Filippo Ceccarelli per “la Repubblica – D- Maxi”
SAVONAROLA E BEPPE GRILLO - REPUBBLICA D
La predicazione della virtù è cosa molto antica e come tale probabilmente insita nell'animo umano - il che consiglia senz'altro di accoglierla con il più sano e giustificato scetticismo, ieri come oggi.
L'età d'oro può collocarsi alla fine del Medioevo, quando l'Italia era instancabilmente percorsa da vere e proprie star dell'ammaestramento morale capaci di mobilitare vastissime platee che correvano nelle piazze ad ascoltare Bernardino da Siena, Bernardino da Feltre, Giovanni da Capestrano, Roberto Caracciolo da Lecce, Girolamo Savonarola, che per breve tempo giunse al potere a Firenze, anche se poi, come accade a parecchi moralizzatori, fece una brutta fine.
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Quindi niente storia o morale, ma pura attualità, o per meglio dire utile analogia. Per cui se con i sermoni quattrocenteschi nasce, come autorevolmente acclarato, l'idea moderna di pubblico, ecco che al giorno d'oggi gli antichi pulpiti sono diventati elettronici e in buona sostanza, secondo il perenne viavai delle umane vicende, i predicatori delle pubbliche virtù sono tornati fra noi, in tv e sui social, a riprova che nulla mai sparisce per sempre.
ADRIANO CELENTANO E BERNARDINO DA FELTRE - REPUBBLICA D
Il tutto espresso in modo consono alla fascia oraria, quindi con parole infuocate o ridanciane, e in tal modo passa o meglio ripassa l'insegnamento e l'intrattenimento morale del XXI secolo, amen. Veniamo rapidamente alle ragioni di questo ritorno predicatorio che ha a che fare con la fine delle utopie, il tramonto degli ideali, l'esaurirsi delle culture politiche e lo svuotamento delle istituzioni che si combinano con l'evoluzione tecnologica al grado zero delle idee e dei progetti.
Per quanto riguarda l'Italia grosso modo la riattivazione, o risveglio che sia, può farsi risalire alla stagione di Mani Pulite, là dove fin dal nome sembrava di cogliere un'ansia di purezza.
BERNARDINO DA SIENA MARIO GIORDANO - REPUBBLICA D
Quanto all'identificazione dei ruggibondi quaresimalisti, così come dei giocosi giullari dell'assoluto, si buttano lì alla rinfusa i nomi di Celentano e Beppe Grillo, Saviano e Mario Giordano, il fronte no-vax e gli apocalittici di Last generation, fino ad arrivare al mondo alla rovescia del generale Vannacci; anche se poi l'elenco, a partire dall'urlo di guerra "onestà! onestà!" dei cinque stelle tende a ingrossarsi fino a comprendere gli infiniti video nei quali in pratica tutti gli esponenti dell'attuale classe politica accarezzano bambini, abbracciano vecchiette, donano il sangue, consolano i sofferenti, coccolano cuccioletti, baciano rosari e crocifissi, ostentano i frutti del lavoro e della terra e mangiandoseli - àmmete! - fanno il bene della nazione ed esercitano la loro conclamata bontà, fede, generosità e amore per il prossimo.
Elementare, generica e soprattutto senza passato e senza spigoli, la pubblica virtù diventa così comodo patrimonio di ciascuno e di tutti purché compresi nel novero degli educatori e moralizzatori. Mos italicus era detto lo stile italiano, appunto, attraverso cui in modo più che espressivo gli antichi omelisti si aiutavano con le mani, le smorfie, le imitazioni, pure ballando e cantando.
roberto vannacci nel 2018
Così, al pensiero dei "vaffa-day" è irresistibile evocare Bernardino da Siena che diversi secoli prima aveva sollecitato la platea a uno sputo di massa per spegnere il fuoco del peccato, "e parve che tuonasse" "Ad predicationem!" era il segnale. Ma già allora Dante, Boccaccio e poi gli umanisti diffidavano. Per forza di cose anche il sospetto che i predicatori fossero vanitosi e imbroglioni faceva riferimento alla virtù, ma che ci si può fare? Dopo tutto la storia insegna che tutto passa e basta solo prendere la vita un po' meno sul serio e aspettare.
roberto vannacci foto di Massimo Sestini PER CHI roberto saviano foto di bacco (2)