizzare di un altro 3,3% i ricavi da pedaggi, a 5,9 miliardi, mentre gli investimenti (tutti, non solo Aspi) crollarono del 10%, ad appena 959 milioni.