Renato Benedetto per il “Corriere della Sera”
ROSATELLUM RIPARTIZIONE SEGGI
Tutto è meno che un gioco, anzi, il «flipper» è l'incubo dei candidati. Un effetto nascosto tra le pieghe del Rosatellum, che può scatenare reazioni a catena: un minimo scarto in Piemonte può far saltare un candidato in Calabria o premiarne uno nel Lazio. Come, appunto, una pallina imprevedibile che corre tra i collegi del Paese e sbatte sui listini: tu dentro, tu fuori. Rendendo incerta la sorte dei candidati. Come è possibile?
rosatellum proteste
Per capirlo bisogna soffermarsi sulla legge elettorale. Il Rosatellum prevede che un terzo degli eletti sia scelto in collegi uninominali: qui è facile, chi prende più voti è eletto. Il resto su base proporzionale: alla Camera 252 deputati su 400 sono scelti con questo metodo. Concentriamoci qui: è solo nella parte proporzionale e soprattutto alla Camera che agisce il flipper.
SCHEDA ROSATELLUM
Il Paese è diviso in circoscrizioni (28, estero escluso) a loro volta suddivise in collegi plurinominali (49) che eleggono da uno a otto deputati: è qui che ciascun partito presenta i candidati, in listini bloccati. La ripartizione dei seggi - per chi supera il 3% - avviene su base nazionale.
Qui è semplice: alla lista che ottiene il 20% dei voti va circa il 20% dei seggi (circa, perché il meccanismo, con quozienti e resti, è più complesso). Il difficile arriva quando a questi seggi, conquistati dalle liste a livello nazionale, bisogna assegnare un nome. Perché le liste dei candidati sono a livello locale, nei collegi plurinominali. E quindi i voti nazionali sono «proiettati» a livello di circoscrizione e, poi, di collegio, dove si vede chi ce l'ha fatta e chi no nelle liste.
ETTORE ROSATO
Il problema è che dal dato nazionale a quelli locali le cose possono non coincidere. E cosa succede se a livello di circoscrizione (locale) il risultato non coincide con il numero di seggi che spetterebbero a quel partito su base nazionale? Si toglie un seggio a quel partito che ne ha uno di troppo e si dà a quello che ne ha uno di meno rispetto al dato nazionale.
Dove? Nella circoscrizione dove quel partito lo ha «pagato» di meno, conquistando il seggio con il numero minore dei voti (con la frazione di quoziente piu piccola), e dove l'altro partito ci è «andato più vicino» e non ha spuntato un posto col numero più alto di voti (il «resto» maggiore).
ettore rosato foto di bacco (2)
Se lo scambio non è possibile nella stessa circoscrizione, si va a cercare fuori regione: il risultato locale sarà per forza alterato. Di questi aggiustamenti possono essercene diversi, in diversi posti, così inizia il balletto: difficile per chi corre fare previsioni.
Effetto rimbalzo
Spiega Emanuele Bracco, professore di Economia politica: «Guardiamo alle elezioni del 2018 utilizzando i nuovi collegi e proviamo a capire cosa succederebbe se gli elettori milanesi della Lega iniziassero a virare verso FdI - è la sua analisi su Lavoce.info -. Sarebbe ragionevole aspettarsi che FdI veda aumentare i propri eletti a Milano a discapito della Lega». E invece flipper! «Se 15.000 leghisti milanesi cambiassero idea e votassero Fratelli d'Italia, FdI otterrebbe un seggio in più a Cagliari togliendolo a FI (i cui voti sono rimasti invariati). FI guadagnerebbe però un seggio in Basilicata, togliendolo alla Lega».
seggio elettorale 1
Insomma, un flusso tutto lombardo strariperebbe colpendo «un povero forzista sardo, che ha dovuto lasciare il posto a un collega lucano senza che i voti del suo partito siano cambiati né in Sardegna, né in Basilicata».
seggio elettorale 1
Per Salvatore Vassallo, direttore del Cattaneo «è un tentativo arzigogolato di combinare due esigenze: un proporzionale su base nazionale; e il numero di seggi spettanti a ciascun territorio in rapporto alla popolazione». Due principi che «prima o poi entrano in collisione». Ma per Vassallo non è sempre colpa dei sistemi elettorali, «sui quali i politici tendono spesso a scaricare aspettative non soddisfatte».
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